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Ricorso per cassazione: inammissibile se generico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di tre persone condannate per furto aggravato. Il motivo è la genericità dell’appello, che contestava l’eccessività della pena senza specificare gli errori del giudice. La sentenza ribadisce che il ricorso per cassazione deve contenere censure precise e non può limitarsi a chiedere una nuova valutazione dei fatti.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione: Perché la Genericità dei Motivi Porta all’Inammissibilità

Un ricorso per cassazione deve essere redatto con precisione chirurgica, indicando in modo specifico le violazioni di legge commesse dal giudice di grado inferiore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda questo principio fondamentale, dichiarando inammissibile l’appello di tre imputati che lamentavano un’eccessiva sanzione penale in modo del tutto generico. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere i requisiti di un ricorso efficace.

I Fatti del Caso

Tre individui, condannati in primo e secondo grado per una serie di furti aggravati, hanno presentato ricorso alla Suprema Corte. L’unico motivo di doglianza riguardava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo. Tuttavia, invece di articolare una critica puntuale alla sentenza impugnata, i ricorrenti si sono limitati a un generico richiamo agli articoli 132 e 133 del codice penale, che disciplinano i criteri di commisurazione della pena.

Il ricorso per cassazione e la censura di genericità

La Corte di Cassazione ha immediatamente rilevato la carenza principale dell’atto: la sua genericità e indeterminatezza. Secondo i giudici, il ricorso era privo dei requisiti essenziali previsti dall’articolo 581, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale. Tale norma impone di enunciare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono ogni richiesta. Nel caso di specie, i ricorrenti non hanno indicato quali elementi, tra quelli previsti dagli articoli 132 e 133 c.p., sarebbero stati erroneamente valutati o omessi dalla Corte d’Appello. Si sono limitati a lamentare un’omessa valutazione delle censure già mosse nell’atto di appello, senza però riesporne il contenuto. Questo approccio, secondo la Corte, rende il ricorso inammissibile perché impedisce di individuare le questioni specifiche su cui si chiede il giudizio di legittimità.

La Discrezionalità del Giudice di Merito nella Determinazione della Pena

L’ordinanza ribadisce un caposaldo della giurisprudenza: la determinazione dell’entità della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge.

I Limiti del Sindacato di Legittimità

La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio in cui si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Pertanto, una censura che mira a ottenere una nuova valutazione sulla congruità della pena è inammissibile se la decisione del giudice di merito non è frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario e se è sorretta da una motivazione sufficiente. Nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata a pagina 6 della sua sentenza, assolvendo così al proprio onere argomentativo.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha fondato la sua decisione di inammissibilità su due pilastri. In primo luogo, la violazione dell’art. 581 c.p.p., a causa della genericità e indeterminatezza dei motivi del ricorso, che si limitavano a rinviare genericamente ad altri atti senza specificare le censure. In secondo luogo, il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la graduazione della pena è un’attività discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e sufficiente. Il ricorso che si limita a contestare l’adeguatezza della pena senza dimostrare un vizio logico o una violazione di legge si traduce in una richiesta di nuova valutazione dei fatti, preclusa alla Corte di Cassazione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per contestare efficacemente un trattamento sanzionatorio in Cassazione, non basta affermare che la pena è eccessiva. È indispensabile redigere un ricorso per cassazione dettagliato, che individui con precisione i passaggi illogici della motivazione del giudice di merito o le specifiche norme di legge che si ritengono violate nel processo di commisurazione della pena. In assenza di una critica specifica e puntuale, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente definitività della condanna.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato respinto?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché formulato in modo generico e indeterminato. Non specificava in dettaglio quali principi legali il giudice d’appello avesse violato nel determinare la pena, limitandosi a un richiamo vago alla legge.

La Corte di Cassazione può ridurre una pena se la ritiene troppo alta?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare l’adeguatezza della pena. Questa decisione rientra nella discrezionalità del giudice di merito (primo grado e appello) e può essere annullata solo se la motivazione è palesemente illogica, arbitraria o del tutto assente.

Cosa è necessario per un valido ricorso per cassazione che contesta l’entità della pena?
È necessario che il ricorso indichi in modo preciso le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che dimostrano un errore del giudice inferiore. Non è sufficiente affermare che la pena è eccessiva, ma bisogna spiegare perché la decisione del giudice è viziata da illogicità o violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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