Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 31129 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 31129 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
AVV_NOTAIO della Repubblica del tribunale di Foggia nel procedimento a carico di COGNOME NOME NOME il DATA_NASCITA a San
NOME COGNOME; COGNOME
IL l’UNZ’í.C , :
COGNOME
avverso la ordinanza del 28/12/2023 del tribunale di Foggia; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; COGNOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’annullamento con rinvio del ricorso;
udite le conclusioni del difensore dell’indagata, AVV_NOTAIO, che ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 28 dicembre 2024, il tribunale del riesame di Foggia, adito nell’interesse di COGNOME NOME per l’annullamento del decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del tribunale di Foggia in relazione all’art. 1161 cod. nav., per l’occupazione abusiva di suolo demaniale mediante realizzazione senza titolo di un chiosco, servizi igienici e una struttura ombreggiante ed una pavimentazione, e in relazione altresì all’art. 181 del Dlgs. 42/04, accoglieva l’istanza e annullava il provvedimento per la mancanza del periculum ipotizzato dal AVV_NOTAIO.
( 1 ‘ COGNOME 3 LU, 21 1 ;24
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il AVV_NOTAIO della Repubblica del tribunale di Foggia con un unico motivo di impugnazione.
Deduce che i titoli fondamentali di riferimento per la vicenda in questione sarebbero stati costituiti da un permesso a costruire e un nulla osta paesaggistico, relativi ad opere, poi oggetto di rinnovo e ampliamento, del 2018. Cosicchè la previsione contenuta nei primi titoli, di procedere alla rimozione delle opere al termine della stagione balneare, non sarebbe mai stata superata dalle sopraggiunte autorizzazioni del 2019, relative soltanto al rinnovo e ampliamento delle originarie strutture comunque destinate alla rimozione. Aggiunge la non pertinenza e applicabilità, al caso di specie,dell’art. 9 ter comma 5 del DL 28.10.2020 n. 137 e smi.
E’ stata depositata memoria nell’interesse dell’indagata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile. Si premette che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017 Rv. 269656 – 01 Napoli; Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692).
Va anche aggiunto, quanto in particolare ai vizi di motivazione, che l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), stabilisce che i provvedimenti sono ricorribili per «mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame».
La disposizione, letta in combinazione con l’art. 581 c.p.p., per cui è onere del ricorrente enunciare tra l’altro i motivi del ricorso, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, evidenzia che non è ammessa l’enunciazione perplessa ed alternativa dei motivi di ricorso: consegue che il ricorrente deve specificare con precisione se la deduzione di vizio di motivazione sia riferita alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità ovvero a una pluralità di tali vizi
COGNOME
e
che vanno indicati specificamente in relazione alle varie parti della motivazione censurata. (Sez. 2^, sentenza n. 31811 dell’8 maggio 2012, Rv. n. 254329). Più di recente, la giurisprudenza di legittimità ha ulteriormente ribadito tale indirizzo, laddove si è precisato che in tema di ricorso per cassazione, la denunzia cumulativa, promiscua e perplessa della inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché della mancanza, della contraddittorietà e della manifesta illogicità della motivazione rende i motivi aspecifici ed il ricorso inammissibile, ai sensi degli artt. 581, comma primo, lett. c) e 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dai motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio (sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015 Rv. 264535 – 01 Rugiano).
Si tratta di vizi eterogenei non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento a un medesimo segmento del costrutto motivazionale che sorregge il provvedimento impugnato.
I vizi della motivazione si pongono in rapporto di reciproca esclusione, posto che ove la motivazione manchi, essa non può essere, al tempo stesso, né contraddittoria, né manifestamente illogica; di converso, la motivazione viziata non è mancante; infine, il vizio della contraddittorietà della motivazione (introdotto dall’ articolo 8 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, che ha novellato l’articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen.) è nettamente connotato rispetto alla manifesta illogicità (cfr. sez. 1, n. 39122 del 22/09/2015 Rv. 264535 cit.).
Tanto premesso, nel quadro di una generale illustrazione del fatto e delle critiche sollevate, solo a pagina tre del ricorso si accenna alla esistenza di una motivazione del tribunale “apparente”, siccome essa non considererebbe i titoli abilitativi originari, del 2012, riguardanti le opere in questione.
Orbene, emerge la manifesta infondatezza del ricorso, pur a fronte di una rappresentazione in limine del vizio denunziato, perché la prospettiva della denunziata apparenza di motivazione nel ricorso non risulta, nel ricorso, coerentemente proposta e perseguita, emergendo, piuttosto, la doglianza circa una erronea valutazione dei titoli abilitativi succedutisi tra il 2012 e 2019 oltre che della portata di una norma di legge, l’art. 9 ter del DL 137/2020, che si traduce, piuttosto, nella critica ad una motivazione, sussistente, tanto che essa valuta anche i titoli del 2012, seppure in maniera difforme da quella ritenuta corretta dal ricorrente.
