Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11707 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11707 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 11/04/1956 a NOTO
avverso l’ordinanza del 26/11/2024 del Tribunale del Riesame di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Sostituto P.G. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore di NOME COGNOME avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che si è riportato ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, sezione per il riesame, con ordinanza resa in data 26 novembre 2024 confermava il provvedimento cautelare emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Monza il 4 novembre 2024 /con il quale era stata applicata la misura degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui al capo 9) delle contestazioni provvisorie (artt. 110, 648-bis, 648-ter.1, 61-bis cod. pen.).
Avverso la suddetta ordinanza NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione svolgendo tre distinti motivi con i quali chiede l’annullamento del provvedimento impugnato.
2.1. Con il primo motivo eccepisce la nullità dell’ordinanza di custodia cautelare ex articolo 292, comma 3-bis cod. proc. pen. perché NOME COGNOME avrebbe dovuto essere sottoposto all’interrogatorio preventivo previsto dal novellato articolo 291, comma 1-quater cod. proc. pen. A tal fine, evidenzia che nei confronti del ricorrente non sussisteva la possibilità di derogare alla predetta norma per il ricorrere dell’ipotesi di sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, comma 1 lett. a) del codice di rito, ipotesi ricorrente nel caso di specie nei confronti di alt coindagati, che non poteva, però, estendersi indistintamente a tutti gli indagati nel medesimo procedimento, come, invece, erroneamente ritenuto possibile dal G.I.P. del Tribunale di Milano, seppure in termini generali. Deduce, altresì, che la motivazione dell’ordinanza impugnata circa la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio da parte di Ferra sarebbe manifestamente illogica, perché le fonti di prova a suo carico erano date da intercettazioni telefoniche e servizi di OCP, che non potevano essere, per loro natura, inquinate, trattandosi di compendio probatorio squisitamente cartolare e già cristallizzato.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la manifesta illogicità dell’ordinanza impugnata in relazione alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria, in quanto né il G.I.P. né il Tribunale del riesame si sono premurati di indicare con precisione da quale elemento probatorio e/o indizio sia stato possibile ricavare un collegamento tra NOME COGNOME e le società (Biemme, GajaRAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE), più volte nominate come emittenti delle fatture per operazioni inesistenti e, quindi percipienti il profitto dell truffe contestate. La decisione del Tribunale milanese risulta, pertanto, manifestamente illogica poiché non sarebbe dato comprendere in base a quali elementi la somma di 25.000,00 euro, consegnati da NOME COGNOME in data 8 settembre 2023 a NOME COGNOME sia stata considerata provento delle truffe e connesse allo stesso schema di riciclaggio più volte descritto dai giudici della cautela.
2.3. Con il terzo motivo eccepiscono il vizio motivazionale in ordine alla sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’articolo 274, com. 1 lett. c) cod. proc. pen., che deve essere desunta da comportamenti o atti concreti, mentre nel caso di specie le presunte condotte illecite del Ferra si assumono collegate alla società RAGIONE_SOCIALE ma solo in forza di mere congetture, in quanto i fatti emergenti, secondo la difesa, non raggiungerebbero neppure il requisito degli atti esecutivi di cui all’articolo 56 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge e comunque manifestamente infondati.
2. In primo luogo, giova ricordare i principi giuridici, che il Collegio intende in questa sede ribadire, sostenuti dalla giurisprudenza di legittimità circa i limiti del sindacato della Corte sui provvedimenti cautelari. Quanto alla valutazione della gravità indiziaria è stato più volte affermato che: «In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito» (così Sez.2, n.31553 del 17/05/2017, Rv.27062801; Sez.4, n.18795 del 02/03/2017, Rv.269884-01). Con riferimento, invece, alla deduzione di eventuali vizi della motivazione la Suprema Corte ha ritenuto che «La motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare GLYPH incomprensibili GLYPH le GLYPH ragioni GLYPH che GLYPH hanno giustificato GLYPH l’applicazione della misura». (così tra le tante, Sez.6, n.49153 del 12/11/2015, Rv. 265244-01). 2.1. Nel caso di specie l’eccezione di nullità ex articolo 292, comma 3-bis cod. proc. pen. dell’ordinanza di cautelare degli arresti domiciliari è manifestamente infondata, in quanto sia il G.I.P. sia il Tribunale del riesame (si vedano le pagg. 6/9) hanno motivato specificamente e congruamente sulla sussistenza, in capo al ricorrente ed agli altri concorrenti nei reati di cui al capo 9), dell’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento probatorio, che si era concretizzato «…con una costante attività di inquinamento, spiegata in più direzioni, per sottrarsi alle indagini e per eluderle, nella consapevolezza della loro esistenza». Ed ancor più nello specifico, con riguardo al ricorrente si è sottolineato che «…COGNOME è l’amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE (essendo il legale rappresentante, COGNOME COGNOME, anche in questo caso un mero prestanome), il detentore della relativa documentazione (erano in fase di elaborazione i falsi bilanci), delle chiavi di accesso e delle password necessarie alla gestione della società (come da intercettazioni Corte di Cassazione – copia non ufficiale
