Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10646 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10646 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la ordinanza in data 09/11/2023 del Tribunale di Catania; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1 -bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5 -duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo di dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza in data 09/11/2023, il Tribunale di Catania rigettava il ricorso ex art. 309 cod. proc. pen. proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catania, in data 18/10/2023, applicava nei confronti del sunnominato la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui agli artt. 81, cpv. 110, 629 in relazione all’art. 628, terzo comma, n. 1 e 3 e 416-bis. 1 cod. pen. (capo 1).
Avverso la predetta ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, il cui unico motivo viene di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.: vizio di motivazione in relazione ai gravi indizi e alla concretezza ed attualità del pericolo di reiterazione del reato.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Come è noto, il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugnato risponda a due requisiti: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine del provvedimento (cfr., Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 1999, Marseglia, Rv. 212565). L’ordinamento, invero, non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame (cfr., Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, Marseglia, Rv. 206104). Ne deriva che il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
Nella fattispecie, il Tribunale ha tratto il giudizio in ordine alla ricorrenz della gravità indiziaria in capo al COGNOME dai contenuta delle immagini tratte dalle
telecamere del sistema di videosorveglianza nonché dalle dichiarazioni e d riconoscimenti fotografici effettuati dalla persona offesa NOME COGNOME alcuni dipendenti dell’RAGIONE_SOCIALE (verbali di sit di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME).
Come rilevato dalla Procura generale, puramente ripetitive appaiono le deduzioni concernenti gli omessi riconoscimenti, che si sostanziano anche in u non consentita parcellizzazione degli indizi; mentre assertive paiono le dogli sulla valenza indiziaria delle immagini. Parimenti, le doglianze sull’apprezzame delle dichiarazioni di COGNOME NOME, oltre a non confrontarsi con quanto rileva Tribunale (p. 4), sembrano in sé generiche, non essendo state allegate al ric in violazione del principio di autosufficienza dello stesso.
Medesime conclusioni di manifesta infondatezza sono le deduzioni in punto di apprezzamento della gravità indiziaria con riguardo alla configurabilità nel in esame dell’aggravante del metodo mafioso (p. 5-7 della decisione impugnata ovelli descrivono le connotazioni delle condotte riferibili anche al COGNOME integ il metodo mafioso secondo giurisprudenza consolidata, quali la particola prepotenza del comportarsi da mafioso, la volontà di affermare il predominio s territorio e l’evocazione del clan malavitoso Nizza, a fonte del precedente associazione mafiosa a carico dello stesso COGNOME).
Infine, del tutto generiche oltre che manifestamente infondate paiono doglianze sulla motivazione del Tribunale (e sul connesso malgoverno dell disciplina di legge) in punto di esigenze cautelari, avendo invece il Tribu illustrato accuratamente la gravità del fatto e la pericolosità del COGNOME, limitarsi ad invocare la presunzione conseguente alla contestazio dell’aggravante mafiosa (p. 7 e 8). Peraltro, doverosamente il Tribun nell’individuare le finalità della cautela, si sofferma non solo sul peri reiterazione ma anche sul pericolo di inquinamento della prova, strettamen connesso alle modalità e ai destinatari dell’intimidazione del gruppo, nel qu inserisce il ricorrente (p. 6-8).
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila, così quantificata in ragione dei profili di colpa emergenti dal r in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma-1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 28/02/2024.