Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3126 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3126 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Torre del Greco il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2022 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla requisitoria in atti;
sentito il difensore, AVV_NOTAIO del foro di Napoli, il quale ha insistito nella richiesta di annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli, riportandosi ai motivi di ricorso, ai motivi aggiunti ed alla memoria di replica.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19/09/2022 la Corte di Appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata emessa il 12/10/2020, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto responsabile dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa (capo A) e di estorsione aggravata (capo C).
Avverso la decisione di secondo grado propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato sulla base di venti motivi, di seguito enunciati,
nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1 Vizio di motivazione per la mancata rinnovazione istruttoria attraverso acquisizioni di intercettazioni ambientali – non depositate e acquisite in altro processo – tese a dimostrare che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME non potevano essere riscontrate dalla testimonianza resa in dibattimento dal maresciallo COGNOME circa l’individuazione dell’imputato quale autore del reato sub C).
2.2. Vizio di motivazione per la mancata rinnovazione istruttoria attraverso l’acquisizione di “COGNOME” – acquisiti in altro processo – a sostegno delle tes difensive esposte nel controesame del collaboratore COGNOME.
2.3. Vizio di motivazione per la mancata rinnovazione istruttoria attraverso l’acquisizione di informazioni sullo stato detentivo di NOME COGNOME e NOME COGNOME nel periodo 2006/2009 al fine di inficiare l’attendibilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME, collaboratore di giustizia.
2.4. Inosservanza di norme processuali (artt. 414 e segg. cod. proc. pen., art. 191 cod. proc. pen.) e inutilizzabilità degli atti di indagine successivi al decreto d archiviazione, in assenza di un provvedimento di riapertura delle indagini, con riferimento alla testimonianza del maresciallo COGNOME;
2.5. Violazione di legge (art. 192 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine ai criteri di valutazione della credibilità e attendibilità dei collaborator giustizia, in mancanza di riscontri oggettivi.
2.6. Erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per l’inattendibilità del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e per l’assenza di riscontri esterni, con riferimento al capo A).
2.7. Erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per l’inattendibilità del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e per l’assenza di riscontri esterni, con riferimento al capo A).
2.8. Erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per l’inattendibilità della collaboratrice di giustizia NOME COGNOME e per l’assenza di riscontri oggettivi, con riferimento al capo A).
2.9. Erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per l’inattendibilità del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e per l’assenza di riscontri oggettivi, con riferimento al capo A).
2.10. Erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per l’inattendibilità del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e per l’assenza di riscontri oggettivi, con riferimento ai capi A) e C).
2.11. Erronea applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per l’inattendibilità del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e per l’assenza di riscontri oggettivi, con riferimento ai capi A) e C).
2.12. Inosservanza di norme processuali per l’inutilizzabilità dei risultati delle captazioni ambientali in relazione al decreto R.R. 5157/11, sulla base dei principi della sentenza cd. Cavallo n. 51/2009, eccezione proposta con motivi aggiunti che la corte territoriale ha ritenuto tardivi, senza considerare che non vi era novità della questione, relativa all’utilizzabilità delle intercettazioni, ogge dell’impugnazione principale.
2.13. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione circa l’affermazione di responsabilità per il capo A), con riferimento al concorso esterno all’associazione per delinquere di stampo mafioso, in relazione al RAGIONE_SOCIALE, anni 2008 – 2009, sulla base delle dichiarazioni di NOME COGNOME, deceduto, riferite a terzi.
2.14. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione circa l’affermazione di responsabilità per il capo A), con riferimento al concorso esterno all’associazione per delinquere di stampo mafioso, in relazione al RAGIONE_SOCIALE, anni 2012 – 2014, senza sostegno probatorio ed esame della documentazione prodotta dalla difesa per dimostrare l’inconsistenza delle dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia.
2.15. Erronea applicazione delle aggravanti di cui al quarto e al quinto comma dell’art. 416-bis cod. pen. per la mancanza di prova della conoscenza, in quanto non affiliato, della disponibilità di armi da parte del RAGIONE_SOCIALE.
2.16. Violazione di legge (art. 62-bis cod. pen.) per l’ingiustificato diniego delle attenuanti, nonostante lo stato di incensurato e il riconoscimento del beneficio a coimputati compromessi da numerosi precedenti penali.
2.17. Violazione di legge (art. 629 cod. pen.) per l’insussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della contestata estorsione, non essendo provata la violenza o la minaccia.
2.18. Erronea applicazione della legge penale (art. 416-bis.1 cod. pen.) per insussistenza dei presupposti, oggettivi e soggettivi, e assenza di elementi significativi circa la consapevolezza di agevolare un RAGIONE_SOCIALE mafioso
2.19. Erronea applicazione della legge penale in relazione al delitto di cui al capo C) per violazione dei criteri di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, in considerazione del fatto che la vittima, NOME COGNOME, aveva negato l’estorsione in suo danno, e che il tenore delle intercettazioni ambientali a riguardo era stato travisato.
2.20. Erronea applicazione della legge penale in relazione al sequestro conservativo di immobili, disposto a garanzia del pagamento delle spese addebitate all’imputato, senza esame dei rilievi difensivi sul punto.
Nell’interesse del ricorrente, il difensore ha presentato dieci motivi aggiunti, con separati atti e relative allegazioni documentali, a sostegno dei motivi del ricorso principale, relativi all’inutilizzabilità dei risultati delle capt ambientali, alla chiamata in correità da parte del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, al diniego delle attenuanti generiche, all’affermazione di responsabilità per il delitto di estorsione, all’applicazione dell’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen., all’inattendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME; sulla valutazione della prova in tema di chiamata in correità o in reità de relato, ha da ultimo deposito altro motivo aggiuntivo.
In data 22 novembre 2023 è pervenuta memoria di replica alla requisitoria del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, con ulteriori allegazioni, a confutazione della conclusione di inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
In una preliminare prospettiva d’insieme, è possibile immediatamente rilevare che l’impugnazione in esame, che si sviluppa in complessive n. 515 pagine di ricorso, articolato in venti motivi che alternano parti espositive di doglianza con atti del giudizio di merito, parziali ripetizioni pedisseque dei motivi di appello e allegati documentali, risulti poco rispondente alla tipologia di un rituale ricorso per cassazione “secondo il paradigma del codice di rito ed il pertinente modulo procedurale, funzionale al più efficace disimpegno del controllo di legittimità devoluto a questo Giudice, nel pieno rispetto delle precipue finalità istituzionali del relativo sindacato” (sez. 5, n. 32143 del 03/04/2013, COGNOME; v. anche, Sez. F, n. 40256 del 23/08/2016, COGNOME, n.m. ); a ciò si aggiunga l’articolazione di dieci motivi aggiunti, con medesime caratteristiche, mediante deposito, frazionato nel tempo, di memorie difensive ed ulteriori allegati.
In fattispecie simile, questa Suprema Corte ha già osservato che “non è, ovviamente, questione di consistenza materiale del ricorso, quanto piuttosto dell’ineludibile esigenza di un ordinato inquadramento delle ragioni di censura nella griglia dei vizi di legittimità deducibili a mente dell’art. 606 cod. proc. pe attraverso l’individuazione, quanto più sintetica possibile, delle specifiche ragioni di censura che ne abilitino la proposizione. E se questa è la funzione essenziale di
un’ordinata impugnativa, è evidente che con il relativo schema concettuale non è compatibile un’esposizione prolissa, magmatica e caotica, che fuoriesca dai canoni di una ragionata censura del percorso motivazionale della sentenza impugnata e che riversi nel processo una quantità enorme di informazioni ed argomentazioni spesso ripetitive, ridondanti (…). Un’impugnazione così concepita e strutturata, proprio perché rende assai arduo il controllo di legittimità, al di là del nominalistic richiamo all’art. 606, si candida già di per sé all’inammissibilità, proprio pe genericità di formulazione, laddove per genericità deve intendersi non solo aspecificità delle doglianze, ma anche tenore confuso e scarsamente perspicuo, che renda particolarmente disagevole la lettura” (sez. 5, n. 32143 del 2013, cit., in motivazione).
