Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33519 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33519 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Soveria Mannelli il 06/08/1975
avverso l’ordinanza del 22/05/2025 del Tribunale di Reggio Calabria
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 maggio 2025 il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato il provvedimento emesso il 16 aprile 2025 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, con cui ad NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 e a 17 reati di cui al’art. 73 d.P.R. cit.
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Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto vizi della motivazione, essendo stato trascurato che il ricorrente aveva avuto un ruolo subordinato a NOME NOMECOGNOME di cui seguiva le indicazioni, senza che potesse ravvisarsi una propria autonoma iniziativa criminale. Peraltro, al coindagato NOME COGNOME era stata applicata la misura degli arresti domiciliari, pur avendo avuto un ruolo simile a quello del ricorrente, essendo anch’egli impegnato nella custodia della droga, seppure al servzio dell’articolazione del sodalizio operante in Acerra e alle dipendenze del coindagato NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Va ribadito che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, alla Corte di legittimità spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del decisum e abbia adottato una motivazione congrua rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che il provvedimento impugnato è immune da vizi sindacabili in questa sede.
Il Tribunale ha richiamato la doppia presunzione di cui all’art. 275-bis cod. proc. pen., che non poteva ritenersi superata in ragione della gravità delle condotte, risultando l’indagato pienamente inserito nelle dinamiche del sodalizio criminoso e avendo posto in essere molteplici reati in materia di traffico di stupefacenti.
Il Collegio della cautela ha disatteso le censure relative al decorso del tempo dai fatti, avvenuti tra ottobre 2022 e febbraio 2023, e alla possibilità di collocare Torchia a Bussago, luogo molto distante da quello in cui l’associazione criminale
era radicata, ossia la Calabria, avendo rilevato, per un verso, che gli elementi enucleati e, in particolare, i contatti criminali, intrattenuti dal ricorrente, e gravità delle sue condotte fossero idonei a rendere ancora attuali e concrete le esigenze cautelari, per altro verso, che Bussago era proprio il luogo in cui il ricorrente aveva operato per conto dell’associazione.
Il Tribunale ha aggiunto che l’indagato era particolarmente attivo nel sodalizio, che gestiva un traffico di sostanze stupefacenti che si estendeva all’intero territorio nazionale, e aveva realizzato ben diciassette condotte di narcotraffico a fronte delle tre attribuite ad NOME COGNOME: circostanza questa che spiegava il differente trattamento riservato al coindagato.
Con tale apparato giustificativo il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a ribadire quanto già dedotto dinanzi al Tribunale ovvero ha contestato in maniera assertiva il ragionamento articolato dal Giudice del riesame, senza, però, evidenziare profili di effettiva illogicità.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.
La Cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. attuaz. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24 settembre 2025.