riprodotte nel corpo dell’ordinanza), vera e propria scatola vuota che si progetta di impiegare per l’ottenimento di ulteriori finanziamenti garantiti, sicché l’inda era in concreto in condizione di intervenire per disperdere risultanze probato relative a tale nuova operazione». È di tutta evidenza che l’ordinanza impugnat ha, quindi, descritto un quadro chiaro e puntuale delle esigenze cautelari di peric di inquinamento probatorio di cui all’articolo 274, comma 1 lett. a) del codice rito. 2.2. Al pari manifestamente infondati sono i motivi di cui ai numeri 2 e 3, sotto diversi profili, lamentano l’erronea valutazione dei gravi indizi di reat hanno attinto il ricorrente. L’ordinanza del Tribunale del riesame, invece, motivato ampiamente sulla molteplicità e gravità degli indizi a carico di COGNOME, mol dei quali derivanti dal contenuto delle numerose intercettazioni telefoniche, particolare i colloqui con tale NOME COGNOME ritenuto il soggetto apicale sodalizio criminoso. In materia di intercettazioni, la Corte intende qui ribadi principio secondo cui l’interpretazione e la valutazione del contenuto de conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza d giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede d legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, Rv. 268389-01; Sez. u, n.22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715-01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Rv. 257784-01). Il giudice di merito è libero di ritenere c l’espressione adoperata assuma, nel contesto della conversazione, un significat criptico, specie allorché non abbia alcun senso logico nel contesto espressivo in c è utilizzata ovvero quando emerge, dalla valutazione di tutto il compless LVprobatorio, che l’uso di un determinato termine viene ~per indicare altr anche tenuto conto del contesto ambientale in cui la conversazione avviene (Sez. 3, n.35593 del 17/05/2016, Rv.267650-01). Inoltre, deve ricordarsi che, nell’attribui significato ai contenuti delle intercettazioni, siano esse conversazioni telefon ovvero SMS, il giudice del merito deve dare mostra dei criteri adottati per attribu un significato piuttosto che un altro. Tale iter argomentativo è certamente censurabile in cassazione, ma soltanto ove si ponga al di fuori delle regole de logica e della comune esperienza, mentre è possibile prospettare un’interpretazion del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di mer solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e l difformità risulti decisiva ed incontestabile (cfr. Sez.3, n.6722 del 21/11/20 dep.2018, n.272558-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In questo quadro, deve richiamarsi il costante insegnamento di questa Suprema Corte, secondo il quale, in presenza di un articolato compendio probatorio, non è consentito limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata dei singoli elementi, né procedere ad una mera sommatoria di questi ultimi, ma è necessario, preliminarmente, valutare i singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve trattarsi di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca valenza dimostrativa (di norma possibilistica) e successivamente procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la – astratta relativa ambiguità di ciascuno di essi isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” e cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana (ex multis, Sez. 1, n.51457 del 21/06/2017, Rv.271593-01; Sez. 1, n.20461 del 12/04/2016, Rv.266941-01; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Rv.258321-01).
Nel caso di esame i giudici della cautela hanno fatto corretto uso di siffatte coordinate ermeneutiche, ricostruendo in maniera coerente e compiuta l’intera vicenda ed il ruolo di ciascuno indagato e nello specifico i rapporti di Ferra con gli altri, GLYPH escludendo GLYPH possibili GLYPH interpretazioni GLYPH alternative GLYPH al GLYPH contenuto delle conversazioni intercettate che sono state correttamente valutate in maniera complessiva e non in modo atomistico, unitamente ad altri inconfutabili elementi probatori, come la dazione di 25.000,00 euro in contanti a NOME COGNOME effettuata senza una plausibile causale lecita, consegna ripresa dalle telecamere installate sul capannone di Cinisello, in INDIRIZZO. Né va sottaciuto che il ricorso non si è, sostanzialmente, confrontato con tali compiute motivazioni, limitandosi, sostanzialmente, a reiterare un’alternativa ricostruzione dei fatti, così incorrendo, peraltro, nel vizio di aspecificità del ricorso stesso.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si si ritiene equa di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa per le ammende.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
La Presidente