Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20747 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20747 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALMI il 14/11/1965
avverso il decreto del 31/01/2024 del GIUD. SORVEGLIANZA di PERUGIA
daavso alleiarti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con ordinanza emessa in data 16 gennaio 2025 il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha qualificato come ricorso in cassazione il reclamo proposto personalmente dal detenuto NOME COGNOME in quanto presentato contro (IL 1:1 , /2j e l? GLYPH il provvedimento adottato de p pi ano dal magistrato di sorveglianza, avendo valutato che il reclamo originariamente avanzato dal detenuto, relativo all’asserito diniego di utilizzare un personal computer per ragioni di studio, era un reclamo generico, ai sensi dell’art. 35 Ord. pen., e non un reclamo giurisdizionale.
2. Il ricorso al giudice di legittimità avverso un reclamo non giurisdizionale è consentito quando esso possa, in realtà, avere ad oggetto un diritto soggettivo, come affermato dal tribunale di sorveglianza. In questo caso, però, il magistrato di sorveglianza non ha qualificato il reclamo del detenuto come generico o meno, ma ha ritenuto la domanda inammissibile, con decisione emessa de plano come consentito dall’art. 35-bis Ord. pen., perché la richiesta di autorizzazione all’uso del computer era stata già accolta con un precedente provvedimento. Il reclamo del detenuto è stato, perciò, correttamente qualificato come ricorso per cassazione, essendo proponibile solo tale impugnazione avverso un decreto di inammissibilità emesso de plano, come disposto dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen.
Questo ricorso, però, deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione del ricorrente, avendo egli proposto l’impugnazione personalmente e senza l’assistenza di un difensore, con un atto manoscritto, in violazione dell’art. 613 cod. proc. pen. come modificato dall’art. 1, comma 63, legge n. 103/2017. Il testo della norma conseguente alla novella legislativa è chiaro, e la relativa interpretazione è stata stabilita dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 8914 del 21/12/2017, COGNOME, Rv. 272010, secondo cui «Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, compresi quelli in materia cautelare, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione».
Il ricorso, peraltro, dovrebbe essere dichiarato inammissibile anche perché, per quanto risulta, esso non è inerente ad un diritto soggettivo, ma solo alle modalità del suo esercizio, avendo il detenuto già ottenuto da tempo l’autorizzazione all’uso del personal computer, e chiedendo egli solo una diversa
modulazione di tale autorizzazione (si veda Sez. 7, ordinanza n. 373 del
29/05/2014, dep. 2015, Rv. 261549).
3. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in
mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al
versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in data 08 maggio 2025
Il Consigliere estensore
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