Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11812 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11812 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME
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nato a VALDERICE il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 14/11/2023 del TRIBUNALE DI PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 14 novembre 2023 il Tribunale di Palermo confermava l’ordinanza con la quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per il reato, pluriaggravato, di partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso con ruolo direttivo e organizzativo.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, chiedendone l’annullamento in ragione dei seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge (artt. 273 e 192 cod. proc. pen., art. 416-bis cod. pen.) e vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria.
L’indagato, sottoposto a intercettazione per oltre due anni, non è mai stato sorpreso in incontri o conversazioni che possano far sospettare della sua caratura criminale.
Il Tribunale ha valorizzato in senso accusatorio le conversazioni intercettate nelle quali COGNOME, COGNOME e COGNOME parlavano di NOME. Tuttavia, dal contenuto delle stesse emerge che quest’ultimo veniva percepito come un soggetto che non godeva del credito e del rispetto tipico del capofamiglia.
Sono molteplici le intercettazioni nelle quali i tre si esprimono in termini minacciosi e denigratori nei confronti di NOME, vittima di angherie e ritorsioni, facendo capire che il potere mafioso è detenuto da altri soggetti.
Altri fatti dimostrano la totale estraneità del ricorrente agli ambienti criminali: ad esempio, quando subì il furto di una mungitrice, egli si rivolse ad altri soggetti e per questo fu deriso da COGNOME e COGNOME, con il quale COGNOME era in buoni rapporti, diversamente da quanto riferito dallo stesso COGNOME.
L’episodio del taglio degli alberi di noce può essere letto in maniera alternativa e più logica rispetto a quanto fatto nell’ordinanza impugnata e non è comunque indicativo della caratura mafiosa del ricorrente, non deducibile da una discussione avente ad oggetto uno sgarbo tra agricoltori e allevatori.
Quanto alla compravendita del gregge di pecore da parte del pastore NOME COGNOME, lo stesso Tribunale riconosce che non è chiaro il ruolo svolto da NOME; in ogni caso alla mediazione commerciale non può essere attribuita alcuna valenza indiziaria in ordine alla sussistenza del reato contestato.
Il ricorrente, poi, indicato come il capo della famiglia di Valderice, viene in realtà escluso da tutti i rilevanti affari della stessa (gestione delle estorsioni mantenimento della moglie del detenuto NOME COGNOME, vicenda relativa alla RAGIONE_SOCIALE).
Le intercettazioni non sono connotate dai requisiti della gravità, precisione e concordanza e in varie conversazioni fra terzi gli inquirenti hanno ritenuto che altro soggetto evocato fosse il ricorrente, in assenza di elementi certi.
Non vi sono neppure riscontri esterni, necessari nel caso di intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l’indagato.
2.2. Violazione di legge (artt. 274 e 2;75 cod. proc. pen.), in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
L’ordinanza impugnata è priva di motivazione in ordine alla sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio e frettolosamente ha ritenuto sussistente il pericolo concreto e attuale di recidiva, valutando distrattamente le argomentazioni difensive.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 30 dicembre 2023, n. 215, convertito nella legge 23 febbraio 2024, n. 18), in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi non consentiti o manifestamente infondati.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, in tema di misure cautelari personali, avuto particolare riguardo alla gravità indiziaria, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la vio azione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884-01; Sez. 3, n. 20575 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 26693901; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01).
Il controllo di logicità, dunque, «deve rimanere “all’interno” del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate» (Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460-01; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 4, n. 18807 del 23/03/2017, COGNOME, non mass. sul punto, nonché Se2.. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976–01).
Il ricorrente non ha tenuto conto dei limiti del sindacato di legittimità e ha nella sostanza proposto una lettura alternativa del contenuto di varie
conversazioni intercettate, obliterando il principio consolidato secondo il quale l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti che conversano, anchpe quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la qualie, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. In questa sede, dunque, è possibile prospettare una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, r – L 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164), circostanza non ravvisabile nella fattispecie.
