Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37205 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 37205 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA COGNOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2025 della CORTE di APPELLO di TORINO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che il presente procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 17 aprile 2025 ex art. 599-bis cod. proc. pen. la Corte d’Appello di Torino, per quel che qui interessa, riduceva ad anni tre e mesi dieci di reclusione ed euro 1.800,00 di multa la pena inflitta all’imputato COGNOME NOME e ad anno uno e mesi sei di reclusione ed euro 1.400,00 di multa quella inflitta all’imputato COGNOME NOME in relazione al reato di rapina pluriaggravata in concorso.
Avverso detta sentenza proponevano ricorso per cassazione, con distinti atti, entrambi gli imputati, per il tramite dei rispettivi difensori, chiedendone l’annullamento.
La difesa di NOME articolava un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen., rassegnando che il motivo di appello proposto in relazione al trattamento
sanzionatorio aveva stigmatizzato la misura della riduzione di pena applicata in regione della concessione delle circostanze attenuanti generiche nonché l’attestazione della pena base in misura superiore al minimo edittale, e che l’accordo sulla determinazione della pena raggiunto dalle parti aveva mantenuto immutata la pena pecuniaria inflitta, che non poteva ritenersi congrua.
Chiedeva inoltre la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata nella parte in cui era stata applicata “la pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici per la durata di anni cinque”.
La difesa di COGNOME NOME articolava un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva la illegalità della pena inflitta, assumendo che il primo giudice aveva concesso le circostanze attenuanti generiche senza tuttavia applicare alcuna diminuzione di pena, ciò che aveva determinato l’illegalità della pena poiché era stata violata la disposizione di legge che prevedeva l’effetto sulla pena del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso del COGNOME è inammissibile in quanto, in tema di ricorso per cassazione, è preclusa la deduzione di questioni afferenti al trattamento sanzionatorio, nel caso in cui il giudizio di appello, svoltosi a seguito di annullamento con rinvio, sia stato definito con concordato sulla pena ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen.
Il GLYPH principio è GLYPH stato di GLYPH recente espresso GLYPH da questa GLYPH Sezione (Sez. 2, n. 32138 del 10/09/2025, Bruno, Rv. 288577 – 01) ed è condiviso dal Collegio.
La ragione di tale preclusione risiede nel fatto che la pena irrogata è quella determinata dalle stesse parti e che l’accordo raggiunto in ordine ai punti concordati implica la rinuncia a dedurre nel successivo giudizio di legittimità ogni doglianza sulle questioni coinvolte nei motivi rinunciati, trattandosi di questioni sulle quali si è oramai formato il giudicato.
È, inoltre, inammissibile la richiesta di errore materiale contenuta nel ricorso COGNOME poiché, a mente del disposto di cui all’art. 130 cod. proc. pen., per la correzione è competente il giudice competente a conoscere dell’impugnazione, salvo che questa non sia dichiarata ammissibile (cfr., ex multis, Sez. 4, n. 40112 del 20/06/2023, Pozzi, Rv. 285067 – 01, secondo cui il potere di rettifica dell’erronea denominazione della pena inflitta con la sentenza impugnata è esercitabile dalla Corte di cassazione nel solo caso in cui il ricorso sia ammissibile, in quanto la previsione dell’art. 619 cod. proc. pen. non ha
carattere speciale e derogatorio rispetto a quella di cui all’art. 130 cod. proc. pen., che, ove il provvedimento da emendare sia impugnato, prevede la competenza del giudice dell’impugnazione, a condizione che quest’ultima non sia dichiarata inammissibile).
Nella specie, per l’appunto, il ricorso del COGNOME deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni sopra illustrate.
Il ricorso del COGNOME è del pari inammissibile, dovendosi considerare che il COGNOME ha espressamente rinunciato (v. pag. 8 del provvedimento impugnato) al motivo di appello con il quale ha lamentato l’omessa motivazione in ordine al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Peraltro, la pena concordata applicata al ricorrente è il frutto di un calcolo, esplicitato a pag. 8 della sentenza impugnata, che non appare inficiato da errori.
Alla stregua di tali rilievi i ricorsi devono, dunque, essere dichiarati inammissibili; i ricorrenti devono, pertanto, essere condannati, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che i ricorrenti versino, ciascuno, la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 09/09/2025