Ricorso per cassazione inammissibile: i limiti del giudizio di legittimità
La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ribadisce un principio fondamentale in materia di misure cautelari reali: un ricorso per cassazione inammissibile è quello che, invece di denunciare una violazione di legge, tenta di ottenere un nuovo giudizio sui fatti. Questo caso offre uno spaccato chiaro sui limiti del sindacato di legittimità riguardo ai provvedimenti di sequestro preventivo, specialmente quando la difesa contesta la valutazione delle prove effettuata dal Tribunale del riesame.
I Fatti del Caso: Sequestro per Fatture Inesistenti
La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP di un tribunale. Il sequestro, finalizzato alla confisca, ammontava a oltre 25.000 euro e riguardava i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, emissione di tali fatture e autoriciclaggio.
L’indagato, tramite il suo difensore, aveva presentato una richiesta di riesame, contestando la validità del sequestro. La difesa sosteneva che le fatture in questione non fossero fittizie, ma si riferissero a prestazioni professionali realmente svolte da un geometra per lavori edili in uno specifico cantiere. A supporto di questa tesi, veniva prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del geometra stesso, insieme ad altra documentazione.
Il Tribunale del riesame, tuttavia, rigettava la richiesta, ritenendo che le prove fornite non fossero sufficienti a smentire l’ipotesi accusatoria. Al contrario, valorizzava le informazioni fornite da alcuni fornitori di materiali, i quali avevano dichiarato di aver effettuato consegne modeste presso il cantiere indicato e consegne più consistenti in un altro luogo, non riconducibile ai lavori fatturati. Questa discrepanza, secondo il Tribunale, rendeva plausibile l’ipotesi che le fatture fossero state emesse per operazioni inesistenti.
Il Ricorso per Cassazione Inammissibile e le Doglianze della Difesa
Contro l’ordinanza del Tribunale, l’indagato proponeva ricorso per cassazione, basandosi su un unico motivo: l’apparenza della motivazione. Secondo la difesa, il Tribunale non aveva adeguatamente valutato la dichiarazione del geometra e la documentazione allegata, che avrebbero provato l’effettività dei lavori svolti. La critica si concentrava quindi sul modo in cui il giudice del riesame aveva interpretato e ponderato gli elementi probatori a disposizione.
Questa impostazione si è rivelata la causa principale della pronuncia di inammissibilità. La difesa, infatti, non lamentava un errore nell’applicazione della legge, ma un presunto errore nella valutazione dei fatti, chiedendo implicitamente alla Corte di Cassazione di sostituire il proprio giudizio a quello del tribunale di merito.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo netto i confini del proprio potere di revisione in materia di misure cautelari reali. Ai sensi dell’art. 325, comma 1, del codice di procedura penale, il ricorso contro le ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per “violazione di legge”.
La Corte ha chiarito che in questa nozione rientrano non solo gli errori nell’interpretazione o applicazione di norme giuridiche, ma anche i vizi della motivazione così gravi da renderla inesistente o puramente apparente. Una motivazione è “apparente” quando è priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e non permette di comprendere l’iter logico seguito dal giudice per arrivare alla sua decisione.
Nel caso specifico, la Cassazione ha stabilito che la motivazione del Tribunale del riesame non era affatto apparente. Al contrario, il Tribunale aveva esaminato la documentazione difensiva, ma l’aveva ritenuta, a un’analisi preliminare, non idonea a superare le prove a carico, come le testimonianze dei fornitori. Il giudice del riesame aveva compiuto una valutazione logica e coerente degli elementi disponibili, concludendo per la sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero l’apparenza del reato, necessaria per mantenere il sequestro.
La Corte ha sottolineato che il tentativo del ricorrente di far prevalere la propria lettura delle prove costituisce una “rivalutazione arbitraria e parziale del materiale istruttorio”, un’operazione preclusa in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Quando la Critica alla Motivazione non è Ammessa
La decisione in commento è un importante monito per chi intende impugnare un’ordinanza di sequestro davanti alla Corte di Cassazione. Le implicazioni pratiche sono chiare: non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione del Tribunale del riesame. Per ottenere un esito favorevole, è necessario dimostrare un vizio giuridico specifico, come l’errata applicazione di una norma o una motivazione talmente viziata da essere inesistente.