E più di recente, la Corte ha ribadito che è inammissibile il ricorso per cassazione che si sviluppi mediante un’esposizione disordinata, generica, prolissa e caotica, che fuoriesca dai canoni di una ragionata censura del percorso motivazionale della sentenza impugnata senza consentire un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimit deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. (sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, Castaldo, Rv. 276748).
3. Nondimeno, si è tentato di estrapolare in narrativa, per ciascuno dei venti motivi di ricorso, i profili essenziali di censura, i quali, tuttavia, non superano soglia di ammissibilità, specificamente prevista per il giudizio di legittimità, si perché reiterativi sia perché attinenti a profili squisitamente valutativi, riserv alla sede di merito, incompatibili con l’iter logico-giuridico addotto a sostegno dell’epilogo decisionale; la trattazione, per ragioni sistematiche, può essere strutturata sulla base delle tematiche difensive, allegate sin dal primo grado di giudizio, incentrate sulle acquisizioni istruttorie (per un verso, da implementare, e per altro, da espungere parzialmente dal quadro probatorio), sull’accertamento di responsabilità per i delitti di cui ai capi A) e C) previa diversa valutazione dell dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, sul trattamento sanzionatorio (aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen., circostanze attenuanti generiche, sequestro conservativo).
In una valutazione complessiva, può affermarsi, come accennato in precedenza, che tutti i motivi si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (sulla specifica causa di inammissibilità, in termini, sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710).
4. I primi tre motivi riguardano censure all’omessa integrazione istruttoria (per acquisire: intercettazioni non depositate ed intervenute in altro processo, “COGNOME” facenti parte del materiale probatorio esaminato in diverso giudizio, lo stato detentivo di soggetti che sarebbe venuti in contatto con una collaboratrice di giustizia) e risultano manifestamente infondati.
Nel giudizio d’appello, infatti, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230).
Nel caso di specie, la corte territoriale ha escluso, con argomentazioni plausibili, la necessità della rinnovazione istruttoria invocata (pagg. 5 e seguenti), ritenendo idoneo, sufficiente e congruo il quadro probatorio a carico dell’imputato, con specifico riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed agl ulteriori elementi di riscontro, costituiti, in particolare, dalle intercettaz ambientali; ha a tal fine tenuto conto dei rilievi difensivi, sottolineando come già il giudice di primo grado aveva circoscritto le intercettazioni a quelle effettuate dalla polizia giudiziaria (e non dal solo maresciallo NOME, che si era soffermato, invece, su altre circostanze significative), aveva implicitamente disatteso la richiesta di acquisire i “COGNOME” facente parte del materiale istruttorio considerat in altra sentenza ritualmente acquisita agli atti, aveva ritenuto inutile acquisire informazioni sullo stato detentivo del COGNOME e del COGNOME per l’irrilevanza della questione in ragione anche dell’assoluzione del COGNOME dal capo B).
4.1. Quanto all’eccezione d’inutilizzabilità, oggetto del quarto motivo di ricorso, il Tribunale e la Corte di appello hanno correttamente richiamato l’insegnamento anche a sezioni unite della Corte (n. 33885 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 247834), secondo cui il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine eventualmente compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e preclude l’esercizio dell’azione penale per lo stesso fatto di reato, oggettivamente e soggettivamente considerato, da parte del medesimo ufficio del pubblico ministero; hanno, quindi, rilevato che l’archiviazione, nel caso di specie, riguardava un procedimento a carico di soggetto non identificato e che, emersi indizi di reità a carico del COGNOME, si era proceduto ad iscrizione separata, con conseguente attribuzione a costui della qualità di indagato e della applicazione della garanzia processuale stabilita dall’art. 414 cod. proc. pen.
Il difensore, d’altra parte, per quanto è dato intendere dalla non agevole lettura dell’atto nel suo complesso, per le ragioni evidenziate in premessa, non allega nell’ambito del quarto motivo di ricorso il decreto di archiviazione nei confronti del COGNOME in relazione al reato di estorsione sub C) né lo trascrive, indicandone gli estremi.
5. I motivi dal quinto all’undicesimo sono incentrati sull’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 192 cod. proc. pen., in ordine alla valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (il quinto motiv riguarda, in AVV_NOTAIO, il narrato dei collaboratori; gli altri motivi si riferiscono dichiarazioni, rispettivamente, di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME).
Innanzitutto, va ribadito quanto affermato dalle sezioni unite, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibili delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027 – 04).
In ogni caso, non sussiste il vizio di mancanza della motivazione, per omessa valutazione nella sentenza impugnata delle allegazioni difensive, in astratto idonee ad incidere sul giudizio di attendibilità delle testimonianze in oggetto.
5.1. I giudici di merito – e, in particolare, la corte territoriale, riscontran motivi di impugnazione, reiterati in questa sede – hanno indicato, infatti, le ragioni in base alle quali hanno ritenuto il COGNOME, il COGNOME, la COGNOME, il COGNOME, il COGNOME e il COGNOME diretti conoscitori dei rapporti intrattenuti dall’imputato con esponenti della criminalità organizzata e all’interno del Comune di Torre del Greco, quale intermediario dei RAGIONE_SOCIALE, coinvolto nelle estorsioni relative agli appalti pubblici, soffermandosi, in particolar modo, sulle dichiarazioni del COGNOME, il quale aveva ammesso di aver gestito personalmente l’estorsione di cui al capo C); hanno sottolineato che tutti i collaboratori si erano rivolti al COGNOME perché interveniss nella gestione di affari riservati alla competenza dell’ente territoriale; hanno indicato gli elementi di riscontro (le dichiarazioni sovrapponibili nei contenuti accusatori, le intercettazioni); hanno escluso motivi di risentimento che potessero condizionare la veridicità del narrato.
La sentenza del Tribunale, in termini più dettagliati, ha ricostruito la condotta delittuosa inserendola nell’ambito di una indagine ad ampio spettro, avente ad oggetto i legami illeciti tra le associazioni criminali operanti in Torre del Greco ne periodo temporale compreso tra il 2008 e il 2014 e le imprese appaltatrici di lavori in favore degli enti. In tale contesto, secondo le indicazioni dei collaboratori di giustizia, venne a inserirsi la figura di NOME COGNOME, titolare all’epoca dei fatti una ditta che svolgeva servizi di pulizia all’interno dei locali criminali intermediario tra le imprese appaltatrici e i RAGIONE_SOCIALE. Per il reato estorsivo sub C) sono state valutate, in particolare, le dichiarazioni eteroaccusatorie del COGNOME, dissociatosi nel 2015 dal RAGIONE_SOCIALE, a conoscenza diretta dei fatti; per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa sub A) sono state esaminate con rigore di analisi le dichiarazioni dei suddetti collaboratori, escludendosi che gli stessi fossero animati dalle finalità ritorsive genericamente dedotte dalla difesa che, per il resto, ha prospettato letture alternative delle prove dichiarative, ritenute già i sede di merito poco plausibili e, a maggior ragione, da considerarsi precluse in sede di legittimità, a fronte di un percorso motivazionale esente da rilievi sul piano logico.
5.2. Il tredicesimo e il quattordicesimo motivo costituiscono – rispetto alla condanna per il capo A) – una sostanziale riproposizione di argomentazioni afferenti al merito, già allegate con le censure relative all’attendibilità d collaboratori di giustizia: il tredicesimo motivo, infatti, tende a screditare testimonianza di NOME COGNOME, in relazione al concorso esterno riferito al RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2008/2009; il quattordicesimo, le deposizioni dei vari collaboratori, con riferimento al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per gli anni 2012/2014.
La sentenza impugnata, con puntuali richiami alla pronuncia del Tribunale, ha ribadito il tenore delle dichiarazioni del COGNOME, del COGNOME e della COGNOME nonché delle intercettazioni in atti per confermare l’ingerenza del COGNOME nei rapporti tra il Comune e il RAGIONE_SOCIALE; l’imputato, pur non essendo organicamente inserito all’interno dell’associazione mafiosa, era uno strumento esterno che consentiva all’organizzazione stessa di avvantaggiarsi dei proventi derivanti dalle estorsioni ai danni delle imprese appaltatrici.
Dal testo della sentenza impugnata risulta che uguale riscontro probatorio sussiste per il supporto al RAGIONE_SOCIALE per il biennio 2012/2014 (in tale contesto si è anche dato conto della valutazione della testimonianza indiretta di NOME COGNOME).
A fronte dei rilievi della difesa, si è altresì specificato che, sebbene non potessero ritenersi adeguatamente riscontrate le dichiarazioni dei collaboratori con riferimento al fatto che COGNOME fosse intervenuto a monte sulle gare pubbliche, truccandole, era stato tuttavia provato il frammento accusatorio consistente nella
condotta con la quale costui, estorcendo del danaro alle imprese, ne riversava una parte agli esponenti del RAGIONE_SOCIALE locale: in tal modo, non solo otteneva un illecito beneficio proprio, ma rafforzava al contempo la struttura dell’associazione, rifornendola di capitali e consentendole di finanziare i propri scopi.
Le conclusioni sul punto dei giudici di merito sono lineari e prive di incongruenze sul piano della logica argomentativa: le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, seppure in alcuni casi siano rimaste prive di riscontro in ordine ai singoli delitti contestati all’imputato, hanno tuttavia consentito d accertarne il ruolo attivo nel favoreggiamento dei RAGIONE_SOCIALE, così come ricostruito in atti.
La condanna per l’estorsione aggravata di cui al capo C) conferma l’intermediazione del COGNOME, in danno – nel caso specifico – del titolare della RAGIONE_SOCIALE, in concorso con esponenti della criminalità organizzata.
5.3. Il diciassettesimo e il diciannovesimo motivo si riferiscono a tale reato, contestandosi l’insussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi previsti dall’ar 629 cod. pen. (in particolar modo della violenza o minaccia nei confronti della vittima) e i criteri di valutazione della prova, con reiterato riferimento al dichiara del collaboratore di giustizia.
Innanzitutto, va ribadito che trattasi di cosiddetta “doppia conforme”, con la conseguenza che la verifica di legittimità è circoscritta all’errore idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, sussistendo il limite del devolutum e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio.
Nello specifico, non sussiste alcuna incongruenza motivazionale (pagine 22 e 23 della sentenza impugnata), avendo la corte territoriale riscontrato le eccezioni della difesa, in relazione anche alla ulteriore documentazione prodotta, richiamando le puntuali argomentazioni del tribunale, con riferimento alle prove dell’estorsione (la sentenza di condanna dei coimputati – e, fra essi, di NOME COGNOME, chiamante in correità – all’esito di giudizio abbreviato, le dichiarazion degli altri collaboratori, le intercettazioni ambientali – in particolare, quelle rela alle conversazioni con il politico COGNOME), attestanti che il COGNOME avvicinò in varie occasioni il rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE esigendo per conto dei RAGIONE_SOCIALE il pagamento di quote estorsive, in parte trattenute per sé e in parte consegnate a esponenti delle organizzazioni criminali; irrilevante – a fronte dell’univoca valenza accusatoria del quadro probatorio – è stata ritenuta la negazione dell’estorsione da parte della vittima.
