Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23724 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23724 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ORVIETO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/10/2023 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, Sezione per il riesame, con ordinanza del 12/10/2023, depositata il 31/10/2023, ha rigettato la richiesta di riesame e per l’effetto ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Viterbo in data 25/9/2023 ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di COGNOME NOME in relazione al reato di cui agli artt. 575 e 577 nn. 1 e 3 cod. pen.
NOME COGNOME è sottoposta a indagini per essere stata la promotrice dell’omicidio del marito commesso con l’intermediazione della sorella
NOME COGNOME, che avrebbe reclutato gli esecutori materiali NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e altri soggetti ignoti.
Nei momenti immediatamente successivi all’omicidio sono stati individuati gli esecutori materiali e la sorella dell’indagata.
A seguito di ulteriori indagini, per lo più costituite dall’analisi delle c intercorse tra NOME COGNOME e la sorella, di quelle tra quest’ultima e COGNOME, dall’analisi dei tabulati e da alcune intercettazioni ambientali nel carcere dove è detenuto NOME COGNOME, gli investigatori hanno attribuito all’attuale indagata il ruolo che le viene attualmente contestato.
Secondo le indagini l’omicidio sarebbe maturato in quanto l’indagata aveva appreso che il marito, soggetto condannato per il reato di usura in esecuzione pena in regime di detenzione domiciliare, aveva l’intenzione separarsi e di andare a vivere a Tenerife con la figlia avuta da una precedente relazione portando con sé il “tesoretto” in contanti, costituito dai proventi della propri attività illecita.
Acquisiti tali elementi il pubblico ministero ha richiesto l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere anche nei confronti di NOME COGNOME, misura che il giudice per le indagini preliminari di Viterbo ha disposto e che il Tribunale del riesame di Roma ha confermato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagata che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 575 cod. pen. Nel primo motivo la difesa rileva che la motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sarebbe carente e contraddittoria. Dagli elementi acquisiti, nello specifico il tenore dei messaggi intercorsi tra la ricorrente e la sorella, infatti, non sarebbe possibile desumere il coinvolgimento dell’indagata nell’azione, ciò in quanto i riferimenti alla visita medica e all’operazione sarebbero reali e non parte di un codice cifrato nel quale COGNOME si identificherebbe con il dottore. Anche le conversazioni intercettate in carcere, d’altro canto, non sarebbero chiare e idonee a ritenere che il quadro indiziario sia sufficiente.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 274 cod. proc. pen. Nel secondo motivo la difesa censura la decisione del Tribunale nella parte in cui ha concluso per la sussistenza delle esigenze cautelari che sarebbero state ritenute sulla base di considerazioni astratte e senza tenere conto di quanto emerso in concreto.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 275 e 275 bis cod. proc. pen. Nel terzo e ultimo motivo la difesa rileva l’illogicità del
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motivazione quanto alla ritenuta inidoneità di garantire le esigenze cautelari con l’applicazione della misura gradata degli arresti domiciliari, anche con l’imposizione del braccialetto elettronico.
In data 12 febbraio 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni nelle quali il AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Preliminarmente si deve dare atto che dagli atti risulta che l’impugnazione è stata inviata a un indirizzo PEC diverso da quello indicato nell’apposito provvedimento dal direttore del DGSIA di cui all’art. 87 bis D.Lgs 150 del 2022.
2.1. L’art. 311 cod. proc. pen. prevede che le parti presentino l’impugnazione con le modalità di cui all’art. 582 cod. proc. pen. presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento.
L’art. 582 cod. proc. pen. stabilisce che le modalità di presentazione dell’impugnazione sono quelle di cui all’art. 111 bis cod. proc. pen., cioè che il deposito debba essere telematico.
Ai fini del deposito telematico tutte le parti sono tenute a utilizzare l’indiriz indicato nell’apposito provvedimento emesso dal DGSIA per tutti gli uffici giudiziari.
Tale modalità di deposito, d’altro canto, è quella prevista tassativamente come ordinaria per tutti gli atti, a eccezione di quelli che, per loro natura o pe specifiche esigenze processuali, non possono essere acquisiti in copia informatica.
Per le parti private e per gli atti che queste compiono personalmente, comunque, è prevista anche la possibilità di procedere al deposito in modalità non telematiche.
In tale ipotesi, con specifico riferimento alle impugnazioni, la norma prevede che l’atto possa essere depositato personalmente dalla parte, anche a mezzo di incaricato, nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato e che, in questo caso, l’addetto debba indicare il giorno e l’ora in cui è avvenuto il deposito e della persona che lo ha depositato che, a tal fine, deve essere quindi identificata.
