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Ricorso per cassazione: limiti e inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione avverso una condanna per detenzione di sostanze stupefacenti. Il ricorrente contestava il mancato riconoscimento dell’uso personale, ma la Corte ha stabilito che tale doglianza, già vagliata e motivata correttamente dalla Corte d’Appello, non può essere riproposta in sede di legittimità.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: quando i motivi di merito lo rendono inammissibile

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un imputato condannato per detenzione di sostanze stupefacenti, il quale cercava di rimettere in discussione una valutazione di merito già ampiamente motivata dalla Corte d’Appello. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere i limiti del giudizio di legittimità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti, che punisce i fatti di lieve entità legati alla detenzione di droghe. L’imputato, dopo la conferma della condanna in secondo grado da parte della Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per cassazione. L’unica doglianza sollevata riguardava il mancato riconoscimento della detenzione della sostanza per uso strettamente personale, una circostanza che, se provata, avrebbe escluso la rilevanza penale del fatto. Il ricorrente lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione su questo specifico punto.

La Decisione della Corte di Cassazione e il ricorso inammissibile

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su una considerazione netta: la questione sollevata dall’imputato non rappresentava un vero errore di diritto, ma un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti. La Corte ha sottolineato che il profilo della destinazione della sostanza (se per spaccio o per uso personale) era già stato “adeguatamente vagliato e disatteso dalla Corte territoriale”. Di conseguenza, il ricorso non era ammissibile in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è cruciale per comprendere la distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “lineare e priva di fratture logiche”, basata su “argomenti giuridici corretti”, per escludere l’ipotesi dell’uso personale. Il ricorrente, nel suo atto di impugnazione, non si era confrontato adeguatamente con tale motivazione, limitandosi a riproporre la propria versione dei fatti.

La Cassazione ricorda che il suo compito non è quello di stabilire se la valutazione del giudice di merito sia la migliore possibile, ma solo se sia logicamente coerente e giuridicamente corretta. Tentare di ottenere dalla Suprema Corte una diversa lettura delle prove, come in questo caso, significa travalicare i confini del ricorso per cassazione, che è strumento di controllo sulla corretta applicazione delle norme (error in iudicando) e sul rispetto delle regole processuali (error in procedendo), non una terza istanza per riesaminare il merito della vicenda.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che un ricorso per cassazione deve essere redatto con estrema perizia tecnica, concentrandosi su specifici vizi di legittimità della sentenza impugnata. Riproporre argomenti di fatto già esaminati e respinti con motivazione congrua nei gradi di merito porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la definitività della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione dei fatti già compiuta dalla Corte d’Appello?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti del caso. Il suo ruolo è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito delle prove.

Cosa succede se un ricorso per cassazione ripropone questioni di fatto già decise?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito in questo caso, se un punto è già stato adeguatamente valutato e motivato dalla corte territoriale, riproporlo senza evidenziare un vero errore di diritto o un vizio logico insanabile porta all’inammissibilità dell’impugnazione.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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