Un ricorso per cassazione inammissibile comporta non solo la conferma del provvedimento impugnato, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Questa sentenza ribadisce quindi la funzione della Corte di Cassazione come giudice della legge, non dei fatti, tracciando una linea invalicabile tra il controllo di legittimità e il giudizio di merito, anche in una fase delicata come quella delle misure cautelari.
Quando un ricorso per cassazione contro un sequestro preventivo è inammissibile?
Secondo la sentenza, il ricorso è inammissibile quando, invece di denunciare una violazione di legge, si limita a criticare la valutazione delle prove fatta dal giudice del riesame, chiedendo di fatto una nuova analisi del merito della vicenda, attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Cosa si intende per ‘violazione di legge’ che giustifica un ricorso in cassazione?
La violazione di legge include non solo l’errata applicazione di una norma, ma anche una motivazione del provvedimento che sia radicalmente viziata, ovvero totalmente mancante, palesemente illogica, contraddittoria o così generica da non far comprendere il ragionamento del giudice (motivazione apparente).
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La declaratoria di inammissibilità comporta, oltre alla conferma del provvedimento impugnato, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33872 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33872 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Capodrise il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 27/12/2023 del Tribunale di Perugia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27 dicembre 2023, il Tribunale di Perugia ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall’indagato avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del medesimo Tribunale il 20 ottobre 2023, finalizzato alla confisca diretta della somma di euro 25.853,92, in relazione ai reati di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonché 648-ter cod. pen.
2. Avverso l’ordinanza l’indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di doglianza, l’apparenza della motivazione quanto ai reati provvisoriamente contestati, con riferimento all’omessa valutazione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà sottoscritta dal geometra NOME e dell’allegata documentazione. Secondo la prospettazione difensiva, da tale dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà emergevano le attività professionali svolte dal geometra per conto della società dell’imputato e dal dottor COGNOME per i cantieri di Bastia Umbra. In particolare, i geometra aveva svolto attività professionali, come la presentazione e redazione di pratiche edilizie, nonché il ruolo di direttore dei lavori; e ciò contrasterebb con la prospettazione accusatoria secondo cui le fatture oggetto dell’imputazione erano relative a operazioni oggettivamente inesistenti, pur essendo riferite proprio a tali lavori edilizi, effettivamente eseguiti dalla società COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
Esso si risolve in una sostanziale critica alla motivazione del provvedimento impugnato, preclusa in questa sede dall’art. 325, comma 1, cod. proc. pen. Infatti, il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi di tale disposizione, soltanto per violazione di legge e che in tale nozione vengono compresi sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione che siano così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis, Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656; Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692).
Anche a prescindere da tale considerazione, l’assoluta genericità della prospettazione difensiva non contiene un esame critico della tenuta logica del provvedimento, risolvendosi in una rivalutazione arbitraria e parziale del materiale istruttorio. In ogni caso, contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, l’ordinanza del Tribunale ha ampiamente preso in considerazione la documentazione prodotta, anche con riferimento al ruolo svolta dal geometra COGNOME. Si è infatti evidenziato come la difesa abbia documentato attività inerenti ai lavori di manutenzione straordinaria dei quali vi era in parte traccia negli att di indagine. Ma la documentazione, ad una prima analisi – compatibile con i ristretti termini della procedura di riesame, considerata la mole dei materiali allegati – è stata ritenuta inidonea a dimostrare che i lavori riguardanti l sistemazione dell’area adiacente la piscina e la vasca natatoria, in relazione alle
quali le procedure amministrative erano state attivate e poi integrate con variante, fossero stati in concreto eseguiti da COGNOME, emittente le fatture. Con valutazione insindacabile in questa sede, il Tribunale ha ritenuto che assumessero rilievo preminente in senso contrario le sommarie informazioni rese da alcuni fornitori dei materiali di costruzione ed altri prodotti funzionali a attività edilizie, i quali avevano riferito che le forniture riguardavano il cant presso il quale avevano effettuato anche direttamente le consegne, che si trovava in Marsciano e non era invece il cantiere di Bastia Umbra, presso il quale vi erano state modeste forniture alla COGNOME; tali, dunque, da non giustificare le fatture emesse per i lavori. Il provvedimento prosegue, poi, nella descrizione della portata delle indagini svolte e nell’analisi delle fatture, traendo – allo st degli atti – conseguenze logiche e coerenti ai fini della cautela reale, senza che emergano lacune argomentative e senza che il ricorso abbia sottoposto a ragionata critica il complesso della motivazione sul punto.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31/05/2024