Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20373 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20373 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Montefalco il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/11/2023 del Tribunale di Roma
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Depositata in Cancelleria
Og,
23 MAG, 2024
IARla
IL
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13/11/2023, il Tribunale di Roma rigettava l’istanza di riesame proposta, nell’interesse di COGNOME NOME, avverso il decreto di perquisizione e sequestro probatorio emesso in data 12.10.2023 dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Tivoli in relazione ai reati di cui agli artt. 5 quater e sexies cod.pen.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce, con riferimento al decreto di sequestro, violazione dell’art. 253 cod.proc.pen. in relazione agli artt. 309 e 324 cod.proc.pen. e difetto di motivazione.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale aveva espresso una motivazione meramente apparente in ordine alla rilevanza artistico-archeologica dell’affresco in sequestro ed alla sussistenza delle esigenze cautelari; in particolare, il Collegio cautelare non aveva tenuto conto che il sequestro aveva ad oggetto una copia dell’affresco che nella sua integrità si trova in luogo pubblico, come da documentazione fotografica depositata in udienza; evidenzia, inoltre, che non era stato ascoltato, prima dell’emissione del decreto di sequestro, l’autore della copia dell’affresco che avrebbe confermato che si trattava di una copia del dipinto originale.
Con il secondo motivo deduce, con riferimento al decreto di perquisizione, violazione degli artt. 247,248, 292 comma 2 lett. B-C e C-bis in relazione agli artt. 309 e 324 cod.proc.pen.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale non aveva tenuto conto che, come da giurisprudenza della Corte di cassazione, presupposto per la legittima emissione di un decreto di sequestro è l’adeguata contestazione di reato nei suoi estremi fattuale; nella specie, con riferimento al decreto di sequestro dell’affresco, la prova certa del fatto che non trattavasi di opera d’arte era facilmente riscontrabile mediante sopralluogo, mentre, con riferimento al decreto di perquisizione emergeva la carenza degli elementi minimali che ne potessero giustificare l’emissione; il Tribunale del riesame aveva integrato il contenuto dei decreti con elementi di fatto inconferenti ed insufficienti; inoltre, il Tribunale aveva ritenu erroneamente che nel decreto di perquisizione era stata indicata in maniera adeguata la finalità perseguita; rimarca che sarebbe stato sufficiente adottare un ordine di esibizione della documentazione in possesso del ricorrente per esaminare e tracciare il trasferimento degli oggetti acquistati dal ricorrente dalla RAGIONE_SOCIALE.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e dei decreti di perquisizione e sequestro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve rilevarsi che nonostante si dichiari in ricorso che i m tivi sono rivolti alla formulazione di doglianze concernenti la violazione di legge, essi in realtà si risolvono nella formulazione di rilievi concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, come è noto, non è consentito proporre in questa sede, in quanto il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in sede di riesame di provvedimenti di sequestro (probatorio o preventivo) può essere proposto esclusivamente per violazione di legge, in tale nozione ricomprendendosi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo” che quei vizi dell’a motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice ( Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008, COGNOME, Rv. 239695; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893)
Il Collegio cautelare nell’ordinanza impugnata ha ampiamente e congruamente argomentato in relazione al fumus commissi delicti ed alla finalità probatoria della disposta misura reale (p 2, 3, 4 dell’ordinanza impugnata).
Le censure mosse in questa sede dal ricorrente sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre in questa sede.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/04/2024