Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34656 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34656 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
2.COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
3.COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
4.COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
5.COGNOME NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/01/2025 della Corte d’appello di Palermo; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME chiedeva il rigetto dei ricorsi.
AVV_NOTAIO, in difesa di COGNOME NOME, anche in sostituzione per delega orale dell’AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME NOME, dell’AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME NOME, dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, insisteva per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, decidendo con le forme del giudizio abbreviato, confermava la condanna di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per (a) il concorso nel reato di rapina pluriaggravata dall’essere stato consumato il fatto in più persone riunite, con il volto travisato, l’uso di armi ed approfittando di circostanze di
tempo e di luogo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, (b) il concorso nel delitto previsto dagli artt. 4 e 7 l. 895 del 1967 perché detenevano e portavano in luogo pubblico una pistola revolver TARGA_VEICOLO ‘ Smith and Wesson ‘.
Ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
2.1. violazione di legge (artt. 4 e 7 l. 895 del 1967) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per il concorso nella detenzione della pistola: non vi sarebbe la prova – e sul punto la motivazione sarebbe carente dell’identità tra la pistola utilizzata per la rapina e quella sequestrata al padre di NOME COGNOME; la motivazione della sentenza impugnata non rispetterebbe il canone valutativo de ‘ l’al di là di oltre ragionevole dubbio ‘ .
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art. 61, comma 1, n. 5), cod. pen.: non sarebbe stata provata la situazione di vulnerabilità della vittima, non essendo sufficiente l’idoneità delle ‘ circostanze di tempo e di luogo ‘ a consentire il riconoscimento dell’aggravante ; la Corte territoriale non avrebbe spiegato le ragioni per cui l’orari o in cui si era consumata l’azione delittuosa (ore 5:00 del mattino), nonostante la presenza di cinque persone sul luogo del delitto abbia potuto ostacolare la privata difesa.
Ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva, con un unico motivo, l’ illegittimità del giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e quelle previste dall’art. 628, terzo comma, cod. pen.: nella sentenza impugnata si sarebbe fatto erroneo riferimento al comma 2 dell’art. 628 cod. pen., mentre non sarebbe stata presa in considerazione la richiesta , proposta con l’atto di appello, di bilanciare in equivalenza le circostanze attenuanti generiche con le circostanze aggravanti contestate, previste dall’art. 628, terzo comma, cod. pen.
Ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
4.1. violazione di legge (art. 521 cod. proc. pen.) in ordine al riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa che non sarebbe stata formalmente contestata agli imputati; sicché sia il giudice per l’udienza preliminare che la Corte d’appello avrebbero pronunciato condanna per un fatto diverso da quello contestato;
4.2. violazione di legge (art. 628, terzo comma, n. 3bis cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla valutazione degli elementi posti a fondamento del riconoscimento dell’aggravante: l’ora notturna sarebbe stata eccessivamente
valorizzata senza dimostrare la sussistenza di uno stato di concreta vulnerabilità della persona offesa;
4.3. violazione di legge (artt. 4 e 7 l. 895 del 1967) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per il reato di porto di arma: la persona offesa, esperta di armi, avrebbe indicato la marca ed il modello della pistola utilizzata nel corso della rapina, che tuttavia, non coinciderebbero con quelli dell’arma sequestrata nell’abitazione del padre del COGNOME;
4.4. violazione di legge (art. 628, quinto comma, cod. pen.) e vizio di motivazione: nessuna delle circostanze contestate sarebbe sottratta al bilanciamento, sicché all’esito del giudizio di equivalenza si sarebbe dovuta applicare la pena prevista dal primo comma dell’art. 628 cod. pen. e non quella prevista dal terzo comma.
Ricorreva per cassazione anche il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
5.1. violazione di legge (artt. 4 e 7 l. 895 del 1967) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per il porto di arma: non sarebbe stato provato che l’arma utilizzata non fosse giocattolo; peraltro, non sarebbe stato dimostrato neanche che il ricorrente convivesse con il padre nella casa dove la stessa era stata rinvenuta; la motivazione sarebbe illogica anche nella parte in cui aveva valorizzato il fatto che il ricorrente aveva brandito una latta di metallo utilizzandola come arma impropria;
5.2. violazione di legge (art. 133 cod. pen.) e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle circostanze aggravanti contestate; la pena sarebbe stata definita senza valutare l’estemporaneità della condotta ed il fatto che il ricorrente svolgesse una lecita e documentata attività lavorativa;
5.3. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 62 n. 4) cod. pen. che non sarebbe stata riconosciuta nonostante la rapina si fosse sviluppata nell’arco di pochi secondi arrecando un modesto danno alla persona.
