Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34314 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34314 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 2569/2025
NOME COGNOME ZONCU
CC – 19/09/2025
NOME COGNOME
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
NOME COGNOME
Relatore –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 25/02/2025 della Corte d’appello di Bari udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Foggia che lo ha condannato alla pena pari a 200 euro di ammenda, in relazione al reato di cui all’art. 679 cod. pen., per avere omesso di denunciare all’Autorità competente la detenzione di materie infiammabili (carburanti liquidi e gassosi) per la loro quantità e qualità.
1.1. Con sentenza del 6 giugno 2025, la Corte di cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha qualificato l’atto di appello come ricorso per cassazione.
Ciò precisato, NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, ha dedotto la mancanza, la contraddittorietà e la
manifesta illogicità della motivazione nonché l’omessa valutazione di una prova fondamentale, eccependo l’erronea attribuzione al della qualifica di gestore dell’impianto di distributore stradale di carburanti oggetto di verifica da parte dei militari della Guardia di Finanza, diversamente da quanto risulta dal contratto di appalto stipulato dal ricorrente con la RAGIONE_SOCIALE, società locatrice dell’impianto.
Con requisitoria scritta, il AVV_NOTAIO Procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, per le ragioni di seguito indicate.
Giova, in via preliminare, ricordare che in tema di ricorso per cassazione sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Sez. 4, n. 3937 del 12/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 280384 – 01 (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071-01).
È ben vero che la condizione prevista dall’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. della specifica indicazione degli “altri atti del processo”, rispetto ai quali viene prospettato il vizio di motivazione, può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), tuttavia deve trattarsi di modi che siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma primo, lett. c), e 591 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994 – 01).
Di conseguenza non è ammissibile il motivo di ricorso che, pur indicando specificamente l’atto, ne riporti solo parzialmente il contenuto non consentendo di valutare il motivo di doglianza rispetto alla sentenza impugnata, se non attraverso una inconcepibile opera di integrazione della deduzione difensiva derivante dalla lettura dell’atto indicato.
Tanto premesso, nella fattispecie, il ricorrente, nel dedurre che il giudice di primo grado ha omesso di valutare correttamente il contratto stipulato con la RAGIONE_SOCIALE – alla luce del quale avrebbe dovuto escludere il ruolo gestorio del COGNOME in ordine all’impianto di distribuzione del carburante -, ha posto a disposizione del Collegio il contenuto dell’atto negoziale richiamato, in modo frammentario e incompleto.
Il ricorso si è limitato a riportare solo parzialmente le condizioni contrattuali, indicando i relativi passaggi in modo avulso dal complessivo contesto e interpolando le frasi attraverso puntini sospensivi, così da non consentire al Collegio di valutare la doglianza rispetto alla sentenza oggetto di ricorso.
Il ricorrente è, dunque, venuto meno all’onere di precisione, completezza e specificità, in cui si sostanzia il principio della cd. “autosufficienza” del ricorso per cassazione, non potendo sopperire a tale inadempimento la astratta possibilità per il Collegio di leggere il contratto (non essendo consentito al giudice di legittimità, in linea generale e salvo il caso di vizi processuali, l’accesso agli atti del fascicolo: v., ex multis , Sez. 2, n. 37383 del 21/06/2016, Federici, Rv. 267948 – 01), a fronte di un motivo che, per le ragioni anzidette, si presenta aspecifico per avere indicato in modo spezzettato le parti del contratto dalle quali ha inteso desumere i poteri del gestore e della società locatrice dell’impianto di distribuzione del carburante.
Ad ogni modo, va rilevato che la sentenza impugnata con motivazione sintetica, ma adeguata ha dato conto delle ragioni della sussistenza del ruolo del ricorrente quale gestore dell’impianto come risultante dal documento contrattuale ed ha correttamente applicato i principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione alla fattispecie di cui all’art. 679 cod. pen. Si è, infatti, affermato che il reato di omessa denuncia di materie esplodenti è posto a tutela diretta dell’interesse dell’autorità di pubblica sicurezza ad essere informata della detenzione di sostanze che, in quanto esplosive o infiammabili, potrebbero essere pericolose per la vita o l’integrità fisica di una cerchia indeterminata di persone.
È stata anche rimarcata la differenza rispetto alla fattispecie di cui all’art. 678 cod. pen., stabilendo che la contravvenzione prevista dall’art. 679 cod. pen. si distingue da quella di cui all’art. 678 cod. pen., perché, mentre quest’ultima è diretta a salvaguardare la pubblica incolumità in relazione ai pericoli che possono derivare dalla fabbricazione, importazione, trasporto o
mera detenzione di materiale esplodente, senza licenza o senza rispettarne le condizioni, la prima, invece, è diretta a rendere edotta l’autorità di pubblica sicurezza dell’esistenza di materiali esplodenti o infiammabili, pericolosi per la loro quantità e qualità, così da metterla in condizioni di intervenire, indipendentemente dal possesso o meno della licenza in capo al detentore. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la sentenza impugnata nella parte in cui aveva affermato la sussistenza del reato di cui all’art. 679 cod. pen., con riferimento alla condotta di detenzione per il commercio di materie esplodenti per un quantitativo di peso inferiore a quello necessario per la configurabilità del reato di cui all’art. 678 cod. pen. (Sez. 1, n. 11176 del 13/02/2015, Cavallaro, Rv. 262829 – 01).
Alla luce delle argomentazioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile. Alla pronuncia di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 settembre 2025. Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME