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Ricorso per cassazione inammissibile: il caso esaminato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. La Corte ha stabilito che i motivi di ricorso erano una mera ripetizione di quelli già presentati in appello e chiedevano una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Di conseguenza, il ricorso per cassazione inammissibile ha comportato la conferma della condanna e il pagamento delle spese.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione inammissibile: quando la Cassazione non riesamina i fatti

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, chiarendo perché un ricorso per cassazione inammissibile non è un evento raro. In questo caso, un ricorso avverso una condanna per bancarotta fraudolenta è stato respinto non per l’infondatezza delle argomentazioni, ma perché i motivi presentati non erano idonei a essere esaminati dalla Suprema Corte. Analizziamo la decisione per comprendere i principi procedurali alla base.

I Fatti del Caso

Un imprenditore veniva condannato in primo grado e in appello per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale. Ritenendo ingiusta la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a tre specifici motivi per chiederne l’annullamento.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente basava la sua difesa su tre argomentazioni principali:
1. Insufficienza della motivazione sull’elemento soggettivo: Si contestava la sussistenza del dolo (l’intenzionalità) nel reato di bancarotta documentale, sostenendo che la sua assenza avrebbe dovuto portare a una riqualificazione del fatto in bancarotta semplice, un reato meno grave.
2. Assenza dell’elemento oggettivo: Si lamentava un vizio di motivazione riguardo all’effettiva sussistenza degli elementi materiali del reato previsto dall’art. 216 della legge fallimentare.
3. Mancata applicazione di un’attenuante: Si censurava la decisione della Corte d’Appello di non concedere l’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, prevista dall’art. 219 della legge fallimentare.

La Decisione della Corte: un ricorso per cassazione inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile nella sua interezza. La Suprema Corte ha chiarito che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare le prove e i fatti. Al contrario, il suo compito è limitato a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La Corte ha smontato ogni motivo di ricorso, evidenziando un vizio comune: la richiesta di una nuova valutazione dei fatti, mascherata da critica alla motivazione. I giudici hanno sottolineato che il ricorrente si era limitato a riproporre le stesse doglianze già respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con le ragioni esposte nella sentenza di secondo grado.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati della procedura penale. In primo luogo, viene ribadito che il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può “rileggere” gli elementi di fatto (come le prove documentali o le testimonianze) per giungere a conclusioni diverse da quelle dei giudici di primo e secondo grado. La valutazione della credibilità delle prove e la ricostruzione del fatto sono di competenza esclusiva dei giudici di merito.

In secondo luogo, un ricorso per essere ammissibile deve contenere una critica specifica e argomentata contro la decisione impugnata. Non è sufficiente, come nel caso di specie, limitarsi a ripetere le argomentazioni già esaminate e respinte in appello. Questo comportamento si traduce in una “pedissequa reiterazione” dei motivi, che rende il ricorso generico e, di conseguenza, inammissibile. La Corte ha citato precedenti giurisprudenziali (tra cui Cass. Sez. U, n. 6402/1997) per rafforzare il principio che non sono ammesse censure sulla “persuasività” o “adeguatezza” della motivazione, quando questa non sia palesemente illogica.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione. La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La lezione è chiara: per avere una possibilità di successo in Cassazione, è indispensabile formulare censure che attengano a vizi di legge o a difetti motivazionali manifesti e illogici, evitando di chiedere ai giudici di legittimità di trasformarsi in giudici del fatto.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano una semplice ripetizione di quelli già respinti in appello e, inoltre, chiedevano alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti e delle prove, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito (primo grado e appello) e non alla Corte di legittimità.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti. Il suo compito è unicamente quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e non contraddittoria. Non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito.

Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la decisione di non esaminare il ricorso nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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