Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27069 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27069 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Taranto il 13/06/1985;
avverso l’ordinanza emessa in data 14/11/2024 dal Tribunale di Potenza visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udite le conclusioni degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Potenza ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME e ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Potenza che in data 22 ottobre 2024 ha disposto nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.
In queste ordinanze COGNOME è stato ritenuto gravemente indiziato dei delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo 1) e di lesioni aggravate (capo 22).
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di COGNOME hanno proposto ricorso avverso tale decreto e ne hanno chiesto l’annullamento, deducendo due motivi.
L’avvocato NOME COGNOME ha dedotto due motivi.
3.1. Il difensore, con il primo motivo, ha censurato la manifesta illogicità della motivazione in relazione al delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso contestata al capo 1).
Secondo l’ipotesi di accusa, il ricorrente sarebbe membro della confederazione dei clan mafiosi COGNOME–COGNOME; il clan COGNOME si sarebbe, infatti, federato con il clan COGNOME, originario di Taranto e, da diversi anni, avrebbe esteso il proprio raggio di azione anche nel territorio della costa ionica lucana.
Questa federazione avrebbe tratto origine in data 11 aprile 2014 dalla costituzione della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, che rappresenterebbe il fulcro intorno al quale si sarebbe cementato l’accordo criminoso.
La nuova associazione a delinquere, in particolare, sarebbe stata dedita alla realizzazione di c.d. estorsioni ambientali dei pescatori professionali operanti sul litorale ionico lucano.
Il difensore rileva, tuttavia, che il ricorrente non è risultato coinvolto in alcune di queste attività illecite; la sua intraneità all’organizzazione mafiosa, inoltre, non può essere inferita dalla caratura criminale di suo padre, NOME COGNOME peraltro deceduto in data 29 dicembre 2019.
NOME COGNOME nel processo c.d. Octopus non sarebbe stato indagato per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. e, comunque, la Corte di appello di Lecce ha assolto tutti gli imputati da tale accusa perché il fatto non sussiste.
All’esito di questo processo il ricorrente è stato assolto dal delitto di trasferimento fraudolento di valori e ha ottenuto la restituzione dello stabilimento balneare “Lo INDIRIZZO“, ritenuto di sua legittimità proprietà.
L’amministratrice della società che gestiva lo stabilimento era peraltro la madre del ricorrente e, a seguito di applicazione dell’interdittiva antimafia, il ricorrente non ha avuto più alcun legamento con lo stabilimento.
Illogica sarebbe, inoltre, l’interpretazione del Tribunale di Potenza degli elementi indizianti del c.d. inchino del sindaco di Scanzano Jonico la mattina del 15 agosto 2024, che avrebbe fatto fermare, durante la processione della Vergine del Mare, la statua e il corteo religioso innanzi allo stabilimento “Lo squalo”, della spendita del nome per evitare i pagamenti e dell’aggressione di cui al capo 22).
Il Tribunale del riesame non avrebbe tenuto conto delle dichiarazioni rese spontaneamente dallo COGNOME il quale ha precisato che in data 15 agosto 2024 non era presente presso il lido e ha escluso che ilSndaco si sia levato la fascia tricolore per farla indossare alla sua compagna, che era con il ricorrente nel camping “Due barche”.
Parimenti il Tribunale del riesame avrebbe affermato in modo solo apodittico che la spendita del nome COGNOME avrebbe intimidito la popolazione di Policoro e consentito al ricorrente di evitare pagamenti.
L’aggressione contestata al capo 22) dell’imputazione cautelare sarebbe, inoltre, stata ricostruita dai giudici del riesame illogicamente come un litigio per la tutela del sodalizio mafioso, in quanto COGNOME sarebbe intervenuto in difesa del giovane NOME COGNOME e la lettura delle intercettazioni sarebbe errata sul punto.
La vittima, NOME COGNOME sarebbe, peraltro, stato un pusher del medesimo sodalizio criminoso e questo escluderebbe la finalità mafiosa dell’aggressione.
3.2. Con il secondo motivo, il difensore ha dedotto l’insussistenza delle esigenze cautelari, quale conseguenza della carenza della gravità indiziaria.
Il ricorrente attualmente vive con la propria famiglia ad Altamura, distante oltre novanta chilometri da Scasano Jonico, e lavora presso un panificio come operaio.
COGNOME avrebbe, peraltro, scontato la pena alla quale è stato condannato per estorsione nel processo Octopus (un mero “cavallo di ritorno” e non un delitto di mafia) e ha correttamente e integralmente svolto il periodo di affidamento ai servizi sociali. Non vi sarebbe, inoltre, alcun pericolo di inquinamento della prova.
L’avvocato NOME COGNOME ha dedotto tre motivi.
4.1. Con il primo motivo il difensore ha censurato la manifesta illogicità e la mancanza della motivazione in ordine alla gravità indiziaria del reato associativo contestato.
Il Tribunale del riesame non avrebbe, infatti, motivato sulla natura illecita della cooperativa RAGIONE_SOCIALE, considerata in modo apodittico uno schermo societario per commettere attività illecite.
Le conversazioni captate, peraltro, sarebbero rimaste prive di riscontri oggettivi e individualizzanti.
Non sarebbero statLindicate le condotte minatorie per ottenere il pagamento di un “obolo” per svolgere la pesca o i danneggiamenti asseritamente commessi ai danni dei pescatori.
Il Tribunale del riesame non avrebbe indicato condotte idonee a dimostrare
la condotta di partecipazione del ricorrente al sodalizio mafioso; nelle dichiarazioni spontanee rese all’udienza del 12 novembre 2024 l’indagato avrebbe ammesso il delitto di lesioni personali ai danni di COGNOME, ma solo per difendere NOME COGNOME e non già in un’ottica mafiosa, ma solo personale.
L’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., dunque, sarebbe insussistente.
4.2. Il difensore con il secondo motivo ha censurato l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche disposte con R.I.T. 721/2023, e, in particolare, le intercettazioni prog. 237 del 26 agosto 2023, prog. 2420 dell’Il ottobre 2023 e prog. 3595 dell’8 novembre 2023, in quanto i decreti autorizzativi, essendo stati motivati per relationem, riportando frasi generiche o apodittiche, o richiamando, peraltro in modo incompleto, le richieste della polizia giudiziaria, sarebbero privi di motivazione.
4.3. Con il terzo motivo il difensore ha eccepito l’insussistenza delle esigenze cautela ri .
La misura della custodia cautelare in carcere è eccessivamente gravosa e le esigenze cautelari ritenute sussistenti potrebbero essere soddisfatte a mezzo della meno afflittiva misura degli arresti domiciliari.
La motivazione relativa alle esigenze cautelari, alla loro concretezza e attualità, sarebbe solo, peraltro, apparente.
L’unico episodio delittuoso che renderebbe COGNOME partecipe dell’associazione sarebbe l’aggressione contestata al capo 22), che sarebbe stata commessa nel 2021 e, dunque, quasi tre anni e mezzo prima dell’emissione dell’ordinanza cautelare.
Con istanza depositata in data 3 aprile 2025 l’avvocato NOME COGNOME ha chiesto la trattazione orale del ricorso.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 10 aprile 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto i motivi proposti sono diversi da quelli consentiti dalla legge o, comunque, manifestamente infondati.
L’avvocato NOME COGNOME con il primo motivo di ricorso proposto
nell’interesse di NOME COGNOME ha censurato l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche e tra presenti in quanto i decreti autorizzativi, essendo stati motivati per relationem, riportando frasi generiche o apodittiche, o richiamando, peraltro in modo incompleto, le richieste della polizia giudiziaria, sarebbero privi di motivazione.
Il motivo è inammissibile per aspecificità, in quanto si risolve nella citazione di principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di motivazione dei decreti autorizzativi o di proroga delle intercettazioni, ma privi di minimali riferimenti a quelli adottati nel presente procedimento.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, è inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di ricorso che si risolveva nella mera enunciazione dei principi giurisprudenziali (ex plurimis: Sez. 4, n. 38202 del 07/07/2016, COGNOME, Rv. 267611).
Inoltre, nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, La Gumina, Rv. 269218; Sez. 6, n. 18764 del 05/02/2014, COGNOME, Rv. 259452); questo onere non è stato assolto dal difensore del ricorrente.
L’avvocato NOME COGNOME e L’avvocato NOME COGNOME, con il primo motivo dedotto nei propri ricorsi, hanno censurato la manifesta illogicità della motivazione in relazione al .delitto di associazione a delinquere di tipo mafioso contestata al capo 1).
I motivi sono, tuttavia, inammissibili per aspecificità in quanto non si ! confrontano con la motivazione dell’ordinanza impugnata, ma ne contestano singoli frammenti, e si risolvono nella sollecitazione a pervenire ad un rinnovato esame delle risultanze di merito, non consentita in sede di legittimità.
I motivi di ricorso, infatti, si incentrano sulla proposizione di una ricostruzione fattuale antagonista rispetto a quella delineata dall’ordinanza impugnata.
I motivi, dunque, pur quando deducono il vizio di violazione di legge, sono volti ad ottenere una rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dal Tribunale del riesame e si riducono ad una mera contestazion d…
delle risultanze emerse dalla motivazione, con riferimento a ciascuna imputazione cautelare, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un’effettiva illogicità o carenza della motivazione su punti decisivi della regiudicanda cautelare.
Esula, tuttavia, dai poteri della Corte di cassazione quello di una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944).
Per il disposto dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio della motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere “interno” all’atto-sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del materiale probatorio, perché in tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non è ammissibile nel giudizio di legittimità (ex plurimis: Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01).
E’, dunque, inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita (ex plurimis: Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, E., Rv. 276566; Sez. 5, n. 44992 del 09/10/2012, Aprovitola, Rv. 253774).
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, con il secondo motivo dei propri ricorsi, hanno eccepito lizzi= l’insussistenza delle esigenze cautelari, quale conseguenza della carenza della gravità indiziaria.
7. Anche questi motivi sono inammissibili.
In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca l’assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (ex plurimis: Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628).
Il Tribunale del riesame ha, peraltro, congruamente motivato la sussistenza delle esigenze cautelari in ragione del ruolo apicale assunto dal ricorrente nel
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sodalizio mafioso e in applicazione della doppia presunzione sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., peraltro non considerata nei ricorsi.
8. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma
1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13
giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso siano stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della
il causa di inammissibilità», deve, altresì, disporsi che
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.