Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14916 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14916 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MASSA DI SOMMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria a firma del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 17 aprile 2023 dalla Corte di appello di Napoli, che ha riformato – limitatamente al trattamento sanzioNOMErio la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condanNOME COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 455 e 697 cod. pen.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato avrebbe detenuto e messo in circolazione cinque banconote false da euro 100,00, utilizzandole per retribuire NOME e NOME per il lavoro da loro svolto; avrebbe, inoltre, illegalmente detenuto munizioni per armi comuni da sparo.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 455 e 697 cod. pen.
Il ricorrente sostiene che il giudizio di responsabilità si baserebbe esclusivamente sulle «dichiarazioni rese dalle parti offese», che non sarebbero state adeguatamente valutate dai giudici di merito, sotto il profilo della credibili soggettiva e dell’attendibilità intrinseca.
I giudici di merito, in particolare, non avrebbero tenuto conto della circostanza che una delle «parti offese», in precedenza, avrebbe avuto un diverbio con l’imputato e, inoltre, avrebbe dichiarato di essere stata minacciata con un’arma, circostanza poi risultata non vera.
La Corte di appello non avrebbe tenuto conto dell’alternativa ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa; così come non avrebbe tenuto conto del fatto che, all’esito della perquisizione domiciliare, non sarebbero state rinvenute altre monete false.
Con particolare riferimento al reato in materia di armi, sostiene che le munizioni sarebbero appartenute al defunto padre dell’imputato. Quest’ultimo, pertanto, avrebbe dovuto essere assolto dal reato o al massimo ritenuto responsabile della diversa fattispecie di omessa denuncia. Le cartucce da fucile, tuttavia, per il loro numero esiguo, non dovrebbero neppure essere ritenute soggette a obbligo di denuncia.
Il ricorrente, inoltre, sostiene che l’imputato non avrebbe avuto la «volontà di spendita delle banconote false».
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale.
Contesta il mancato riconoscimento degli attenuanti generiche, sostenendo che i giudici di merito non avrebbero adeguatamente valutato l’incensuratezza dell’imputato e la circostanza che egli avesse rispettato le prescrizioni della misura cautelare alla quale era stato sottoposto.
Il AVV_NOTAIO generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente, invero, ha articolato censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie del vizio di motivazione, sono all’evidenza dirette a ottenere una non consentita rivalutazione delle fonti probatorie e un inammissibile sindacato sulla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte di appello (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME).
Egli, in realtà, non deduce alcun travisamento della prova o una manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugNOME, ma offre al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari che tendono a sollecitare un’inammissibile rivalutazione dei fatti nella loro interezza (Sez. 3, n. 38431 del 31 gennaio 2018, Ndoja, Rv. 273911).
Va ricordato che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenz probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747).
Va ribadito che la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugNOME, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione dei fatti (Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621; Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, COGNOME, Rv. 202903).
Va, in ogni caso, rilevato che i giudici di merito hanno adeguatamente valutato l’attendibilità delle dichiarazioni rese dai due denuncianti e hanno vagliato anche l’alternativa ricostruzione dei fatti prospettata dalla difesa (cfr. pagine 2 e 3 della
sentenza impugnata). Con specifico riferimento al reato in materia di armi, hanno escluso la fondatezza della tesi difensiva, evidenziando che: le munizioni di cui si contestava la detenzione all’imputato non erano ricomprese tra quelle che, secondo la documentazione in atti, erano appartenute al defunto padre; le munizioni in questione erano state rinvenute nel comodino della camera da letto in uso all’imputato.
Il ricorrente non si è confrontato con tale motivazione, rendendo così il motivo, in ordine a tale censura, anche privo della necessaria specificità estrinseca. Meramente assertiva e intrinsecamente generica si presenta l’affermazione secondo la quale l’imputato non avrebbe avuto la «volontà di spendita delle banconote false».
1.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello, invero, in ordine al mancato riconoscimento delle generiche, ha fornito una motivazione un’ampia e adeguata (cfr. pagina 3 della sentenza impugnata), che si pone in linea con la consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 gennaio 2024.