Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 17/03/1970
avverso la sentenza del 11/10/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
Ricorso trattato ai sensi dell’art. 23 comma 8 D.L. 137/2020.
RITENUTO IN FATTO
1.11 sig. NOME COGNOME ricorre per l’annullamento della sentenza dell’11/10/2022 della Corte di appello di Milano che, rigettando la sua impugnazione, ha confermato la condanna alla pena (principale) di sei mesi di reclusione, oltre pene accessorie, irrogata con sentenza del 19/05/2021 del Tribunale di Milano per il reato di cui all’art. 10-ter, d.lgs. n. 74 del 2000, contestato come commesso in Milano il 27/12/2016 con recidiva qualificata.
1.1.Con il primo motivo deduce la nullità assoluta ed insanabile della notificazione del decreto di citazione diretta a giudizio siccome effettuata a mezzo posta elettronica certificata al difensore nella sua qualità e non all’imputato.
1.2.Con il secondo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata in conseguenza della omessa notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello essendo stata effettuata esclusivamente al difensore netla sua qualità.
1.3.Con il terzo motivo deduce l’erronea applicazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen., essendo stata erroneamente ritenuta la recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale in presenza di un solo precedente, nemmeno della stessa indole. Lamenta, al riguardo, il sostanziale travisamento del certificato penale dal quale risulta che egli è stato condannato una sola volta, con sentenza divenuta irrevocabile il 31/03/2019.
Lamenta, altresì, la decisione del GIP (qualificata dal ricorrente come abnorme) di non accogliere la richiesta del PM di emissione del decreto penale di condanna, decisione motivata con ragioni di mera opportunità (tali sono quelle relative alla non meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche), oltretutto non fondate perché basate sulla affermata sussistenza di precedenti in realtà inesistenti alla data di presentazione della domanda di decreto penale.
1.4.Con il quarto motivo deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione del diritto di difesa, non essendo stato celebrato il processo di appello in pubblica udienza come formalmente richiesto ai sensi dell’art. 23-bis, comma 4, d.l. n. 137 del 2020.
1.5.Con il quinto motivo deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale sotto il profilo della mancata assoluzione per insussistenza dell’elemento soggettivo in considerazione della crisi di liquidità (dovuta all’incidenza dei costi sul fatturato e al mancato incasso delle somme fatturate).
1.6.Con il sesto motivo lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva relativa alle proprie pessime condizioni fisiche al momento dei fatti che gli avevano impedito di gestire direttamente e personalmente le dinamiche societarie, tant’è vero che la dichiarazione IVA era stata trasmessa il 30/09/2016
dal commercialista (NOME COGNOME senza alcuna valutazione o approvazione del legale rappresentante della società.
1.7.Con il settimo motivo deduce il vizio di contraddittorietà estrinseca della motivazione per contrasto con specifici atti del procedimento penale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile.
3.Devono preliminarmente essere esaminati i motivi di natura processuale.
3.1.11 primo ed il secondo motivo sono manifestamente infondati e deducono fatti processuali non veri.
3.2.11 decreto di citazione diretta a giudizio, infatti, è stato notificato al ricorrente mediante pec inviata il 09/09/2019 al difensore di fiducia quale domiciliatario elettivo. Anche il decreto di citazione in appello è stato notificato al ricorrente mediante pec inviata il 09/05/2022 al difensore di fiducia quale domiciliatario elettivo.
3.3.11 quarto motivo è anch’esso manifestamente infondato.
3.4.11 ricorrente aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado con atto del 23/07/2021.
3.5.Ai sensi dell’art. 23-bis, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con modificazioni dalla legge 18/12/2020, n. 176, « decorrere dal 9 novembre 2020 e fino al 31 luglio 2021, fuori dai casi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello procede in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l’imputato manifesti la volontà di comparire»; ai sensi del successivo comma 4, «a richiesta di discussione orale formulata per iscritto dal pubblico ministero o dal difensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso i canali di comunicazione, notificazione e deposito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l’imputato formula, a mezzo del difensore, la richiesta di partecipare all’udienza».
3.6.L’applicazione della norma a periodi successivi al 31/07/2021 è stata nel tempo disposta da varie disposizioni di legge e, per quanto qui rileva, dall’art. 16, comma 1, d.l. 30/12/2021, n. 228, conv. con modificazioni dalla legge 25/02/2022, n. 15, che l’ha estesa fino al 31/12/2022, con l’esclusione dei soli
procedimenti per i quali l’udienza di trattazione era stata fissata tra il 10 gennaio 2022 e il 31 gennaio 2022.
3.7.Nel caso di specie l’udienza era stata fissata il 12/09/2022 e la richiesta di trattazione orale era stata depositata il 01/08/2022.
