Ricorso per Cassazione contro Sentenze del Giudice di Pace: Quali Motivi Sono Ammessi?
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione avverso le sentenze emesse in grado di appello per reati di competenza del Giudice di Pace. La Corte Suprema ha dichiarato inammissibile un ricorso, delineando con precisione quali motivi possono essere sollevati in sede di legittimità e quali invece costituiscono un tentativo inaccettabile di ottenere un terzo grado di giudizio nel merito. Analizziamo la vicenda e le conclusioni della Corte.
I Fatti del Caso: Dalla Minaccia alla Condanna
Un imputato veniva condannato in appello dal Tribunale per un reato di minaccia, in parziale riforma di una sentenza del Giudice di Pace che lo aveva assolto per un’accusa analoga ma condannato per un’altra. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, articolando tre distinti motivi di doglianza per contestare la sua condanna.
La Decisione della Corte e i limiti del ricorso per cassazione
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda su principi procedurali consolidati, specialmente per quanto riguarda l’impugnazione delle sentenze relative a reati di competenza del Giudice di Pace. Esaminiamo nel dettaglio come la Corte ha smontato ciascun motivo.
Primo Motivo: La Reiterazione delle Argomentazioni
Il ricorrente lamentava una violazione di legge riguardo alla sussistenza stessa del reato. La Corte ha ritenuto questo motivo inammissibile perché non faceva altro che riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dal giudice d’appello. Un ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione di difese precedenti; deve invece contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. Inoltre, la Corte ha ricordato che la testimonianza della persona offesa, se ritenuta credibile, può essere sufficiente a fondare una condanna, come avvenuto nel caso di specie, dove era peraltro corroborata da un altro testimone.
Secondo Motivo: La Presunta Contraddittorietà della Motivazione
Il secondo motivo si basava sulla presunta contraddittorietà della motivazione: come era possibile essere assolti per un episodio di minaccia e condannati per un altro, attuato con modalità simili? Anche questo motivo è stato respinto. La Corte ha chiarito che, per i reati di competenza del Giudice di Pace, la legge (in particolare l’art. 39-bis del d.lgs. 274/2000) limita espressamente i motivi di ricorso alla sola “violazione di legge”. Non è quindi possibile denunciare un vizio di motivazione, come la contraddittorietà. Ad ogni modo, la Corte ha aggiunto che la motivazione del giudice d’appello era comunque logica, avendo distinto i due contesti: nel caso della condanna, l’aggressività dell’imputato e le circostanze di tempo e luogo rendevano il pericolo di un male ingiusto concreto e percepibile, a differenza dell’altro episodio.
Terzo Motivo: La Contestazione sul Danno Civile
Infine, il ricorrente contestava la quantificazione del danno, sostenendo una violazione delle norme sul risarcimento. La Corte ha definito questo motivo “manifestatamente infondato”, poiché l’imputato non si era confrontato specificamente con la motivazione del giudice di merito che aveva determinato il quantum risarcitorio. In pratica, non aveva spiegato perché il ragionamento del giudice fosse errato, limitandosi a una contestazione generica.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Corte si basa su un principio fondamentale: il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo scopo è assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, non rivedere le valutazioni sui fatti o sulle prove già compiute dai giudici dei gradi precedenti. Per i procedimenti originati davanti al Giudice di Pace, il legislatore ha ulteriormente ristretto l’accesso alla Cassazione, consentendolo solo per denunciare errori di diritto (violazione di legge). Questa scelta mira a deflazionare il carico della Corte Suprema e a garantire che le decisioni su questioni minori trovino una conclusione definitiva con il giudizio d’appello, salvo casi di palesi errori giuridici.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza ribadisce una lezione cruciale per chiunque intenda affrontare un ricorso per cassazione in materia penale, specialmente per reati di competenza del Giudice di Pace. È inutile e controproducente riproporre le stesse argomentazioni di merito già esaminate o lamentare vizi di motivazione. Il ricorso deve concentrarsi esclusivamente sulla violazione di norme sostanziali o processuali, dimostrando in modo specifico e puntuale dove il giudice di appello ha sbagliato nell’applicare la legge. In caso contrario, il ricorso sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile contestare la valutazione delle prove in un ricorso per cassazione avverso una sentenza del Giudice di Pace?
No, la Cassazione ha chiarito che il ricorso deve basarsi su violazioni di legge e non può risolversi in una mera riproposizione di argomenti già valutati nel merito dai giudici precedenti, né in una richiesta di nuova valutazione delle prove.
Posso presentare un ricorso per cassazione per “motivazione contraddittoria” contro una sentenza d’appello relativa a un reato di competenza del Giudice di Pace?
No. La normativa specifica (art. 39-bis del d.lgs. 274/2000) limita i motivi di ricorso alla sola “violazione di legge”, escludendo la possibilità di denunciare vizi della motivazione come la contraddittorietà o la manifesta illogicità.
Cosa succede se i motivi del ricorso per cassazione sono generici o ripetitivi?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte ha ribadito che i motivi devono essere specifici e criticare puntualmente la sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere argomentazioni già respinte in appello. L’inammissibilità comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10067 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10067 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a DOLO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2023 del TRIBUNALE di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui il Tribunale di Venezia in data 11 aprile 2023, in funzione di Giudice di appello, ha parzialmente riformato la sentenza del Giudice di Pace di Dolo assolvendo l’imputato del reato a lui ascritto di minaccia al capo A) perché il fatto non sussiste, confermando la condanna in relazione al reato di minaccia di cui al capo B) e, conseguentemente, rideterminando la pena oltre statuizioni civili.
-Ritenuto che il primo motivo- con cui il ricorrente lamenta violazione di legge quanto alla sussistenza del reato contestato – è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (pag. 6: la testimonianza della persona offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato alla luce della credibilità e della attendibilità de dichiarante, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’ad 192 comma 3 cod. proc. pen; le dichiarazioni della p.o. trovano conferma nelle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, presente nel garage al momento del fatto).
-Ritenuto che il secondo motivo – con cui il ricorrente denunzia la contraddittorietà della motivazione in quanto è stato assolto da uno dei due capi d’imputazione messi in atto con modalità analoghe – non è consentito in sede di legittimità perché, ai sensi degli artt. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen. e 39-bis del d.lgs. n. 28 agosto 2000, n. 274 (introdotti dal d. Igs. 6 febbraio 2018, n. 11, entrato in vigore il 6 marzo 2018), avverso le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace può essere proposto ricorso per cassazione solo per violazione di legge ; a ciò si aggiunga che la motivazione è esente da vizi logici( il Giudice di seconde cure evidenzia che la frase viene pronunciata in un contesto che appare idoneo a far percepire un pericolo di un male ingiusto e certamente, considerate le circostanze di tempo e di luogo e considerata l’aggressività dell’imputato, non può escludersi l’astratta realizzabilità del male ingiusto minacciato, nell’altro caso tale pericolo non sussiste);
-Ritenuto che il terzo motivo di ricorso- con cui il ricorrente eccepisce l’assenza di elementi probatori relativi al patimento del danno e di conseguenza, la violazione della norma penale di cui all’ad 185 cod. pen. e gli artt. 1126,2059 cod. civ.- è manifestatamente infondato perché non si confronta con la motivazione immune da vizi logici che ha individuato il quantum risarcitorio (p.7).
Rilevato pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e al versamento delle somme di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7/2/2024