È consolidato anche il principio secondo cui gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l’imputato costituiscono fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno’ – diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente – con l’avvertenza che, ove tali elementi abbiano natura indiziaria, essi dovranno essere gravi, precisi e concordanti, come disposto dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278611; Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 278314; Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265747; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260842; da ultimo v. Sez. 2, n. 11985 del 10/01/2023, Patanè, non mass.).
Nel caso di specie il Tribunale, quanto alle captazioni più rilevanti, ha richiamato l’episodio, desumibile da una conversazione tra COGNOME e COGNOME, dell’appropriazione da parte di COGNOME della somma di 50.000 euro, frutto di una estorsione, e del conseguente scontro con COGNOME, confermato da COGNOME (pagg. 6-9).
Pur se verosimilmente risalente nel tempo, il fatto viene collocato certamente in un periodo successivo a quello coperto dal precedente giudicato.
Ha ricordato il Tribunale che, con sentenza della Corte di appello del 4 aprile 2002, divenuta irrevocabile il 15 aprile 2023, NOME era già stato condannato per la sua partecipazione alla famiglia mafiosa di Valderice.
In proposito va ribadito che, in tema di associazione mafiosa, i gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare possono dedursi dalla precedente condanna del soggetto per l’adesione al medesimo sodalizio e dal ruolo assunto all’interno dell’organizzazione, valutati congiuntamente agli ulteriori elementi acquisiti a sostegno’ della perdurante partecipazione relativamente al periodo successivo a quello cui è riferita la condanna (Sez. 6, n. 3508 del 24/10/2019, dep. 2020, Ammendola, Rv. 278221; Sez. 2, n. 43094 del 26/06/2013, COGNOME, Rv. 257427).
L’ordinanza ha indicato plurimi elementi che confermano che nella conversazione fra COGNOME e COGNOME, nella quale si diceva che “lui” doveva “mantenere calmo il territorio”, gli interlocutori facevano riferimento proprio a COGNOME (pagg. 9-12), sospettato di essere l’autore di atti vandalici in danno di COGNOME (“nella zona si dice che lui è il numero uno”).
È vero che COGNOME e COGNOME in altra conversazione insultano NOME, ma nel contempo il primo dice che dovrebbe mettersi da parte e che “la colpa è di chi gli ha dato questa grande importanza” (pagg. 12-13).
Il Tribunale, dunque, non ha operato alcun travisamentc delle conversazioni intercettate, neppure quando considera l’intromissione di NOME in un affare al quale egli era estraneo non come una mediazione commerciale ma come un appoggio agli imprenditori marsalesi contro NOME COGNOME, invitato ad andare a parlare con il “capo” (pagg. 14-16). A prescindere dalla interpretazione del contenuto della conversazione intercettata, il Tribunale ha valorizzato il ruolo di NOME come punto di riferimento cui rivolgersi in occasione della stipula di accordi commerciali: si tratta di “una significativa manifestazione dell’autorità mafiosa dell’indagato”.
4. In ordine alle esigenze cautelari, la presunzione della loro sussistenza e quella di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, del codice di rito, detta presunzione, salvo prova contraria, fa ritenere sussistenti i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004; Sez. 5, n. 4321 del 18/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280452; Sez. 5, n. 33139 del 28/09/2020, COGNOME, Rv. 280450; Sez. 1, n. 24135 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276193; Sez. 1, n. 23113 del 19/10/2018, dep. 2019, Fotia, Rv. 276316).
La difesa non ha allegato fatti idonei a superare detta presunzione; il motivo sul punto delle esigenze cautelari è del tutto generico.
Risulta irrilevante, in presenza del pericolo di recidiva, l’esame relativo a quello di inquinamento delle prove.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi, ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, per provveda a quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.
P.Q..M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempinienti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 06/03/2024.