Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9723 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9723 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MILANO il 24/02/1967
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il concorso nei delitti di rapina ascritti all’odierno ricorrente a fronte di un complesso indiziar insufficiente, non è formulato in termini consentiti in questa sede, oltre che manifestamente infondato;
che preliminarmente deve osservarsi come la suddetta doglianza risulti riproduttiva di profili di censura già prospettati con l’atto di appello e adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale, con logici e congrui argomenti giuridici, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con le ragioni poste a base della ritenuta sussistenza del contributo concorsuale fornito dal ricorrente alla realizzazione del reato, e dunque non specifici ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che va comunque sottolineato che la difesa solo in termini alquanto generici ha lamentato un vizio di logicità della motivazione, censurando piuttosto una decisione erronea perché fondata su un apprezzamento asseritamente sbagliato dei dati probatori, prospettando così una rivalutazione e un differente giudizio di rilevanza degli stessi, mentre deve ribadirsi che, concernendo il rapporto tra motivazione e decisione, e non già il rapporto tra prova e decisione, il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere pertinenti e puntuali censure nei confronti dell’apparato motivazionale a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di cassazione, alla quale, infatti, preclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze processuali acquisite, da contrapporre a quella effettuata nei precedenti gradi, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova (così Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv 273217; in senso conforme, ex plurimis, v. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; da ultimo cfr. Sez. 2, n. 11984 del 27/04/2022, COGNOME, Rv. 283439, non mass. sul punto);
che invero la Corte territoriale (come emerge dalle pagg. 9 e 10 della sentenza impugnata) ha adeguatamente indicato le congrue e non illogiche ragioni, oltre che i diversi elementi probatori, in base ai quali ritenere che le condotte poste in
essere dall’odierno ricorrente configurino pienamente contributi concorsuali A coscienti alla realizzazione dei reati di rapina lui attribuiti;
ritenuto che parimenti non consentito e manifestamente infondato risulta il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’eccessività della pena, anche per non avere i giudici di merito provveduto ad applicare le attenuanti generiche in regime di prevalenza rispetto alla contestata recidiva reiterata;
che, preliminarmente deve ribadirsi che secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, oltre che per fissare la pena base, così come anche il giudizio di comparazione tra le opposte circostanze, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicché nel giudizio di cassazione è comunque inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che, tra l’altro, deve osservarsi come la richiesta del ricorrente si prospetti anche in palese contrasto con il dato normativo, dovendosi sottolineare la preclusione all’applicazione delle circostanze attenuanti ex r . 62-bis cod. pen. in via di prevalenza sulla contestata recidiva reiterata, sulla base di quanto disposto dall’art. 69, quarto comma, cod. pen, motivo per cui, nel caso di specie, il giudizio di equivalenza come stabilito dal giudice di merito rappresenta la possibilità più favorevole per l’odierno ricorrente;
che, inoltre, deve sottolinearsi come sia del tutto infondata la censura in esame anche nella parte in cui si contesta l’iniquità della pena irrogata nei confronti del Minerva perché pari a quella inflitta agli altri correi che si erano procurati l armi e minacciato e usato violenza per la realizzazione delle rapine, poiché avendo il nostro Codice penale accolto, nell’art. 110 cod. pen., il cosiddetto modello unitario del concorso di persone nel reato, deve ritenersi valido il principio della pari responsabilità dei compartecipi, fatta salva la possibilità per il giudice d procedere ad una diminuzione della pena ex art. 114 cod. pen., qualora il contributo risulti di marginale importanza: nel caso in esame non risulta ravvisabile tale ipotesi, considerando il ruolo attivo e l’effettiva e rilevan partecipazione del ricorrente alla fase esecutiva delle rapine, ben evidenziata dai giudici di merito);
che, in conclusione, nella specie, il giudizio sulla pena e gli aumenti in continuazione, come definito dal giudice di primo grado e condiviso integralmente dalla Corte territoriale, non presenta profili di illogicità, risultando dunq incensurabile in questa sede, dovendosi anche sottolineare la genericità del motivo di appello sul punto;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende/
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.