Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 599 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 599 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti di NOME COGNOME nato in Albania il 15/04/1996
avverso la ordinanza del 09/06/2023 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN IFATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Roma, in sede di riesame, annullava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma del 17 aprile 2023 che aveva applicato all’indagato NOME COGNOME la misura cautelare degli arresti domiciliari per i reati di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (capo 1: l’indagato avrebbe fatto parte a partire dal 2020 di un sodalizio dedito al narcotraffico costituito da cittadini albanesi ed operante,
in alcuni quartieri della capitale, rivestendo il ruolo di addetto allo spaccio e all’occorrenza dedito ad altri compiti descritti nella imputazione).
Il Tribunale precisava che per altra imputazione provvisoria di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 dei 1990 (capo 23: avrebbe preso contatto con un acquirente e detenuto a fini di spaccio involucri contenenti cocaina), l’indagato era stato arrestato il 3 marzo 2020 e aveva patteggiato la pena, qualificato il fatto ai sensi del quinto comma dell’art. 73 cit.
Quanto alla imputazione associativa, il Tribunale riteneva fondati i rilievi difensivi in ordine alla carenza della gravità indiziaria, non risultando significativi gli elementi evidenziati a suo carico e costituiti dalle seguenti circostanze:
il contatto per l’appuntamento preso dall’acquirente dell’episodio sub capo 23) per la cessione dello stupefacente era costituito da un telefono mobile (“il centralino”) utilizzato anche da altri acquirenti per gli appuntamenti; questa utenza attiva dal gennaio 2020 era stato dismessa tre giorni dopo l’arresto dell’indagato; in precedenza il medesimo acquirente aveva utilizzato per 127 volte altre utenze mobili dell’associazione; l’indaciato era stato trovato in possesso di un’utenza telefonica mobile attivata nel medesimo luogo di altre utenze mobili a disposizione del sodalizio ed intestate sempre a soggetti albanesi; era stato intercettato un contatto telefonico tra l’indagato e colui che era addetto al “centralino” e che pianificava gli appuntamenti; erano stati ritrovati nella stanza occupata dall’indagato dopo il suo arresto degli appunti relativi ad attività di spaccio; era stata accertata la presenza in Italia dell’indagato dal medesimo giorno in cui era partito per l’Albania uno dei sodali del gruppo.
Per contro, secondo il Tribunale, non erano emersi altri episodi di spaccio a carico dell’indagato; gli appunti potevano essere riferibili ad 211tri occupanti della medesima stanza e la sua presenza presso quella struttura ricettiva risaliva a metà del febbraio 2020. Pertanto, poteva ravvisarsi soltanto il collegamento dell’indagato con l’addetto al centralino ma non la sua partecipazione al sodalizio, difettando in ogni caso la prova indiziarla dell’elemento sogget:ivo del reato.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica indicato in epigrafe, denunciando i motivi di annullamento, come sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per travisamento della prova.
Il Tribunale ha svalutato e in parte obliterato talune circostanze chiaramente indicative della consapevole intraneità dell’indagato nel sodalizio criminale:
la disponibilità di mezzi procurati dai componenti apicali (quali il cellulare utilizzato dal l’indagato);
il reclutamento dell’indagato per l’attività di spaccio (non svolgeva in Italia alcuna attività lecita; la sua utenza telefonica è stata attivata subito dopo il suo arrivo in Italia; era giunto in Italia a seguito dell’arresto di un sodale poi ritornat in Albania secondo la strategia del gruppo);
la messa a sua disposizione di supporti logistici da parte del sodalizio (quale era la struttura doveva aveva alloggiato in Italia, utilizzata anche per altri componenti del gruppo);
– lo svolgimento dell’attività di spaccio secondo direttive ricevute da quello dei sodali che aveva il compito di dirigere l’operato dei componenti del gruppo; e secondo modalità tipiche del gruppo stesso (appuntamenti organizzati tramite il centralino);
l’assimilazione di tale sistema rodato cili spaccio (che dimostrava che non si trattasse di episodio isolato);
il rinvenimento degli appunti nell’armadio in cui venivano trovati altri effetti riferibili all’indagato.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto articola censure non consentite in sede di legittimità.
Va richiamato infatti il pacifico principio secondo ‘il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (tra tante, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Neppure possono trovare ingresso, sotto la veste del vizio di travisamento della prova, presunti errori commessi dal giudice nella valutazione del “significato” probatorio di una evidenza indiziaria. Tale vizio è riservato infatti dal legislatore per denunciare l’utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale z”
processuale o l’omessa valutazione di una prova “non opinabile” e “decisiva” (ovvero di una prova di significato palese ed obiettivo ed in grado di compromettere la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato)(per tutte, Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085).
Inoltre, il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale CIA fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argonnentativo del provvedimento impugnato (per tutte, Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085).
Alla luce di queste consolidate linee esegetiche, va osservato che le argomentazioni del ricorrente, da un lato, non individuano, nei termini e con le modalità ora indicati, la prova non opinabile non considerata dal Tribunale ed in grado di disarticolare l’intero ragionamento giustificativo dell’ordinanza impugnata, mentre, dall’altro lato, si limitano a riproporre, con frequenti invasioni nel merito, una diversa lettura delle evidenze indiziarie già esaminate dal Tribunale, senza individuare effettive manifeste illogicità della motivazione resa dai giudici del Riesame.
Ne consegue che il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 30/10%2023.