3.8.Trattandosi di termine finale e libero, vanno esclusi dal computo il “dies a quo” nonché il “dies ad quem”, come affermato dall’art. 175, comma 5, cod. proc. pen., e dallo stesso art. 23-bis, comma 4, cit. (Sez. 3, n. 30333 del 23/04/2021, COGNOME, Rv. 281726 – 01; Sez. 1, n. 16356 del 20/0:3/2015, COGNOME, Rv. 263322 – 01; Sez. 1, n. 3559 del 23/05/1996,, COGNOME, Rv. 205316 – 01).
3.9.11 superamento del termine, di natura perentoria, ha determinato il consolidamento della forma scritta della trattazione, forma non più retrattabile, con la conseguente impermeabilità del processo alle vicende personali dell’imputato ma anche alle ragioni del rinvio della trattazione scritta diverse dalla nullità degli atti introduttivi e dunque dalla non corretta instaurazione del contraddittorio. In buona sostanza, il rinvio del processo non rimette in termini l’imputato che abbia fatto tardiva richiesta di trattazione orale.
4.11 terzo motivo è generico e manifestamente infondato.
4.1.11 Tribunale aveva applicato la contestata recidiva qualificata in considerazione dei precedenti specifici a carico dell’imputato «(già dichiarato recidivo con reiterazione), di cui tre irrevocabili nel quinquennio precedente la condotta contestata nell’odierno processo, uno dei quali pure specifico». Il reato per il quale si procede era stato considerato dal Tribunale una rinnovata manifestazione dell’atteggiamento di totale indifferenza e avversione verso le leggi già dimostrata in passato. Il fatto che non fosse trascorso un apprezzabile lasso di tempo tra il passaggio in giudicato dell’ultima condanna e la nuova condotta, è stato valorizzato dal Tribunale come sintomatico di una maggiore capacità a delinquere dell’imputato, della sua accresciuta pericolosità sociale e della persistente insensibilità all’effetto deterrente delle pene precedentemente inflitte.
4.2.In sede di appello l’imputato aveva sostanzialmente dedotto il travisamento del certificato penale dal quale, aveva affermato, risultava una sola condanna, divenuta irrevocabile il 31/03/2019. In questo modo il ricorrente si era limitato a contestare la corrispondenza a vero del fatto posto dal giudice a fondamento della decisione presa (e, dunque, la contraddittorietà estrinseca della motivazione) non a dedurre l’illogicità del ragionamento.
4.3.La Corte di appello ha disatteso la deduzione difensiva elencando le singole condanne che risultavano dal certificato penale e, per tutta risposta, il ricorrente si è limitato a ribadire, pressoché alla lettera, quarto già dedotto in
sede di impugnazione della sentenza di primo grado senza, in questa sede, nemmeno allegare il certificato penale.
4.4.La doglianza è dunque generica e certamente mal posta.
5.Quanto alla dedotta abnormità del rigetto della domanda di decreto penale, il Collegio osserva quanto segue:
5.1.1’imputato non ha un interesse qualificato a dedurre l’abnormità del provvedimento del GIP di restituzione degli atti al pubblico ministero disposto ai sensi dell’art. 459, comma 3, cod. proc. pen.;
5.2.1egittimato a impugnare tale provvedimento è, semmai, solo il pubblico ministero, in quanto titolare dell’azione penale ed unico interloc:utore del giudice e nei soli casi di abnormità della decisione;
5.3.né l’imputato può dolersi della mancata applicazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole posto che tale deduzione sconta l’ipotesi, del tutto generica ed astratta, della mancata opposizione al decreto stesso.
6.Quanto agli altri motivi, è appena il caso di sottolineare che si tratta della letterale trascrizione dei motivi di appello (da pagina 13 in poi dell’atto).
6.1.Manca, all’evidenza, qualsiasi correlazione tra i vizi denunciati e le ragioni poste a fondamento dell’atto impugnato.
6.2.Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Cass., Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568); cosicché è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (cfr., ex plurimis, C:ass., Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109). Ai fini della validità del ricorso per cassazione non è, perciò, sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificità e che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assoluta, dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità del ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime. È quindi onere del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere
in considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti – s’intende – delle censure di legittimità (così, in motivazione, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv. 259425 – 01).
6.3.E’ dunque inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42406 del 17/07/2019, Rv. 277710 – 01; Sez. 6, n. 20377 dell’11/03/2009, Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, Rv. 231708 – 01; Sez. 6, n. 12 del 29/10(1996, dep. 1997, Rv. 206507 – 01).
7.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 5.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 5.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 21/09/2023.