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Ricorso per cassazione: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30822/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto contro un’ordinanza di custodia cautelare per spaccio in carcere. Il caso chiarisce i limiti del ricorso per cassazione, che non può riesaminare i fatti ma solo verificare la legittimità e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: quando non si può chiedere un nuovo esame dei fatti

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 30822 del 2024, torna a definire i confini del ricorso per cassazione in materia di misure cautelari, ribadendo un principio fondamentale: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. Questo significa che non si può chiedere alla Suprema Corte di rivalutare le prove o di fornire una diversa interpretazione dei fatti. Il caso in esame, relativo a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per spaccio di stupefacenti all’interno di un istituto penitenziario, offre un chiaro esempio di quali motivi di ricorso siano destinati all’inammissibilità.

I fatti del caso

Un uomo, già detenuto per altra causa, veniva raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere. L’accusa era di aver concorso nella detenzione e cessione di hashish e marijuana all’interno della stessa casa circondariale. Il Tribunale del riesame di Salerno confermava la misura, rigettando il suo appello.

L’indagato, tramite il suo difensore, proponeva quindi ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: secondo la difesa, le prove a carico si basavano solo su tre conversazioni tra altri detenuti, prive di riscontri e di reale valore indiziario.
2. Errata valutazione delle dichiarazioni: il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che l’indagato si era avvalso della facoltà di non rispondere, mentre in realtà aveva negato ogni addebito, spiegando che le sue mansioni in cucina non gli permettevano di spostarsi tra i reparti.
3. Eccessivo rigore della misura: la difesa lamentava la severità della custodia in carcere, considerata sproporzionata rispetto al presunto ruolo marginale dell’indagato e alla sua condotta precedente nel penitenziario.

I limiti del ricorso per cassazione in materia cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo dettagliato i limiti del proprio sindacato. Il punto centrale è che, quando si impugna un provvedimento relativo a misure cautelari, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia una violazione di specifiche norme di legge o una manifesta illogicità della motivazione.

Non è consentito, invece, proporre censure che mirano a una diversa ricostruzione dei fatti o a una differente valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice di merito. Il compito della Cassazione non è stabilire chi ha ragione sui fatti, ma verificare che il giudice che ha emesso la decisione abbia seguito un percorso logico e giuridico corretto e coerente.

La distinzione tra indizi per la cautela e prove per la condanna

Un altro aspetto cruciale chiarito dalla Corte riguarda la diversa natura degli “indizi”. Il termine “indizi” utilizzato nell’art. 273 del codice di procedura penale (sulla gravità indiziaria per le misure cautelari) ha un significato diverso da quello dell’art. 192, che regola la valutazione della prova nel dibattimento.

Nel contesto cautelare, gli indizi servono a fondare un giudizio di “seria probabilità” di colpevolezza, non di “certezza al di là di ogni ragionevole dubbio”, che è invece richiesta per una sentenza di condanna. Pertanto, il controllo della Cassazione si limita a verificare che gli elementi raccolti siano sufficienti a giustificare la misura applicata, senza entrare nel merito della loro futura trasformazione in prove piene.

L’interpretazione del linguaggio criptico nelle intercettazioni

La Corte ha anche respinto le critiche relative all’interpretazione delle conversazioni intercettate. I giudici di merito avevano decifrato dialoghi apparentemente innocui (con allusioni a “panettoni” o “pensierini”) come riferimenti a cessioni di stupefacenti, basandosi sul contesto e sui sequestri effettuati. La Cassazione ha ribadito il suo orientamento consolidato: l’interpretazione del linguaggio, anche criptico, usato dagli indagati è una questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. Il suo giudizio è insindacabile in sede di legittimità, a condizione che sia logico e basato su massime di esperienza plausibili.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto i motivi del ricorso manifestamente infondati e volti a ottenere una rivalutazione dei fatti, operazione preclusa in sede di legittimità. In primo luogo, la valutazione delle conversazioni e l’identificazione dell’indagato come il “Federico” che lavorava in cucina sono state giudicate dal Tribunale con una motivazione logica e priva di incongruenze, basata sul contesto investigativo complessivo. In secondo luogo, il ricorrente non si è confrontato con l’orientamento giurisprudenziale pacifico secondo cui l’interpretazione del linguaggio criptico spetta al giudice di merito. Infine, anche il motivo sulla sproporzione della misura è stato ritenuto aspecifico, poiché non si confrontava con la motivazione del Tribunale, che aveva giustificato la scelta della custodia in carcere sulla base della gravità del fatto (commesso in un penitenziario da un detenuto) e della biografia penale dell’indagato.

le conclusioni

La sentenza in esame conferma che il ricorso per cassazione non è un’ulteriore opportunità per discutere il merito delle accuse. Il suo ruolo è garantire l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto dei canoni logici nella motivazione dei provvedimenti. Qualsiasi tentativo di utilizzare questo strumento per ottenere una diversa lettura delle prove è destinato all’inammissibilità. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando è inammissibile un ricorso per cassazione contro una misura cautelare?
Il ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare una violazione di legge o una manifesta illogicità della motivazione, propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze già esaminate dal giudice di merito.

Che differenza c’è tra gli ‘indizi’ necessari per una misura cautelare e quelli per una condanna?
Per una misura cautelare (art. 273 c.p.p.) sono sufficienti indizi che rendano la colpevolezza seriamente probabile. Per una condanna (art. 192 c.p.p.), invece, gli indizi devono essere gravi, precisi e concordanti, tali da fondare un giudizio di colpevolezza ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’. Il primo è un giudizio di probabilità, il secondo di certezza processuale.

La Corte di Cassazione può sindacare l’interpretazione del linguaggio criptico nelle intercettazioni?
No, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche se criptico o cifrato, è una questione di fatto rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se tale interpretazione risulta palesemente illogica o irragionevole.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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