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Ricorso per cassazione: inammissibile se ripetitivo

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 2 dicembre 2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione in materia di stupefacenti. I motivi erano una mera riproposizione di questioni già esaminate e rigettate dalla Corte d’Appello, la quale aveva adeguatamente motivato la sussistenza di plurimi elementi a sostegno dell’accusa e il diniego delle attenuanti generiche.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: quando la ripetitività lo rende inammissibile

Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice ripetizione delle argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Quando i motivi sono meramente riproduttivi e non individuano vizi specifici nella sentenza impugnata, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo questa importante ordinanza per comprendere le ragioni dietro tale decisione.

I fatti del processo

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello nei confronti di un individuo per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. La difesa dell’imputato aveva contestato la decisione, presentando un ricorso per cassazione basato su due principali censure: un presunto vizio di motivazione riguardo alla destinazione della sostanza allo spaccio e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Secondo la difesa, gli elementi raccolti non erano sufficienti a provare l’intenzione di vendere la droga. Tuttavia, sia il Giudice di primo grado che la Corte d’Appello avevano ritenuto provata tale finalità sulla base di una serie di indizi convergenti.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione ripetitivo

La Suprema Corte ha esaminato i motivi proposti e li ha ritenuti inammissibili. I giudici hanno osservato che le doglianze sollevate non erano altro che una riproposizione delle stesse questioni già vagliate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, infatti, aveva fondato la sua decisione su plurimi elementi concreti, tra cui:

* La valutazione complessiva della condotta dell’imputato.
* La parziale suddivisione della sostanza in dosi.
* La presenza di nastro adesivo e un taglierino con tracce compatibili con l’attività di confezionamento.

La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti e le prove (valutazione di merito), ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che si limita a contestare la valutazione del giudice di merito, senza denunciare un errore logico o giuridico specifico e determinato, è considerato generico e, pertanto, inammissibile.

La decisione della Corte

Sulla base di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione si allinea a un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui non è consentito utilizzare il giudizio di legittimità come una terza istanza di merito.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio che il ricorso per cassazione deve avere una funzione critica e non meramente ripetitiva. I motivi devono individuare con precisione il vizio della sentenza impugnata, che sia esso un’errata interpretazione della legge (errore di diritto) o un’evidente illogicità nel ragionamento del giudice che ha portato alla decisione (vizio di motivazione). Nel caso di specie, i motivi erano ‘apparentemente’ critici ma, in sostanza, si limitavano a riproporre le stesse argomentazioni difensive già correttamente confutate dalla Corte d’Appello con una motivazione logica e adeguata. L’inammissibilità deriva quindi sia dalla genericità delle censure, sia dall’insindacabilità delle valutazioni di merito compiute dai giudici dei gradi precedenti, quando queste siano supportate da un ragionamento coerente.

Le conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per avere successo, un ricorso per cassazione deve essere strutturato in modo specifico, evidenziando le precise violazioni di legge o le palesi contraddizioni logiche della sentenza impugnata. Non è sufficiente manifestare un generico dissenso con la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. La decisione riafferma la natura del giudizio di legittimità come controllo sulla corretta applicazione delle norme, e non come un’ulteriore opportunità per ridiscutere le prove. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la redazione di un ricorso efficace richiede un’analisi tecnica e puntuale, volta a smascherare i vizi specifici del provvedimento e non a riproporre sterilmente le medesime difese.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano una mera riproposizione di questioni già esaminate e motivatamente respinte dalla Corte d’Appello, risultando quindi generici e non idonei a evidenziare un vizio di legittimità.

Quali elementi sono stati considerati sufficienti per provare la destinazione allo spaccio?
I giudici di merito hanno ritenuto sufficienti una serie di elementi valutati nel loro complesso: la condotta dell’imputato, la parziale suddivisione della sostanza in dosi, e il ritrovamento di nastro adesivo e un taglierino con segni di utilizzo per il confezionamento.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione dei fatti operata dalla Corte d’Appello?
No, non è possibile contestare la valutazione dei fatti (giudizio di merito) se questa è adeguatamente e logicamente motivata. Il ricorso per cassazione può denunciare solo errori di diritto o vizi logici evidenti e determinanti nel ragionamento del giudice, non una diversa interpretazione delle prove.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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