Il deposito dell’impugnazione, in conclusione, si ritiene correttame eseguito solo se perviene entro la data prevista all’indirizzo PEC inseri provvedimento del DGSIA oppure se è personalmente effettuato dalla parte o da un suo incaricato.
Nessuna modalità alternativa è allo stato ammissibile.
2.2. Nel caso di specie il ricorso per cassazione è stato inviato a un ind PEC, EMAIL, diverso da quello previsto per l’ufficio che avrebbe dovuto riceverlo, depositoattipenali2.EMAIL).
L’impugnazione, pertanto, è inammissibile:e ciò a prescindere dal fatto c la stessa sia comunque pervenuta presso una casella di posta elettron riferibile all’ufficio in quanto l’unica altra modalità ammissibile sarebbe presentazione “personale” della parte, che prevede la presenza fisi l’identificazione della persona, la parte stessa o il suo incaricato, che prov deposito.
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2.3.W motivi motivi di ricorso, dedotti anche sotto il profilo della violazione di l ma che in effetti si riferiscono alla logicità e completezza della motivazione, formulati in termini generici e, pertanto, non sono consentiti, oltre a manifestamente infondati.
Ciò in quanto tutte le censure si risolvono in deduzioni in fatto, sollecitare una diversa e alternativa lettura del compendio indiziario, a part una differente interpretazione del contenuto delle chat.
Attività che non è non consentita a questa Corte, soprattutto qualor motivazione del provvedimento impugnato risulti adeguata, logica e coerent agli elementi allo stato acquisiti.
Come più volte ribadito, infatti, la portata dimostrativa del contenuto conversazioni, e quindi delle chat, costituisce questione di fatto, rimess valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massim esperienza (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01; Sez. n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 2, n. 50701 d 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650 – 01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, dep. 30/04/2008, COGNOME, Rv. 239724
È quindi possibile prospettare in sede di legittimità una interpretazion significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di m soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in c contenuto indicato nel provvedimento sia difforme da quello reale e la difform risulti decisiva e incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, 2018. Di M Rv. 272558 – 01; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv
259516 – 01; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, Asaro, Rv. 252190 – 01; Sez.2, n. 38915 del 17/10/2007, dep. 19/10/2007, COGNOME, Rv. 237994).
2.4. Nel caso di specie la lettura degli elementi acquisiti, il contenuto delle chat e delle conversazioni, indicata nella motivazione dell’ordinanza impugnata risulta intrinsecamente logica e la difesa non ha assolto l’onere di rappresentare in modo adeguato l’eventuale vizio di travisamento della prova (Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008, dep. 03/10/2008, Buzi, Rv. 241023 – 01).
L’interpretazione resa in ordine ai messaggi della chat intercorsa tra l’indagata e la sorella è coerente e coordinata con gli altri accertamenti effettuati, come, ad esempio, il fatto che, mentre le due donne si scrivevano, era presente anche NOME COGNOME.
La spiegazione alternativa fornita dalla difesa, secondo la quale i messaggi si riferivano a una endonnetriosi, è stata considerata dal Tribunale e motivatamente esclusa.
Il tenore delle chat intercorse tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, pure piuttosto chiaro nella sua formulazione letterale, è stato oggetto di attenta motivazione, resa sul punto in termini logici;
Il riferimento al contenuto delle intercettazioni effettuate in carcere, e in specifico a quella nella quale NOME COGNOME parla della sua detenzione e dice che “le sorelle” lo devono ricompensare per il suo silenzio, appare pertinente ed è adeguatamente spiegato anche sulla base della narrazione indicata nella memoria difensiva depositata dallo stesso NOME COGNOME.
Le considerazioni esposte circa la sussistenza del movente e del rilievo da attribuirgli sono fondate in termini logici sugli elementi di fatto allo st acquisiti.
2.5. Ad analoghe conclusioni si deve pervenire quanto alla motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere.
Riguardo a tali aspetti, infatti, pure in presenza della presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod, proc. pen., la giustificazione resa motivazione in ordine all’esistenza e all’attualità del pericolo di recidiva e di inquinamento probatorio, fondati sulle modalità del fatto e sul coinvolgimento di altri soggetti allo stato rimasti ignoti, risulta adeguata e ciò anche in merito all’inidoneità dell misura gradata degli arresti domiciliari, pure quanto all’esclusione della possibilità che questa sia eseguita con il braccialetto elettronico.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal
ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso a Roma il 28 febbraio 2024.