Ricorreva per cassazione anche il difensore di NOME NOME COGNOME che deduceva:
6.1. violazione di legge (artt. 4 e 7 l. 895 del 1967) e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità per il porto dell’arma: non sarebbe stato provato il possesso dell’arma da parte del ricorrente, né sarebbe emerso alcun elemento oggettivo che collegasse lo stesso all’arma ritrovata; inoltre, l’elemento soggettivo sarebbe stato scrutinato in modo superficial e;
6.2. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio: il giudizio di bilanciamento sarebbe stato illegittimo e non avrebbe tenuto conto degli elementi favorevoli al ricorrente tra cui il comportamento processuale , l’incensuratezza e la giovanissima età.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i ricorsi non superano la soglia di ammissibilità.
Il Collegio ritiene di indicare in via preliminare le coordinate ermeneutiche che lo hanno guidato nella valutazione delle impugnazioni, sia con riguardo alla proponibilità di motivi diretti a chiedere la rivalutazione della capacità dimostrativa delle prove sia con riguardo all ‘ ammissibilità delle doglianze riferite alla definizione del trattamento sanzionatorio.
1.1. Si riafferma che in materia di vizio di motivazione il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Longo, Rv. 251516 – 01). Segnatamente: non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, O., Rv. 262965 – 01).
1.2. Con riferimento alle censure proponibili nei confronti del trattamento sanzionatorio si ribadisce, invece, che in punto di quantificazione della pena i giudici di merito godono di un ampio margine di discrezionalità che deve essere esercitato nel rispetto dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen.
Si riafferma che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142 – 01; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754 – 01). La determinazione in concreto della pena costituisce, infatti, il risultato di una valutazione complessiva e non di un giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della motivazione da parte del giudice dell’impugnazione deve ritenersi compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva. Ciò dimostra, infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli aspetti indicati nell’art. 133 cod. pen. ed anche quelli specificamente segnalati con i motivi d’appello.
2 . Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile .
2.1. Il primo motivo di ricorso non supera la soglia di ammissibilità in quanto si profila reiterativo delle doglianze già proposte con la prima impugnazione ed accuratamente vagliate dalla Corte d’appello che, a pag. 3 della sentenza impugnata, ha rilevato che l’arma descritta dalla persona offesa coincideva sia con le caratteristiche di quella ritratta dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza che con quelle dell’arma rinvenuta presso l’abitazione di COGNOME NOME dove era stato reperito un revolver a cinque colpi con finitura cromata che risultava nella disponibilità di tutti i frequentatori dell’abitazione del COGNOME nonostante lo stesso se la fosse attribuita in via esclusiva.
2.2. Anche la seconda doglianza, che contesta la motivazione in ordine alla sussistenza dell’aggravante della minorata difesa, non supera la soglia di ammissibilità in quanto manifestamente infondata.
La Corte d’appello, sul punto, ha persuasivamente ritenuto che la condotta agita alle 05:00 del mattino a chiusura del locale quando all’interno era un unico avventore e due dipendenti consentiva di ritenere configurate le condizioni della minorata difesa, non essendo emersi elementi idonei a neutralizzare la vulnerabilità indotta da tali circostanze spazio-temporali.
Si tratta di conclusione coerente con la consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità secondo cui, la commissione del reato in tempo di notte, è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto (Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. 282095 – 01).
I l ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile .
3.1. L ‘unica doglianza proposta è diretta a contestare la definizione del trattamento sanzionatorio.
La stessa è manifestamente infondata in quanto, al netto dell’erroneo richiamo al comma 2, invece che al comma 3, dell’art. 628 cod. pen., da considerarsi un mero refuso del tutto ininfluente sul decisum , la Corte d’appello ha fornito una esaustiva spiegazione circa la limitazione del bilanciamento in equivalenza alla sola aggravante prevista dall’art. 628, quarto comma cod. pen., tenuto conto del fatto che le aggravanti descritte nell’art. 628, terzo comma, nn. 3), 3bis ) e 3ter ) non sono bilanciabili né in equivalenza né in prevalenza come prescritto dall’art. 628, quinto comma, cod. pen. (v. giurisprudenza richiamata al § 1.2.).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
4.1. La doglianza proposta con il primo motivo di ricorso è manifestamente infondata in quanto – come si evince dal capo di imputazione – la condotta contestata veniva considerata aggravata dall’essere stata commessa «in più persone riunite», «con volto travisato», «con l’uso di armi» e «profittando di circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblica e privata difesa».
L’aggravante in questione, come rilevato dalla Corte d’appello, non solo era stata contestata nel capo di imputazione, ma era stata anche riconosciuta dal Tribunale (pag. 10 della sentenza impugnata).
