Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22455 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22455 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME NOME a SEGRATE il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a BIELLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Letti i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME, ritenuto che entrambi i motivi contenuti nel ricorso di COGNOME NOME, che lamentano rispettivamente la mancata derubricazione del delitto di rapina contestato nella fattispecie di cui all’art. 610 cod. pen. e l’omessa configurazione da parte del giudice di merito dell’ipotesi di connivenza non punibile, non sono consentiti perché fondati su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito alle pagg. 7-8 della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568-01; Sez. 4, n.18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Rv. 236945-01);
considerato che il primo motivo del ricorso di COGNOME NOME, nella parte in cui deduce l’insussistenza dell’elemento dell’impossessamento, risulta essere reiterativo di doglianze già vagliate e disattese dal giudice di merito con corretti argomenti logici e giuridici esposti a pag. 8 della sentenza impugnata ove si sottolinea la volontà di impossessarsi in modo non temporaneo dei beni delle persone offese; che occorre ribadire il principio di diritto affermato da questa Corte secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determiNOME (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo, Rv. 260608-01); la giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’appello, e motivatamente respinti in secondo grado, perché non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugNOME, ma si limita, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (Sez.2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01).
osservato che il secondo motivo contenuto nel ricorso di COGNOME che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze – in particolare lamentando la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza – non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di
ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto, in assenza di qualsiasi irragionevolezza, tra l’altro neanche allegata dalla difesa (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, Contaldo, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate del giudice del merito (si veda pag. 10 della sentenza impugnata) sono, pertanto, incensurabili tendendo l’argomentazione difensiva a proporre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede;
ritenuto che il terzo motivo del ricorso di COGNOME che denuncia violazione di legge in ordine alla misura dell’aumento di pena per la continuazione fra reati è manifestamente infondato; in tal senso si deve evidenziare come il ricorrente non abbia evidenziato una sproporzione dell’aumento in continuazione oggetto di decisione con ciò venendo meno al proprio onere di articolare specificamente sul punto in questione del trattamento sanzioNOMErio, non essendone stata evidenziata l’irragionevolezza e non avendo dedotto un interesse concreto ed attuale a sostegno della doglianza (Sez. U, n. 42127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269-01; n. Sez. U, n. 33040 del 26/02/2015, COGNOME, Rv. 264205-01; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, rv. 256464-01; Sez. 2, n. 26011 del 11/04/2019, COGNOME, Rv. 276117-01; Sez. 3, n.550 del 11/09/2019, dep. 2020, Pettè, Rv. 278279-01).
che l’obbligo è stato precisato nel senso che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultin rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia opera surrettiziamente un cumulo materiale di pene;
che tale onere argomentativo è stato nel caso di specie assolto (si veda, in particolare, pag. 10 della sentenza impugnata);
rilevato che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
K4
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali ed alla somma di euro tremila ciascuno in favore delle Cass delle ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2024
Il Consigliere Estensore
Il P sidente