Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 32944 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 32944 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato a Campi Salentina il 02/10/1990 avverso l’ordinanza del 13/05/2025 del Tribunale di Lecce
Visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 13 maggio 2025 il Tribunale di Lecce ha confermato il provvedimento emesso il 16 aprile 2025 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, con cui ad NOME COGNOME è stata applicata la misura cautelare dedit i custodia in carcere in ordine a due reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, aggravati dall’art. 416-bis.1 cod. pen.
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
2.1. Violazione di legge e vizi della motivazione circa la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati contestati ai capi B9) e B12). L’ordinanza impugnata difetterebbe di autonoma valutazione, poiché il Tribunale avrebbe effettuato un copia e incolla dell’ordinanza genetica, senza dare conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario.
2.2. Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e vizi della motivazione, non avendo il Tribunale dato risposta esaustiva ai rilievi formulati dalla difesa concernenti la valutazione delle esigenze cautelari. Il Tribunale non avrebbe considerato che all’indagato è stata applicata la misura cautelare massima, pur trattandosi di soggetto che ha precedenti, non specifici, per fatti commessi tra il lontano 2006 e il 2010 e che i contatti con il coindagato NOME risalirebbero al periodo giugno-settembre 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti o si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di meri abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del decisum e abbia adottato una motivazione congrua rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Alla luce di tali coordinate ermeneutiche va rilevato che l’ordinanza impugnata sfugge a ogni rilievo censorio.
Il primo motivo non è consentito.
Sulla base delle intercettazioni e delle immagini, riprese dal sistema di videocamere presso l’abitazione di NOME COGNOME, il Tribunale ha ritenuto accertato – quanto al reato di cui al capo B9) – che NOME COGNOME aveva ceduto a NOME COGNOME un involucro di sostanza stupefacente, che, come si evinceva dalle conversazioni intercettate, conteneva 200 grammi di cocaina.
Quanto al reato di cui al capo B12), il Collegio cautelare ha affermato che dalla visione dei fotogrammi emergeva che l’indagato, alla guida della sua moto, aveva svolto un ruolo di staffetta per l’autovettura che trasportava un ingente quantitativo di stupefacente.
A fronte di tali argomentazioni, con cui il Tribunale ha adeguatamente dato conto delle ragioni per cui ha ritenuto sussistente la gravità indiziaria per i reat ascritti al ricorrente, quest’ultimo si è limitato a svilire la valenza degli eleme acquisiti, sebbene l’ordinanza impugnata non presenti sul punto alcun profilo di illogicità.
3.1. Giova precisare che la prospettazione difensiva, fondata sulla necessità di un’autonoma motivazione da parte del Giudice del riesame, poggia su una premessa errata.
L’ordinanza cautelare, adottata dal tribunale, non richiede, a pena di nullità, l’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, in quanto tale requisito è previsto dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte ed è funzionale a garantire l’effettiva valutazione degli elementi addotti dalla Parte pubblica (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280603 – 01; Sez. 2, n. 40149 del 12/07/2022, COGNOME, Rv. 283976 – 01).
L’ordinanza del Tribunale del riesame, invece, presuppone il previo contraddittorio tra le parti, del cui contenuto il giudice deve dare conto ai fin della decisione assunta. In questo caso è inconferente il richiamo alla «autonomia» della motivazione, in quanto l’adesione acritica agli atti investigativi sarà censurabile non già per la mancanza di autonomia della motivazione, ma per la mancata giustificazione delle ragioni accolte, anche sotto l’aspetto dell’omessa considerazione delle eventuali opposte ragioni, in violazione del contraddittorio.
4. Il secondo motivo è privo di specificità.
Il Collegio della cautela ha rilevato che sussisteva il pericolo di recidiva, tenuto conto delle allarmanti modalità del fatto (l’indagato aveva ceduto cocaina e favorito il trasporto di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti relazionandosi anche con i capi di un sodalizio finalizzato al traffico di
stupefacenti) nonché della personalità negativa del ricorrente, gravato da numerosi precedenti. Ha evidenziato anche il ruolo svolto dall’indagato nell’ambito del sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti, pur se non gli er stato contestato il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90.
Il Tribunale ha aggiunto che unica misura idonea era quella applicata, poiché solo l’isolamento dall’ambiente malavitoso poteva prevenire il rischio di una ricaduta nella commissione di illeciti della stessa natura.
Con tale apparato giustificativo, privo di vizi censurabili in questa sede, il ricorrente non si è adeguatamente confrontato, posto che, nella sostanza, si è limitato a contestare il ragionamento, articolato dal Giudice del riesame, senza evidenziare profili di effettiva illogicità.
La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) – della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende.
La Cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all’art. 94, comma disp. attuaz. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18 settembre 2025.