Altri motivi di ricorso riguardano il trattamento sanzionatorio, sotto il profil dell’aggravamento della pena e del mancato riconoscimento di benefici premiali; si tratta anche in questo caso di censure che reiterano deduzioni difensive e che risultano, in ogni caso, manifestamente infondate.
Per quanto riguarda l’aggravante dell’associazione armata, contestata in relazione al capo A), la sentenza impugnata ha evidenziato (pag. 24): la tipologia dei rapporti intrattenuti dal COGNOME con i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; la disponibilità di armi da parte di tali organizzazioni criminali, acquisita agli atti tramite sentenze passate in giudicato; la conoscenza diretta di tale circostanza da parte dell’imputato così come emersa dal tenore di alcune conversazioni intercettate (quindicesimo motivo).
In relazione all’aggravante dell’estorsione (art. 416-bis.1 cod. pen.), si è evidenziato il duplice profilo del metodo mafioso (l’imposizione di un pizzo a cadenze regolari) e dell’aver agito al fine di agevolare l’organizzazione camorristica, nella piena consapevolezza del COGNOME della destinazione delle somme estorte alle casse dei RAGIONE_SOCIALE (diciottesimo motivo).
Il diniego delle attenuanti generiche è stato giustificato, con motivazione sufficiente, insuscettibile di censure in sede di legittimità, per la personalit negativa del ricorrente, così come desumibile dalla gravità dei fatti per i quali è stato condannato (sedicesimo motivo).
I giudici di merito, inoltre, hanno spiegato le ragioni del sequestro conservativo, così come ridotto con provvedimento datato 1 giugno 2020, a garanzie delle spese del procedimento, ancora in corso, evidenziando che si tratta di un provvedimento di natura cautelare da impugnarsi con specifici mezzi previsti dal codice di rito (ventesimo motivo di ricorso).
E, in effetti, il ricorrente non considera che la mancata proposizione del riesame ai sensi dell’art. 318 cod. proc. pen. determina la definitività del sequestro conservativo a garanzia delle spese di giustizia, con la conseguenza che la misura deve considerarsi irrevocabile (sez. 6, n. 4459 del 24/11/2016, dep. 2017, Fiorani, Rv. 269614).
Restano, infine, da definire le censure del ricorrente oggetto di motivi aggiunti.
Con il dodicesimo motivo di ricorso si eccepisce il mancato esame da parte della corte territoriale dell’eccezione sull’inutilizzabilità delle captazioni alla stre dei principi di cui alla sentenza Cavallo delle sezioni unite; eccezione formulata con motivi aggiunti che la corte territoriale ha ritenuto tardivamente depositata, attesa la novità della questione sottoposta al suo esame.
Tale profilo assume carattere assorbente: “non avendo incastonato il motivo nel primigenio atto di gravame” – come la stessa difesa riconosce (pag. 204 del ricorso) – non rileva la generica eccezione di inutilizzabilità inizialmente sollevata, trattandosi all’evidenza di una specifica eccezione processuale che doveva essere proposta nel rispetto dei termini di legge; diversamente argomentando, qualsiasi profilo attinente all’utilizzabilità degli atti potrebbe essere allegato al processo fi alla fase decisionale qualora genericamente prospettata con l’atto di impugnazione.
8.1. L’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincol connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME Giacinto, Rv. 277850): resta precluso pertanto l’esame delle ulteriori doglianze contenute nelle memorie depositate, in aggiunta a quelle oggetto di alcuni dei motivi del ricorso principale.
8.2. È opportuno in ogni caso sottolineare – a fronte della reiterata doglianza circa il mancato esame di eccezioni, documenti e scritti difensivi – che il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luc quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini decidere, purché tale valutazione risulti – come nel caso in esame – logicamente coerente. Sotto tale profilo, dunque, la censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi risultanti in atti, costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende, implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri (sez. 5, n. 2459 del 17/04/2000, Garasto, Rv. 216367).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo.
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PQM
zg GLYPH Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle -1 GLYPH spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle m- ammende.
Così deciso in Roma il giorno 29 novembre 2023
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