Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45447 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45447 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/09/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a ROMANO DI LOMBARDIA il 06/07/1990
NOME nato a BUSSOLENGO il 02/03/1986
avverso la sentenza del 13/10/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME COGNOME e COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOMECOGNOME che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 110 e 640 cod. pen. denunciando la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali, non è consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione non solo di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, ma anche di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, COGNOME, Rv. 216260). A ciò si aggiunga che, «in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, pertanto può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame», (Sez. 6 – , Sentenza n. 4119 del 30/04/2019 Cc. -dep. 30/01/2020- Rv. 278196 – 02);
considerato che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e della sussistenza del reato (si veda, in particolare, pag. 2 della sentenza impugnata dove l’imputata è stata correttamente ritenuta responsabile del reato ascritto avendo quest’ultima messo a disposizione la carta postepay sulla quale è stato accreditato il profitto del reato);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso di COGNOME COGNOME che contesta l’eccessività della pena e, nello specifico, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la
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esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti quali, nel caso di specie, i numerosi precedenti penali da cui risulta essere gravato l’imputato (si veda in particolare pag. 2 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 24/09/2024