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Ricorso per cassazione: inammissibile se non sottoscritto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso per cassazione avverso una condanna per ricettazione. L’appello era stato proposto personalmente dall’imputato, in violazione dell’art. 613 c.p.p. che impone, a pena di inammissibilità, la sottoscrizione da parte di un difensore iscritto all’albo speciale. La Corte ha ribadito che neanche la firma di un avvocato non cassazionista può sanare il vizio, condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione: Guida ai Requisiti di Ammissibilità

Il ricorso per cassazione rappresenta l’ultimo baluardo della giustizia, un procedimento delicato governato da regole procedurali estremamente rigorose. Una recente ordinanza della Suprema Corte ci ricorda quanto sia fondamentale rispettare tali formalità, pena la dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato personalmente dall’imputato, una mossa che si è rivelata fatale per le sue speranze di ottenere una revisione della condanna.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di ricettazione, seppur riconosciuta nella sua forma di lieve entità. La sentenza, emessa in primo grado dal Tribunale di Milano, è stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Milano.

Non rassegnato, l’imputato ha deciso di presentare un ricorso per cassazione, lamentando una mancata valutazione da parte dei giudici di merito riguardo alla possibile sussistenza di cause di non punibilità, come previsto dall’articolo 129 del codice di procedura penale. Tuttavia, il problema non risiedeva nel merito delle sue doglianze, ma nel modo in cui il ricorso è stato presentato.

La Decisione della Corte sul ricorso per cassazione

La Corte di Cassazione, con una decisione presa de plano (cioè senza udienza pubblica, sulla base degli atti), ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione è netta e insuperabile: l’impugnazione è stata proposta personalmente dall’imputato e non, come richiesto dalla legge, tramite un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.

Le Motivazioni: L’Art. 613 c.p.p. e il Ruolo del Difensore Cassazionista

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione e applicazione dell’articolo 613 del codice di procedura penale. A seguito delle modifiche introdotte con la legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), la norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale, comunemente detto “cassazionista”.

La Corte ha specificato che la natura personale dell’atto di impugnazione non permette deroghe. Sono state considerate irrilevanti due circostanze che avrebbero potuto, in apparenza, sanare il vizio:

1. L’autenticazione della firma: L’eventuale autenticazione della firma dell’imputato da parte di un legale non conferisce validità all’atto.
2. La firma “per accettazione”: Anche la sottoscrizione di un difensore “per accettazione” del mandato non è sufficiente, poiché non attribuisce al legale la titolarità dell’atto di impugnazione, che rimane formalmente in capo all’imputato.

La Suprema Corte ha inoltre esaminato un’altra potenziale via d’uscita, ovvero l’ipotesi che la firma di un avvocato (apposta in calce alla prima pagina del ricorso digitale) potesse essere interpretata come una volontà di fare propria l’impugnazione. Anche questa strada è stata sbarrata, poiché un’attestazione del foro di appartenenza ha confermato che il legale in questione non era un avvocato cassazionista.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: le porte della Corte di Cassazione si aprono solo rispettando scrupolosamente le regole procedurali. La necessità di un difensore cassazionista non è una mera formalità, ma una garanzia di tecnicismo e competenza in un grado di giudizio dove si discutono esclusivamente questioni di diritto.

Le conseguenze dell’inammissibilità sono severe. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato l’importo sulla base della “colpa ravvisabile” nella proposizione di un ricorso palesemente viziato. Questa decisione serve da monito: il fai-da-te processuale, specialmente nei gradi più alti della giustizia, è una strada destinata al fallimento e a costi aggiuntivi.

Un imputato può presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché proposto personalmente dall’imputato. L’articolo 613 del codice di procedura penale richiede tassativamente che l’atto sia sottoscritto da un difensore iscritto all’albo speciale dei cassazionisti.

La firma di un qualsiasi avvocato è sufficiente per rendere valido un ricorso per cassazione?
No. L’ordinanza chiarisce che il difensore che sottoscrive il ricorso deve essere un “cassazionista”, cioè abilitato al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori. La firma di un avvocato non iscritto a tale albo speciale non sana l’inammissibilità del ricorso.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile per un vizio di forma?
In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, la parte che ha presentato il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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