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Ricorso per cassazione: inammissibile se ripetitivo

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione in materia di stupefacenti. L’impugnazione è stata respinta perché si limitava a ripetere le argomentazioni già presentate in appello, senza criticare specificamente le motivazioni della sentenza di secondo grado. La Corte ha confermato la correttezza della decisione impugnata sia sulla dosimetria della pena che sul diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: inammissibile se ripete i motivi dell’appello

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice fotocopia dell’atto di appello. Se i motivi sono identici e non contengono una critica argomentata della sentenza di secondo grado, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per un reato legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73 del D.P.R. 309/1990. L’imputato decide di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, contestando tre aspetti principali della sentenza della Corte d’Appello: l’affermazione della sua responsabilità penale, la quantificazione della pena (la cosiddetta dosimetria) e il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale.

Un ricorso per cassazione non specifico

La difesa dell’imputato ha sollevato dubbi sulla valutazione delle prove e ha criticato la pena inflitta, ritenendola eccessiva. Inoltre, ha sostenuto che il fatto fosse talmente lieve da meritare l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che avrebbe evitato la condanna. Tuttavia, la Suprema Corte ha immediatamente rilevato un vizio procedurale che ha tagliato corto a ogni discussione nel merito.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, qualificandolo come una ‘pedissequa reiterazione’ delle doglianze già esposte nell’atto di appello. I motivi presentati, infatti, erano stati già puntualmente analizzati e respinti dalla Corte d’Appello. Secondo la giurisprudenza consolidata, il ricorso per cassazione deve assolvere una funzione specifica: quella di muovere una critica argomentata e mirata contro la decisione impugnata. Non basta ripetere le stesse lamentele; è necessario spiegare perché la motivazione del giudice di secondo grado sia errata, illogica o contraddittoria.

La questione della dosimetria della pena

Anche riguardo alla dosimetria della pena, la Corte ha confermato la correttezza dell’operato dei giudici di merito. Viene ribadito che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice, il quale non è tenuto a fornire una motivazione analitica quando la sanzione si attesta su livelli inferiori alla media edittale. In questi casi, espressioni come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’ sono sufficienti. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva comunque sottolineato elementi di gravità, come la varietà delle sostanze stupefacenti e la presenza di una precedente condanna, giustificando così la pena inflitta.

Il diniego della particolare tenuità del fatto

Infine, per quanto riguarda il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte territoriale immune da vizi. Il giudizio sulla tenuità dell’offesa deve basarsi sui criteri dell’art. 133 c.p., ma non richiede un’analisi di tutti gli elementi. È sufficiente indicare quelli più rilevanti che ostano al riconoscimento del beneficio. Nel caso di specie, le modalità allarmanti dell’azione e i precedenti dell’imputato erano stati correttamente valutati come fattori impeditivi.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della decisione risiede nel principio di specificità dei motivi di ricorso. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un organo di legittimità. Il suo compito è controllare che la legge sia stata applicata correttamente, non rivalutare i fatti. Un ricorso che non si confronta con le ragioni della sentenza impugnata, ma si limita a riproporre le stesse questioni, è considerato ‘apparente’ e quindi non meritevole di esame. La Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello fosse ben motivata, logica e coerente con la giurisprudenza, rendendo sterile qualsiasi tentativo di rimettere in discussione le valutazioni già compiute.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per la pratica forense. Chi intende presentare un ricorso per cassazione deve studiare attentamente la motivazione della sentenza d’appello e costruire un’impugnazione che ne smonti, punto per punto, le argomentazioni giuridiche. La semplice riproposizione dei motivi d’appello è una strategia destinata al fallimento, che conduce a una declaratoria di inammissibilità e alla definitività della condanna. La decisione sottolinea inoltre l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione della gravità del reato, sia ai fini della pena che dell’applicazione di istituti come la particolare tenuità del fatto.

Quando un ricorso per cassazione è considerato inammissibile?
Secondo la Corte, un ricorso è inammissibile quando si limita a riproporre le stesse doglianze già presentate e respinte in appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

Come deve motivare il giudice la quantificazione della pena?
Per pene inferiori alla media edittale, è sufficiente una motivazione sintetica che faccia riferimento a criteri come ‘pena congrua’ o alla gravità del reato. Una spiegazione dettagliata è richiesta solo per pene significativamente superiori alla media.

Quali elementi possono escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Elementi come la varietà di sostanze stupefacenti possedute, le modalità allarmanti dell’azione e la presenza di una precedente condanna a carico dell’imputato possono essere considerati sufficienti a negare il beneficio della particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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