Inammissibilità del Ricorso per Cassazione: Il Principio di Autosufficienza
Un ricorso per cassazione non è una semplice terza istanza di giudizio, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione delle norme di diritto. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione lo ribadisce con forza, dichiarando inammissibile l’appello di un professionista e sottolineando l’importanza cruciale del principio di autosufficienza. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere i requisiti formali che possono determinare l’esito di un giudizio davanti alla Suprema Corte, anche quando la responsabilità penale è ormai prescritta.
Il Contesto: Responsabilità Civile e Prescrizione Penale
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condotta di un progettista e direttore dei lavori, ritenuto responsabile per non aver rilevato e gestito adeguatamente una grave difformità in un cantiere. Il progetto originale prevedeva opere di modesta entità, come un parziale livellamento e un piccolo muro di contenimento. In realtà, era stato realizzato un imponente fronte di scavo che, essendo instabile, avrebbe richiesto opere di sostegno ben più significative. Questa omissione ha portato a un crollo, innescando un procedimento penale.
Al momento della decisione di secondo grado, il reato era già caduto in prescrizione. Tuttavia, la Corte d’Appello ha comunque accertato la colpa del professionista ai soli fini della responsabilità civile, confermando la sua condanna al risarcimento dei danni.
Le Argomentazioni del Ricorrente e il vizio del ricorso per cassazione
Di fronte alla condanna, il professionista ha presentato un ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due punti principali:
1. Anteriorità dei lavori: Sosteneva che le opere che avevano causato il crollo fossero state eseguite prima che lui assumesse la direzione dei lavori.
2. Responsabilità concorrente: Indicava una corresponsabilità del geologo coinvolto nel progetto.
Per avvalorare le sue tesi, il ricorrente faceva riferimento a specifiche prove emerse durante il processo, come la deposizione di un testimone. Ed è proprio qui che si è manifestato il vizio fatale del suo ricorso.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità per Genericità
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione non è entrata nel merito delle argomentazioni difensive, ma si è fermata a un livello precedente, quello dei requisiti formali. I giudici hanno ritenuto le obiezioni del professionista di natura ‘meramente confutativa’, ovvero semplici contestazioni delle conclusioni della Corte d’Appello, senza però smontarne il percorso logico-giuridico.
Il problema principale, però, è stato la violazione del principio di autosufficienza. Il ricorrente aveva menzionato la deposizione di un testimone a suo favore, ma non ne aveva trascritto integralmente il contenuto né aveva allegato il verbale al ricorso. Questo ha reso impossibile per la Corte di Cassazione valutare la pertinenza e la fondatezza della sua doglianza.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte sono state chiare e perentorie. Un ricorso per cassazione, per non essere considerato generico e quindi inammissibile, deve essere ‘autosufficiente’. Ciò significa che deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a comprendere le censure mosse alla sentenza impugnata, senza che i giudici debbano ricorrere a fonti esterne o ad altri atti del processo. Citare un documento o una testimonianza senza riportarne il contenuto specifico equivale a non fornire alla Corte gli strumenti per decidere.
La Corte ha richiamato la sua giurisprudenza consolidata, secondo cui i motivi che denunciano vizi di logicità della motivazione sono inammissibili se, pur richiamando atti specifici, non ne contengono l’integrale trascrizione o allegazione. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito fondamentale per chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione. Non è sufficiente essere convinti delle proprie ragioni nel merito; è indispensabile costruire un atto processualmente impeccabile. Il principio di autosufficienza non è un mero formalismo, ma una garanzia della funzione della Corte di legittimità, che non riesamina i fatti, ma valuta la corretta applicazione del diritto sulla base di quanto esposto nel ricorso. Omettere elementi essenziali, come la trascrizione di prove documentali o testimoniali, rende il ricorso debole, generico e, come in questo caso, inevitabilmente destinato all’inammissibilità.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente per la violazione del principio di autosufficienza. Il ricorrente ha fatto riferimento a prove testimoniali a suo favore senza però trascriverle integralmente o allegarle, rendendo i motivi di ricorso generici e non valutabili dalla Corte di Cassazione.
Anche se il reato è prescritto, si può essere condannati al risarcimento del danno?
Sì. L’ordinanza conferma che la prescrizione del reato non elimina la responsabilità civile. I giudici possono accertare la colpa dell’imputato ai soli fini della condanna al risarcimento dei danni, come avvenuto in questo caso.
Cosa significa “principio di autosufficienza” in un ricorso per cassazione?
Significa che il ricorso deve contenere tutti gli elementi necessari (fatti, atti processuali, prove citate) per permettere alla Corte di Cassazione di decidere sulla base del solo testo del ricorso, senza dover cercare o consultare altri documenti non allegati o trascritti integralmente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11642 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11642 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FOGGIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/06/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato che i giudici di merito hanno convenientemente illustrato le ragioni che li hanno condotti a ritenere – agli esclusivi fini della responsabilità civile, essendo già maturata, all’atto della decisione di secondo grado, la prescrizione del reato oggetto di addebito – la colposità del contegno di NOME COGNOME il quale, progettista e direttore delle opere architettoniche, omise, al pari del coimputato NOME COGNOME, di rilevare la difformità dell’area rispetto a quanto da lui stesso previsto nel progetto (nel quale si chiariva che non sarebbero state realizzate opere di sbancamento, ma solo il parziale livellamento della scarpata esistente e la costruzione di un muro di contenimento di modestissima altezza) e, specificamente, della realizzazione di un fronte di scavo che non poteva essere ritenuto «stabile», ciò che avrebbe imposto l’adozione delle precauzioni necessarie, nel senso sia dell’approfondimento delle valutazioni che della costruzione di idonee opere di sostegno;
che, a fronte di un percorso argomentativo lineare e coerente, il ricorrente frappone obiezioni di natura meramente confutativa, vedenti, in sostanza, sul postulato (espressamente smentito, con convincenti argomentazioni, dalla Corte di appello) dell’esecuzione delle opere che hanno cagioNOME il crollo in epoca asseritamente precedente all’assunzione, da parte dell’imputato, della direzione dei lavori architettonici, oltre che sulla concorrente responsabilità del geologo NOME, che, per di più, si imperniano su evidenze istruttorie (la deposizione del teste COGNOME) che non risultano allegate al ricorso, onde pertinente si palesa, sul punto, il rìchìamo all’indirizzo ermeneutico secondo cui «In tema dì ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, i motivi che deducano il vizio di manifesta illogicità o contraddittorietà della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione» (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv. 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamottì, Rv. 265053; Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263601);
che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso il 19/12/2023.