Ricorso per Cassazione Dopo Concordato: I Limiti Imposti dalla Suprema Corte
L’istituto del concordato in appello, previsto dall’art. 599 bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento deflattivo del contenzioso, ma quali sono i confini per impugnarne l’esito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso per cassazione avverso una sentenza che ratifica un accordo sulla pena, soprattutto in presenza di aggravanti di rilievo come quella del metodo mafioso.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una sentenza della Corte d’Appello che, in accoglimento della richiesta concorde delle parti, aveva rideterminato la pena per un soggetto imputato di plurimi reati di estorsione. Tutte le condotte erano aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dall’aver agevolato un noto clan criminale. Nonostante l’accordo raggiunto in appello, la difesa proponeva ricorso per cassazione, lamentando la mancata declaratoria di prescrizione dei reati.
La Decisione e i limiti del ricorso per cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa dei presupposti per impugnare una sentenza emessa a seguito di concordato. I giudici hanno ribadito che, in questi casi, il ricorso per cassazione è consentito solo per motivi molto specifici: vizi nella formazione della volontà delle parti, dissenso del pubblico ministero, o una decisione del giudice difforme da quanto pattuito.
Sono invece inammissibili le doglianze relative ai motivi a cui si è rinunciato con l’accordo o a presunti vizi nella determinazione della pena, a meno che questa non sia illegale o al di fuori dei limiti edittali.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha smontato il motivo di ricorso relativo alla prescrizione sotto due profili cruciali. Sebbene in astratto la mancata declaratoria di una causa di estinzione del reato sia un vizio che può essere fatto valere anche in questa sede, nel caso specifico il motivo è stato giudicato infondato per due ragioni concorrenti.
In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto assolutamente generico nella sua formulazione. La difesa non aveva fornito una ricostruzione dettagliata e puntuale del percorso temporale che avrebbe dovuto condurre alla prescrizione, limitandosi a un’affermazione generica.
In secondo luogo, e in modo dirimente, il ricorrente non ha tenuto in alcun conto la presenza della contestata aggravante del metodo mafioso (art. 7 della legge 203/91). Questa specifica aggravante, ai sensi dell’art. 161, comma 2, del codice penale, comporta il raddoppio dei termini di prescrizione del reato. L’omissione di questo calcolo fondamentale ha reso l’intera argomentazione sulla prescrizione palesemente infondata.
Conclusioni
L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica: l’accesso al ricorso per cassazione dopo un concordato in appello è una porta stretta, che non può essere varcata con motivi generici o incompleti. La decisione riafferma che chi sceglie la via dell’accordo sulla pena rinuncia implicitamente a contestare gran parte degli aspetti della condanna. Qualsiasi successiva impugnazione deve essere fondata su vizi specifici e gravi, e deve basarsi su un’analisi giuridica completa che tenga conto di tutti gli elementi del caso, incluse le aggravanti che, come in questa vicenda, possono alterare drasticamente istituti fondamentali come la prescrizione.
È sempre possibile presentare un ricorso per cassazione contro una sentenza emessa a seguito di ‘concordato in appello’?
No. Il ricorso è ammissibile solo per motivi specifici, come vizi nella formazione della volontà delle parti di accedere all’accordo, il dissenso del pubblico ministero o un contenuto della sentenza difforme da quanto concordato. Non è possibile contestare i motivi a cui si è rinunciato con l’accordo.
Perché il motivo di ricorso sulla prescrizione del reato è stato respinto in questo caso?
È stato respinto per due ragioni: primo, perché era formulato in modo generico senza una ricostruzione precisa dei tempi; secondo, e soprattutto, perché non teneva conto della contestata aggravante del metodo mafioso, la quale raddoppia i termini di prescrizione del reato, rendendo infondata la doglianza.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità rende definitiva la sentenza impugnata. Inoltre, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3182 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 3182 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AUGUSTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/05/2023 della Corte d’appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte d’appello di Catania, con la sentenza impugnata in questa sede, in accoglimento della concorde richiesta delle parti ex art. 599 bis cod. proc. pen. rideterminava la pena inflitta nei confronti di COGNOME NOME, in relazione ai reati di estorsione (capi A), B); C), D), E), tutti aggravati dal ricorso al metodo mafioso e dall’agevolazione del RAGIONE_SOCIALE;
considerato che, trattandosi di impugnazione avverso una sentenza pronunciata a norma dell’art. 599 bis cod. proc. pen., il ricorso deve essere trattato con la procedura de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5 bis cod. proc. pen.;
ritenuto che, in tema di concordato in appello, è ammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599 bis cod. pron-pen. che deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice; mentre sono inammissibili le doglianze relative ai motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e, altresì, a vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, COGNOME, Rv. 276102);
rilevato che il motivo di ricorso, con cui si lamenta l’omessa declaratoria di prescrizione dei reati, in astratto proponibile (Sez. Unite, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284481 – 01), è in concreto destituito di qualsivoglia fondatezza sia perché assolutamente generico nella formulazione e nella ricostruzione del percorso temporale che dovrebbe condurre alla declaratoria di prescrizione (Sez. 2, n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277495 – 01), sia perché non tiene in alcun conto della contestata aggravante ex art. 7 I. 203/91, che rileva ai sensi dell’art. 161, comma 2, cod. pen.;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 6/12/2023