Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 27403 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27403 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il 31/01/1992
avverso l’ordinanza del 28/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE‘ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME 42
f,
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe con cui il Tribunale del Riesame di Napoli, ha rigettato il ricorso proposto dallo stesso COGNOME i sensi dell’art. 309 c.p.p. avverso l’ordinanza del GIP con cui gli era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di cui all’art. 74 DPR n. 309/1990 (capo 7)
Avverso tale decisione il ricorrente deduce violazione dell’art. 292 c.p.p. in relazione alla individuazione dell’indagato come colui al quale vengono attribuite le conversazioni indicate nelle pagg. 23/27 dell’ordinanza impugnata, trattandosi di intercettazioni ambientali effettuate su di un auto non di proprietà dell’imputato e nemmeno in uso allo stesso 606. Prospetta ancora violazione dell’art. 192 c.p.p. in relazione alle dichiarazioni de relato di COGNOME NOME.
Il PG presso questa Corte ha concluso con requisitoria scritta chiedendo rigettarsi il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato. Va ricordato che nel procedimento in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone e sviluppa censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n 11194, del 8 marzo 2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460). In sede di legittimità non è dunque possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, essendo consentito esclusivamente verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
In tale ottica le doglianze della ricorrente sono del tutto generiche e non si confrontano con le puntuali argomentazioni del Tribunale .
In ordine ad entrambi i motivi di impugnazione va rilevato che il quadro indiziario esposto dal Tribunale del riesame è ben più ampio ed articolato rispetto alla sintesi offerta dal ricorso.
Il COGNOME gestiva la piazza di spaccio denominata “Chalet Baku” in Scannpia, riconducibile al clan COGNOME–COGNOME sotto il controllo e la direzione di altri sodali del gruppo. Come emerso dai dialoghi oggetto di monitoraggio, egli svolgeva tutte le tipiche operazioni di direzione e di coordinamento di una piazza di spaccio: verificava la qualità degli stupefacenti di tutte le tipologie, costituenti oggett delle cessioni; monitorava assieme ai complici l’eventuale presenza delle forze dell’ordine; controllava i proventi dell’attività illecita, le somme da versare per l droga anticipata agii acquirenti e i conteggi degli incassi; indirizzava i pusher nei luoghi dove si trovavano gli acquirenti; concordata coi complici le operazioni di ricerca di nuovi immobili, nei quali custodire e preparare le sostanze. Per tali attività era regolarmente stipendiato, fino poi a percepire provvigioni sulle vendite. Ordinava altresì il pestaggio di colui il quale aveva deciso di spacciare a Scampia in modo autonomo, senza rendere conto del proprio comportamento al “sistema”.
L’identificazione del COGNOME, quale diretto utilizzatore dell’auto dove erano state tenute le conversazioni intercettate in ambientale, risultava dai colloqui captati, dal supporto offerto dalle immagini registrate delle telecamere di sorveglianza posizionate in strategici luoghi di incontro tra gli associati e di deposito delle sostanze stupefacenti nonché dalle operazioni di P.G. di corretta individuazione dei soggetti captati (vedi pag. 3 dell’ordinanza impugnata).
Gli elementi fin qui sintetizzati già dimostrano la piena partecipazione del COGNOME ciò si aggiungono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME che riferiva dell’apporto fornito dal COGNOME alla gestione della piazza di spaccio “Chalet Baku”. Tali propalazioni correttamente valutate dal Tribunale, peraltro, trovavano riscontro nelle rivelazioni provenienti da altri collaboratori di
al sodalizio. A giustizia (CFR. PAG. 22 dell’ordinanza impugnata)
Orbene, premesso il principio, reiteratamente affermato da codesta Corte di legittimità, per cui, “in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto
che governano l’apprezzamento delle risultanze e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella
prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito” (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976
– 01), per cui l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc.
pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal
testo del provvedimento impugnato, mentre non sono consentite censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazìone di una
diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice dì merito (cfr. Sez. 2, n.
31553 del 17/05/2017, Rv. 270628-01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv.
269884-01) e che, anche con riferimento al giudizio cautelare personale, il controllo di legittimità susseguente alla proposizione del ricorso per cassazione non
comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato,
trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Tribunale del riesame, essendo esso, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che Io hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (così, tra le tante, Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Rv. 269438-01), non può non essere osservato come le doglianze espresse dal ricorrente si risolvano nella rappresentazione di incongrue valutazioni, di puro fatto, in ordine alla ricorrenza del quadro indiziario, mentre le argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato appaiono del tutto congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o gin ridico.
I motivi sono sostanzialmente orientati a riprodurre un quadro di argomentazioni ampiamente vagliate e correttamente disattese dal tribunale del riesame
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni di legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14 /03/2025
COGNOME Il Presidente est nsore