Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1840 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1840 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME LAETITIA FLAVIE nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO, la quale ha richiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro preventivo impeditivo delle quote della RAGIONE_SOCIALE disposto dal G.i.p. dello stesso Tribunale nel procedimento nei confronti d COGNOME NOME per il reato continuato di sostituzione di persona.
Avverso l’ordinanza ricorre quale terza interessata NOME nella sua qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, società di diritto inglese acquirente dei beni assoggettati al vincolo, deducendo violazione di legge. In tal senso la ricorrente lamenta la natura meramente assertiva della motivazione del provvedimento impugnato, che non avrebbe fornito adeguata risposta alle doglianze proposte con il gravame di merito. Anzitutto il Tribunale avrebbe fondato il fumus del reato esclusivamente su quanto sostenuto nella querela della presunta persona offesa, che invece ha trovato smentita nella documentazione acquisita agli atti e nelle dichiarazioni del teste COGNOME. In secondo luogo provvedimento impugnato avrebbe valorizzato circostanze erroneamente ricostruite, posto che la ricorrente, contrariamente a quanto sostenuto, ha assunto la carica di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE non a ridosso della consumazione dei reati per cui si procede, bensì un anno prima, mentre la suddetta società non sarebbe inattiva, come ritenuto, trattandosi per il diritto inglese di una RAGIONE_SOCIALE company solo “commercialmente non attiva”. Infine alcun accertamento sarebbe stato compiuto dal Tribunale in merito alla strumentalità dei beni sequestrati alla consumazione dei predetti reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va innanzi tutto ricordato che in materia di misure cautelari reali il ricorso p cassazione è ammesso solo per violazione di legge e che pertanto è consentito dedurre censure attinenti la motivazione del provvedimento impugnato solo nei limiti in cui oggetto di doglianza sia l’assoluta mancanza di un apparato giustificativo della decisione o, quanto meno il difetto dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza del medesimo, tanto da evidenziarne l’inidoneità a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Né è consentito aggirare i limi posti dall’art. 325 c.p.p. alla ricorribilità delle ordinanze in materia cautelare r qualificando come violazione di legge qualsivoglia vizio motivazionale del provvedimento impugnato. Perché effettivamente ricorra l’ipotesi di cui all’art. 606
lett. c) c.p.p. è invece necessario che l’apparato giustificativo di quest’ultimo risult del tutto mancante o, quanto meno, privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. U, n. 5876 del 28/1/2004, p.c. COGNOME in proc. Bevilacqua, Rv. 226710).
3. Nel caso di specie quelli denunciati dalla ricorrente sotto il titolo della violazi degli artt. 324 e 325 c.p.p. sono invero meri vizi di motivazione del provvedimento impugnato, il cui apparato giustificativo risulta tutt’altro che apparente in relazione all sussistenza del fumus dei reati in relazione ai quali il vincolo cautelare è stato adottato. Non di meno le censure della ricorrente risultano altresì generiche nella misura in cui non si confrontano compiutamente con lo sviluppo argomentativo dell’ordinanza, che ha ben chiarito come la cautela reale sia stata imposta al fine di prevenire la protrazione delle conseguenze dei suddetti reati, la cui realizzazione è stata ritenuta strumentale all’illecita acquisizione dei beni assoggettati al vincolo nell more del completamento delle indagini volte al loro accertamento. Quanto ai presunti errori commessi dai giudici del riesame nella ricostruzione della vicenda, la ricorrente si limita ad enunciarli, senza precisarne la decisività e dunque l’idoneità a minare in maniera esiziale la tenuta del discorso giustificativo, tanto da renderlo sostanzialmente inesistente. Ed infatti la circostanza che la stessa ricorrente sia divenuta amministratrice della RAGIONE_SOCIALE un anno prima dei fatti non è dirimente, atteso che l’asserita assunzione della carica a ridosso della consumazione dei fatti è circostanza marginale nell’economia del ragionamento sviluppato dal Tribunale. Per quanto riguarda invece la natura della suddetta società il suo significato nel diritto britannico è meramente asserito nel ricorso, spettando invece all’impugnante fornirne la prova. E parimenti è oggetto di mera asserzione che la stessa appartenga alla tipologia giuridica evocata e ciò a tacere del fatto che ancora una volta la ricorrente non ha chiarito la decisività della circostanza. Per contro il ricorso non ha tenuto conto degli ulteriori indici valorizzati dal provvedimento impugnato a riscontro dell’attendibilità della denunzia della persona offesa, primi fra tutti il valore attrib alle quote al momento della loro cessione, logicamente ritenuto inadeguato rispetto alla incontestata consistenza patrimoniale della società ceduta, e il disconoscimento della firma apposta in calce al primo atto di cessione delle quote medesime. Quanto infine alle dichiarazioni del COGNOME mal si comprende in che senso queste smentirebbero il contenuto della querela della persona offesa, non essendo illogico che il COGNOME, una volta appreso dal teste come si erano svolti i fatti, si sia determinato a rivolgersi all’autorità giudiziaria. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Va infine ribadito che il terzo il quale affermi di avere diritto alla restituzione del oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di un pro contributo al reato attribuito all’indagato, senza potere contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700). Dunque anche sotto questo profilo il ricorso deve ritenersi inammissibile, posto che la ricorrente ha contestato i presupposti applicativi della misura.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6/12/2023