Si ricorda, in proposito, che – diversamente dal caso in esame – è apparente la motivazione allorché il provvedimento giurisdizionale manchi del tutto della parte motivata ovvero la medesima, pur esistendo graficamente, è tale da
non evidenziare l'”iter” argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata (cosiddetta motivazione apparente) (cfr. Sez. 1, n. 3262 del 25/05/1995 Rv. 202133 – 01 COGNOME). Circostanza che, per quanto sopra detto, non sussiste.
Quanto alla diversa interpretazione dei titoli abilitativi, che nella prospettiva del ricorrente assumono valore pregnante in ragione della ritenuta irrilevanza, nel caso concreto, dell’art. 9 del D.L. sopra citato, va precisato quanto segue. Ai sensi del DL 137/2020, art. 9-ter comma 5, “ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all’emergenza da COVID-19, a far data dal 10 gennaio 2021 e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, da parte dei soggetti di cui al comma 2, di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, purché funzionali all’attività di cui all’articolo 5 della Legge n. 287 del 1991, non è subordiNOME alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Per la posa in opera delle strutture amovibili di cui al periodo precedente è disapplicato il limite temporale di cui all’articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380″. Inoltre, con DL 144/2022, art. 40 comma 1, si è disposto che “l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 9-ter, comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, è prorogata al 31 dicembre 2023 salva disdetta da parte dell’interessato” E con legge 214 del 2023, art. 11 comma 8, si è stabilito che all’articolo 40, comma 1, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 novembre 2022, n. 175, le parole: «31 dicembre 2023» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2024». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Per quanto di immediato interesse, la predetta normativa fa riferimento a opere quali “strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, purché funzionali all’attività di cui all’articolo 5 della Legge n. 287 del 1991” e tra le attività di cui a tale ultima legge rientrano alla lettera c) art. 5 “esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari”.
Ebbene, al di là della citazione espressa di stabilimenti balneari, cui sembrano ricondursi le strutture in questione, e per vero non tutte ma solo una minima parte, come appresso illustrato, va osservato come la disposizione in parola
faccia COGNOME espresso COGNOME riferimento a COGNOME strutture “intrinsecamente” ovvero strutturalmente amovibili, in cui non paiono riconducibili il chiosco bar – di ben 56,80 mq. – i servizi igienici – in struttura zincata – la strutt ombreggiante addossata al chiosco di 46,07 mq, e tantomeno la pedana, siccome costituita in betonelle autobloccanti in cemento per ben 136 mq. In tal caso, si richiede, in altri termini, un carattere delle opere molto stringent ed essenziale, connesso all’evidenza della facile amovibilità strutturale. Così che i requisiti di operatività della norma in questione si distinguono anche dalla nozione di “precarietà”, elaborata da questa Corte, secondo cui in materia edilizia, la natura precaria di un manufatto non solo non dipende semplicemente dalla mera rimovibilità o dal mancato ancoraggio al suolo dell’opera, ma deve risultare dalla intrinseca destinazione materiale della stessa ad un uso realmente ed obiettivamente precario e temporaneo per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo (Sez. 3, n. 37992 del 03/06/2004 Cc. (dep. 27/09/2004 ) Rv. 229601 – 01; ancora in motivazione, Sez. 3, n. 21988 del 28/04/2016Rv. 267032 – 01).
Tanto precisato, quanto all’unica questione di violazione di legge dedotta – nella sostanza – in ricorso, che effettivamente non appare operante nel caso concreto, deve comunque rilevarsi, più ampiamente, come la prospettiva del ricorrente tenda ad escludere non solo l’applicabilità della norma di legge sopra citata ma rappresenta, ulteriormente, anche la necessaria diversa interpretazione dei titoli abilitativi autorizzatori del 2012 e del 2019, secondo una lettura sistematica oltre che letterale degli stessi. Ebbene, tale ultimo vaglio deve essere escluso in questa sede cautelare, atteso il principio per cui in tema di misure cautelari reali, costituisce violazione di legge deducibile mediante ricorso per cassazione soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della motivazione, ma non anche l’affermata erronea interpretazione di un atto amministrativo, poiché essendo relativa ad atti privi di carattere normativo rientra, ai sensi dell’art. 325, comma primo, cod.proc.pen. nella valutazione del fatto (Sez. 3, n. 37451 del 11/04/2017 Rv. 270543 – 01).
Di conseguenza, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 10/07/2024.