4.2. La doglianza proposta con il secondo motivo di ricorso , relativo all’arma utilizzata per la rapina, replica quanto già allegato dalla difesa del COGNOME e non supera la soglia di ammissibilità per le ragioni indicate al § 2.1.
4.3. La doglianza proposta con il terzo motivo di ricorso replica quella proposta dalla difesa del COGNOME con riferimento al riconoscimento dell’aggravante dell’avere approfittato di circostanze che ostacolano la privata difesa non supera la soglia di ammissibilità per le ragioni esplicitate al § 2.2.
4.4. La doglianza proposta con l’ultimo motivo di ricorso, con la quale si contesta la definizione del trattamento sanzionatorio, è manifestamente infondata. Invero, la Corte di appello, a pag. 11 della sentenza impugnata, rileva che, determinata la pena base in anni sei di reclusione, il bilanciamento è stato effettuato solo con la circostanza prevista dal comma quarto dell’art. 628 cod. pen. essendo le altre circostanze non bilanciabili né in prevalenza, né in equivalenza come previsto dal comma quinto dell’art. 628 cod. pen. (v. giurisprudenza richiamata al § 1.2.).
I l ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
5.1. La doglianza proposta con il primo motivo di ricorso è manifestamente infondata.
Come già rilevato al § 2.1., l’arma ritratta dalle videocamere di sorveglianza coincide con quella descritta dalla persona offesa, rinvenuta nella casa del COGNOME e ritenuta in uso ai familiari ‘conviventi’; il fatto che il ricorrente avesse la residenza altrove non gli impediva, infatti, di frequentare la casa del genitore, ove la pistola era stata rinvenuta; peraltro, la convivenza non è una circostanza contestata con l’atto d’appello, sicché il tema risulta tardivamente dedotto con il ricorso per cassazione.
Veniva anche accertato, e rilevato con motivazione che non si presta a censure, che il ricorrente aveva brandito una latta di metallo pacificamente inquadrabile come arma impropria (pag. 5 della sentenza impugnata)
5.2. La doglianza proposta con il secondo motivo di ricorso in ordine alla quantificazione della pena si profila come reiterativa di quella già proposta con la prima impugnazione e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata.
Invero la Corte d’appello, con motivazione persuasiva, ha rilevato come un’attenuazione della sanzione inflitta al ricorrente non fosse consentita in ragione della gravità della condotta, desumibile sia dall’elevata somma sottratta che dalle modalità con le quali la rapina era stata consumata, ovvero attraverso la minaccia con l’uso di una pistola e di altri armi improprie; né vi erano elementi per ritenere che la condotta contestata fosse ‘ estemporanea ‘ , dato che gli elementi raccolti indicavano, al contrario, che la stessa era frutto di una «deliberazione volitiva premeditata», tenuto conto che il COGNOME, unitamente ai correi, si era organizzato per porre in essere l’azione predatoria (come era
desumibile dai vari spostamenti ripresi dalle immagini di videosorveglianza: pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata).
5.3. La doglianza diretta a contestare il rigetto della concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62, n. 4) cod. pen. si presenta non solo reiterativa di quella già proposta con l’appello , ma anche diretta a richiedere una nuova valutazione della capacità dimostrativa delle prove, non consentita in sede di legittimità (si richiama la giurisprudenza indicata sub § 1.1.).
La Corte, con motivazione accurata e persuasiva, ha rilevato che la somma indebitamente sottratta non poteva essere ritenuta ‘ modesta ‘ e che la natura plurioffensiva del reato imponeva una considerazione più ampia degli effetti dannosi, tenuto conto del fatto che le condotte emerse avevano pregiudicato sia l’incolumità fisica che la libertà morale degli offesi ed ostavano al riconoscimento della speciale tenuità del danno (pag. 6 della sentenza impugnata).
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
6.1. Il primo motivo di ricorso che contesta la conferma della responsabilità non supera la soglia di ammissibilità.
Il Collegio rileva che si procede per una condotta concorsuale, il che rende irrilevante la circostanza che il ricorrente non impugnasse personalmente l’arma, tenuto conto che l ‘ azione predatoria alla quale il COGNOME aveva partecipato risulta pacificamente consumata in concorso consapevole e con l’uso di un’arma.
6.2. La seconda doglianza, diretta a contestare il trattamento sanzionatorio è manifestamente infondata in quanto la Corte d’appello ha persuasivamente rilevato che la pena inflitta dal primo giudice fosse congrua rispetto alla gravità della condotta contestata ed alla sussistenza di aggravanti non bilanciabili in prevalenza o in equivalenza (v. giurisprudenza richiamata al § 1.2.).
All’inammissibilità de i ricorsi segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 7 ottobre 2025.
Il AVV_NOTAIO estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME