Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30434 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30434 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Durazzo (Albania) il 05/03/1985
avverso la sentenza emessa il 9 ottobre 2024 dalla Corte d’appello di Lecce
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce, decidendo in sede di rinvio, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per i reati ascritti ai capi B2) e B5) perché estinti per prescrizione, eliminando dal trattamento sanzionatorio il relativo aumento di pena, e ha invece confermato la condanna dell’imputato per i reati ascritti ai capi B1), B3), B4) e B6) rideterminando la pena in anni dodici e mesi quattro di reclusione.
NOME COGNOME ricorre per cassazione deducendo due motivi di ricorso di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Con il primo motivo, deduce una pluralità di vizi di violazione di legge e di motivazione, sia in relazione al giudizio di responsabilità in ordine a tutti i reati definitivamente ascritti che in relazione alla omessa motivazione sulle censure dedotte in appello in merito all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990 e all’erronea determinazione della pena inflitta con la sentenza di primo grado. In particolare, si censurano i seguenti punti: a) la ritenuta partecipazione del ricorrente al reato di cui al capo B1) e la riconducibilità allo stesso dell’utenza internazionale NUMERO_CARTA; b) la riconducibilità all’odierno ricorrente dell’apparato BlackBerry recante PIN CODICE_FISCALE e nickname CRAZYYY in relazione al capo B3); c) la partecipazione ai reati fine di cui ai capi B4) e B6); d) l’elemento oggettivo dei reati sia in ordine alla qualità che alla quantità della sostanza stupefacente.
Quanto al capo B1) si denuncia la contraddittorietà della motivazione in quanto non vi è alcuna prova di un contributo del ricorrente alla condotta ascritta, né tantomeno che lo stesso abbia concordato con NOME COGNOME il contenuto degli sms . Si rileva, a tal fine, che: a) da agosto 2016 il ricorrente si trovava agli arresti domiciliari; b) gli sms del 31 agosto 2016 venivano scambiati tra NOME COGNOME e COGNOME e dal loro contenuto non emerge alcun contributo fornito dal ricorrente; c) non possono ritenersi prove della partecipazione al reato in esame la presenza del ricorrente a bordo dell’autovettura Mercedes Classe A, in uso a NOME COGNOME né tantomeno la trascrizione della conversazione registrata il 31/08/2016 alle 17:05, atteso che la circostanza che NOME leggeva il messaggio al ricorrente costituisce una mera affermazione del redattore della trascrizione; d) l’individuazione della voce del ricorrente all’interno dell’auto, che, come sostiene l’estensore del provvedimento impugnato, sarebbe frutto dell’ascolto diretto della voce nel corso della intercettazione ambientale prima indicata, è frutto di una mera congettura, e ciò alla luce dell’allegato 2) a cui fa riferimento la sentenza; e) anche il riferimento all’ sms n. 32 del R.I.T. 832/2016 costituisce un ulteriore elemento utilizzato per arginare la carenza di prove nei confronti del ricorrente, non essendo emerso alcun elemento investigativo che possa consentire di affermare con certezza che l’interlocutore, quando usava il nome ‘NOME‘ si riferisse proprio al ricorrente; ciò risulta evidente anche dalla trascrizione della conversazione n. 3819 delle 10:57 (R.I.T. 567/2016), nella quale nessuno degli interlocutori utilizza il nome ‘NOME‘ né il nome NOME; f) anche la trascrizione dell’ sms n. 13, intercettato in data 01/09/2016 alle 10:58, evidenzia la carenza di prove a carico del ricorrente, trattandosi di un messaggio scambiato tra NOME e tale NOME.
Quanto al capo B3), si insiste sulla incertezza della identificazione del ricorrente quale utilizzatore non solo dell’apparecchio BlackBerry , ma anche della vettura Mercedes Classe A. Tale incertezza rileva anche ai fini della configurabilità della responsabilità in ordine agli altri reati ascritti. Sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata si è limitata ad un copia-incolla integrale del contenuto dell’allegato 2) dell’informativa del 14/09/2016. In buona sostanza, la Corte territoriale ha ritenuto che l’utilizzatore della Mercedes non potesse essere che l’utilizzatore anche del telefono BlackBerry , ma in realtà proprio dall’allegato 2) emerge che non vi è alcuna certezza che lo stesso possa identificarsi nell’odierno ricorrente. Le conversazioni riportate in detto allegato dimostrano solo che in talune occasioni il ricorrente si trovava a bordo dell’auto, ma non che ne fosse l’utilizzatore. Peraltro, tali conversazioni sono posteriori non solo all’intercettazione ambientale n. 467 del 06/11/2016 (in relazione alla quale l’attribuzione della voce di uno degli interlocutori al ricorrente è frutto di mere supposizioni), ma anche a tutte le altre conversazioni PIN to PIN con l’utente NOME. Si aggiunge, inoltre, che anche richiamo alla conversazione n. 1131 del 2016 appare contraddittorio dal momento che dalla sua lettura integrale emerge che non può sovrapporsi il significato del termine ‘LAKEE’ con il termine ‘LAKE’.
Anche in relazione ai capi B4) e B6) vengono formulate analoghe censure con riferimento all’identificazione dell’utilizzatore dell’apparecchio BlackBerry e dell’autovettura Mercedes. Si aggiunge, inoltre, quanto al capo B4), che: nessuno dei soggetti tratti in arresto in occasione dell’esecuzione dei due sequestri ha mai avuto contatti con il ricorrente; dalle conversazioni valorizzate emerge che si faceva riferimento a un quantitativo di circa 300-400 kg. di marijuana stipata nel gommone, mentre il sequestro operato dalla Guardia di Finanza ha portato al rinvenimento di circa 576,3 kg; dalle conversazioni trascritte alle pagine 33, 34, 35 e 36 emerge che l’autovettura Mercedes era in uso anche ad altri soggetti.
Sotto altro profilo, si denuncia la mancanza di motivazione in relazione alla specifica censura dedotta in appello relativa alla configurabilità dell’aggravante di cui all’articolo 80 d.P.R. 309/1990. Con il motivo di appello, il ricorrente aveva invocato l’applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite ‘ COGNOME ‘ , rilevando che per i reati di cui ai capi B3), B4) e B6) non vi era stato alcun sequestro che consentisse di individuare la quantità e qualità di sostanza stupefacente idonea a configurare l’aggravante in contestazione. Quanto al capo B1), si rilevava, invece, che il Dorian, come risulta anche dalla stessa sentenza di primo grado, si proponeva come destinatario diretto di un quantitativo di 20 kg, che, ipotizzando una percentuale statisticamente ricorrente del 5%, in difetto di ulteriori parametri oggettivi, poteva ritenersi che fosse al di sotto della soglia dei 500 milligrammi. Sulla base di tali considerazioni si invoca l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in quanto, eliminando la circostanza aggravante, tutti i reati ascritti sono prescritti, con conseguente eliminazione della pena determinata dalla Corte d’appello nella misura di 5 anni di reclusione.
Si deduce infine, l’omesso rilievo da parte della Corte territoriale, dell’errore di calcolo in cui era incorso il primo Giudice nella determinazione del trattamento sanzionatorio, allorché, esclusa l’aggravante di cui all’art. 61bis cod. pen., e determinata la pena per il reato più grave nella misura di anni venti di reclusione, ha ridotto la pena, per effetto delle circostanze attenuanti generiche, ad anni quattordici e mesi sei anziché ad anni tredici e mesi quattro di reclusione. L’omesso rilievo di tale errore di calcolo ha avuto ricadute sulla determinazione della pena finale, secondo i calcoli prospettati alla pagina 45 del ricorso.
2.2. Violazione di legge e vizi della motivazione in relazione al mancato riconoscimento della continuazione tra i reati contestati nel presente procedimento e quelli oggetto della condanna n. 1466/2018. Si lamenta, al riguardo, l’omessa considerazione della doglianza difensiva relativa al rapporto di continenza tra il reato di cui agli artt. 73 e 80 d.P.R. n. 309/190 ascritto in tale sentenza (commesso l’1/3/2016 e relativo a 41 involucri di marijuana) e la fattispecie associativa di cui al capo B) (anch’ essa relativa alla sola marjuana). Si rileva, inoltre, che dal raffronto delle fattispecie ascritte emerge l’unitarietà del disegno criminoso perseguito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, connotato dalla disordinata formulazione di censure a punti eterogenei della decisione e da una tecnica di redazione estremamente prolissa, confusa e riproduttiva del testo di numerosi messaggi e conversazioni, di cui si sollecita una non consentita diversa interpretazione, è complessivamente infondato per le ragioni di seguito esposte.
1.1. Sono, innanzitutto, inammissibili le doglianze relative al giudizio di responsabilità per i reati fine ascritti, risolvendosi, come già anticipato, in censure di merito, meramente reiterative dei motivi di appello e prive di alcun confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata che, senza incorrere in alcuna illogicità nell’interpretazione delle conversazioni intercettate, con motivazione esaustiva ed immune dai denunciati vizi logici e giuridici, ha adeguatamente argomentato su tutte le censure dedotte con l’atto di appello, ivi comprese le doglianze, meramente riproposte con il motivo in esame, in merito alla utilizzazione da parte del ricorrente dell’apparecchio blackberry e della vettura Mercedes Benz (cfr. pagina 10), al fatto che il ricorrente fosse ristretto agli arresti domiciliari (cfr. pagina 6) e, più in generale, alla responsabilità del ricorrente per i reati fine ascritti ai capi B1), B3), B4) e B6) (si vedano le pagine da 4 a 13).
1.2. È invece infondata la doglianza relativa alla circostanza aggravante di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990 . Rileva, infatti, il Collegio che la prima sentenza della Corte di appello aveva adeguatamente argomentato sulla configurabilità della contestata aggravante (cfr. pagina 8) e tale punto della decisione non era stato investito da alcun motivo del ricorso per cassazione parzialmente accolto da questa Corte con la sentenza n. 23302 del 28/4/2023. Deve, dunque, ritenersi che il Giudice del rinvio, una volta esaminate tutte le doglianze in relazioni alle quali la sentenza rescindente aveva ritenuto vi fosse stata una omessa motivazione, abbia implicitamente rinviato, nel confermare la contestata aggravante, alle argomentazioni contenute nella prima sentenza di appello, argomentazioni che, dunque, si saldano con il tessuto motivazionale della sentenza impugnata.
1.3. La censura sull’ errore di calcolo è inammissibile in quanto dedotta per la prima volta in questa Sede. Rileva, infatti, il Collegio che la sentenza di primo grado non conteneva una specifica motivazione sulla diversa misura (comunque prossima ad un terzo) della riduzione di pena per effetto delle circostanze attenuanti generiche, né, tantomeno, specificava di voler applicare una riduzione della misura massima di un terzo. Tale punto della decisione non è stato specificamente impugnato, cosicché, da un lato, in assenza di una specifica indicazione della misura della riduzione, deve escludersi che si sia trattato di un errore di calcolo, e, dall’altro lato, deve, comunque, ritenersi non censurabile in questa Sede il punto della sentenza impugnata in cui la Corte territoriale, in assenza di un motivo di appello in cui si invocava una ulteriore mitigazione della riduzione, ha applicato la medesima riduzione del trattamento sanzionatorio.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato, reiterativo e generico. La Corte territoriale, con motivazione persuasiva ed immune da vizi, ha escluso l’identità del disegno criminoso considerando, in particolare, la differente collocazione temporale delle condotte criminose ascritte nel presente procedimento (la contestazione associativa cui si correlano i reati fine contestati con il primo motivo di ricorso è, infatti, circoscritta al periodo 1/7/2016 -28/3/2017), rispetto alla condotta cui si riferisce la sentenza definitiva (1/3/2016).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle sese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso l’ 8 luglio 2025