Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28217 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28217 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a CESENA il 06/01/2003 NOME nato il 15/07/1998
avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME COGNOME e di COGNOME COGNOME e le memorie sopravvenute nell’interesse di quest’ultimo;
rilevato che, con il primo motivo di ricorso, NOME COGNOME assume che le dichiarazioni rese dalla persona offesa della rapina perpetrata in data 17/07/2021 non sono sufficienti a far ritenere la materiale apprensione dei monili, così che non può ritenersi provata la consumazione del delitto, così configurandosi piuttosto u tentativo. Tale motivo è inammissibile perché si presenta come una rilettura delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, così risolvendosi in una proposta di un risultato probatorio alternativo a quello dei giudici di merito che, in quanto tale, non è scrutinabile in sede di legittimità. Peraltro, giova ribadire che ogni vaglio critico circa il giudizio di attendibilità della deposizione della persona offesa ovvero dei testimoni è precluso innanzi alla Suprema Corte in ossequio al principio incontroverso in giurisprudenza secondo il quale la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (in tal senso cfr. Sezioni Unite, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione; in questo senso, Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623 – 01);
considerato che il motivo in esame è inammissibile anche nella parte in cui denuncia la violazione delle regole della valutazione della prova prospettando un diverso risultato probatorio, dovendosi a tale proposito ribadire che, «in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi delrart.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, pertanto può essere fatta valere soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravame» (Sez. 6, n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, Rv. 278196 – 02);
rilevato che il secondo motivo del ricorso di COGNOME con il quale si duole del giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, è inammissibile in quanto la questione non risulta devoluta al giudice dell’appello e non può essere sollevata per la prima volta davanti alla Corte di cassazione, dovendosi rammentare che «nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti le statuizioni del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con
specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (Massime Conformi n. 4712 del 1982, Rv. 153578; n. 2654 del 1983 Rv. 163291)» (Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018, dep. 18/01/2019, COGNOME, Rv. 274346);
considerato che il principio ora enunciato non viene superato dalla presentazione della questione in appello con motivi aggiunti, dovendosi ricordare che «nel giudizio di impugnazione, la facoltà della parte di presentare memorie non può superare le preclusioni fissate dai termini per impugnare e da quelli concessi per la presentazione di motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, commi 1, 4 e 5, cod. proc. pen., sicché la memoria difensiva non può contenere doglianze ulteriori e diverse rispetto a quelle proposte con il gravame o con i motivi aggiunti ma può solo supportare, con dovizia di particolari e più puntuali argomentazioni, i temi già devoluti con il mezzo di impugnazione proposto. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso l’eccepito difetto di motivazione sulla memoria difensiva depositata all’udienza di discussione, contenente la richiesta di riconoscimento delle attenuanti generiche, non potendo ritenersi la stessa sviluppo dei motivi d’impugnazione originari, relativi alla responsabilità penale e all commisurazione della pena)» (Sez. 3, n. 25868 del 20/02/2024, COGNOME, Rv. 286729 – 01). In tal senso va rimarcato che il motivo inerente al giudizio di bilanciamento costituisce un punto autonomo della decisione, sicché, ove l’appello originario -come nel caso in esame- abbia avuto riguardo ad altri aspetti del trattamento sanzionatorio (nel caso in esame la configurabilità dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.) non ci si può dolere, con ì motivi aggiunti, dell’omess motivazione in relazione al giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee;
considerato che il terzo motivo d’impugnazione di COGNOME con cui si sostiene che il fatto in danno di 3esus NOME Da NOME Bruno andava qualificato ai sensi dell’art. 378 cod. pen., non è formulato in termini consentiti in questa sede dalla legge, poiché fondato su mere doglianze in punto di fatto riproduttive di profili d censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e gi adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale, dovendosi gli stessi considerare privi di specificità e soltanto apparenti, in quanto omettono un effettivo confronto con la complessità delle ragioni di fatto e di diritto poste a bas della sentenza impugnata;
considerato che l’unico motivo d’impugnazione nell’interesse di Labid, con cui si duole della mancata esclusione della recidiva, risulta manifestamente infondato, atteso che i giudici hanno spiegato che i fatti contestati erano espressione di un’accresciuta pericolosità, in ragione delle plurime azioni delittuose perpetrate, così che la motivazione è conforme ai principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla
gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.,
e le precedenti condanne, il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede
verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore crinninogeno
per la commissione del reato “sub iudice” (Sez. 2, n. 10988 del 07/12/2022, dep.
2023, Antignano, Rv. 284425 – 01).;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
rimarcato che l’inammissibilità del ricorso originario preclude ogni possibilità
di valutare i motivi nuovi e le argomentazioni esposte con la memoria sopravvenuta nell’interesse di NOME COGNOME dovendosi a tale proposito rammentare
che «l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può
essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che inficia i motivi originari per l’imprescindibile vincolo
connessione esistente tra gli stessi e considerato anche che deve essere evitato il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione» (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.