Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5925 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5925 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catanzaro il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/05/2023 del Tribunale di Catanzaro letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento di cui in epigrafe, il Tribunale di Catanzaro ha confermato l’ordinanza cautelare emessa in data 3 aprile 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro con la COGNOME è stata applicata a NOME COGNOME la custodia cautelare in carcere per la ritenuta gravità indiziaria per il reato di cui all’art. 416-bis, comma 2, cod. pen. (capo 1) COGNOME promotore dell’associazione mafiosa, nonché fatti di estorsione aggravata (capi 25 e 45), di
furto aggravato (capi 32 e 34), di ricettazione aggravata (capo 46) nonché di vertice dell’associazione dedita al narcotraffico ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 aggravato (capo 93) e plurimi episodi di spaccio, detenzione illegale e occultamento di stupefacenti (capi 101,102,112,122,165, 223 e 240).
Avverso detta ordinanza propone ricorso il difensore di NOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Il primo censura il provvedimento impugnato per violazione di legge in relazione all’art. 416-bis, comma 2, cod. pen. e mancanza di motivazione circa un effettivo giudizio critico sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia visto NOME COGNOME non aveva indicato le mansioni del ricorrente in seno all’associazione, errando l’indicazione del clan di riferimento; NOME COGNOME e NOME COGNOME, pur coniugati con persone di etnia Rom (al pari dell’indagato), non lo avevano menzionato neanche come partecipante alle riunioni.
Il provvedimento impugnato aveva invece valorizzato le riprese visive del ricorrente nel quartiere di INDIRIZZO Isonzo, antecedenti al maggio 2019 cioè quando la RAGIONE_SOCIALE non era ancora autonoma, di per sè irrilevanti specie in ordine al suo ritenuto ruolo apicale.
Il Tribunale aveva ritenuto erroneamente che il ricorrente avesse il potere gestorio nella spartizione del denaro estorto nonostante nel dialogo tra NOME COGNOME ed NOME COGNOME, del 24 marzo 2019, risultasse la sua rinuncia al compenso estorsivo in favore di NOME COGNOME, del clan COGNOME di Isola Capo Rizzuto, e fosse stato il fratello NOME ad avere affrontato il referente delle cosche RAGIONE_SOCIALE per definire i rispettivi rapporti.
Il ricorso censura la motivazione del Tribunale per avere attribuito al ricorrente la posizione di vertice in assenza di elementi indiziari circa la concreta responsabilità e posizione, l’affiliazione alla RAGIONE_SOCIALE; la stipula di con altre consorterie; l’esternazione di costituire l’associazione; anche nella conversazione numero 4535 del 1 agosto 2019 era stato solo il fratello, NOME COGNOME, ad ordinare a COGNOME di controllare un cantiere e a COGNOME di organizzare un presunto atto intimidatorio mai avvenuto.
Inoltre, il ruolo di vertici attribuito a NOME COGNOME è fondato unicamente sulla sua capacità intimidatoria e sui suoi rapporti di parentela con il capo della neonata consorteria, in assenza di riconoscimento della casa madre.
2.2. Il secondo motivo censura il provvedimento impugnato per violazione dell’art. 416-bis cod. pen. e contraddittorietà della motivazione in quanto i pregressi giudicati menzionati nell’ordinanza cautelare oltreché le indagini hanno dimostrato che il controllo dell’area del catanzarese è appannaggio della RAGIONE_SOCIALE di
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Isola Capo Rizzuto e che, come rappresentato dal collaboratore NOME COGNOME, gli esponenti della comunità nomade di Catanzaro non avevano un ruolo autonomo.
Nessun collaboratore di giustizia, inoltre, ha indicato NOME COGNOME come intraneo al clan RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e, in sostanza, manca la prova che il clan RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fosse una propaggine locale della casa madre.
Solo a partire da maggio 2019 emerge la volontà di NOME COGNOME di intraprendere in autonomia estorsioni verso gli imprenditori del catanzarese, con l’effetto, sotto il piano giuridico, che tutte le condotte commesse prima costituiscono dati non sintomatici dell’operatività del presunto neonato clan.
Tutti i reati fine attribuiti all’odierno ricorrente, ad eccezione del furt bestiame di cui al capo 34, sono successivi al maggio 2019 e, dunque, non possono essere espressivi dell’esistenza del nuovo RAGIONE_SOCIALE, non assumendo alcuna valenza la caratura criminale e gli altri delitti commessi prima, specialmente i furti e i reati in materia di droga.
Le due estorsioni successive al maggio 2019 (capi 2 e 39) non esprimono il requisito del metodo RAGIONE_SOCIALE: per il capo 2 perché le dichiarazioni dell’imprenditore NOME COGNOME davano atto che la protezione proveniva dagli RAGIONE_SOCIALE e non dal clan nomade; per il capo 39 perché si tratta del cosiddetto cavallo di ritorno in cui manca la forza intimidatrice dell’estorsore.
Con riferimento, infine, ai delitti in materia di detenzione di armi i sequestri operati sono risalenti e hanno riguardato o ignoti o persone non affiliate alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, comunque singoli e non il neonato clan.
Anche le riunioni dei soggetti di etnia Rom, immortalate dalle telecamere, sono antecedenti al maggio 2019 e comunque la presunta velleità di COGNOME di affrancarsi dall’egemonia del clan madre non si è mai realizzata come dimostrano la spendita del nome RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la mancata commissione di episodi volti al controllo del territorio e delle attività economiche, l’esistenza di un’effettiva autonoma capacità di intimidazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile perché riversato totalmente in fatto, reiterativo e generico.
2. I motivi possono essere esaminati congiuntamente perché pongono, anche con una certa ridondanza e ripetitività, i medesimi argomenti.
2.1. Costituisce principio consolidato che, in caso di ricorso avverso provvedimenti in materia di misure cautelari, la Corte di cassazione è tenuta a verificare esclusivamente se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni del suo convincimento su punti rilevanti per il giudizio. Cosicché l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ex art. 273 cod. proc. pen., o delle esigenze cautelari, ex art. 274 cod. proc. pen., è rilevabile in sede di legittimità solo se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Da ciò consegue che sono inammissibili quelle censure che, come nel caso di specie, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
Inoltre, in materia di intercettazioni telefoniche o ambientali, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337).
2.2. L’ordinanza impugnata, come quella genetica, prima di esaminare la posizione di NOME COGNOME e dei numerosi reati contestatigli in via provvisoria, ha dedicato ampio spazio alla ricostruzione del RAGIONE_SOCIALE nomadi stanziali nel territorio catanzarese, RAGIONE_SOCIALE che da oltre venti anni svolge attività criminali con una forte capacità di intimidazione facente capo alle famiglie nomadi COGNOME, a base verticistica e con vincoli di parentela, per anni braccio operativo delle cosche storiche di ‘ndrangheta della famiglia COGNOME di Isola Capo Rizzuto e del clan dei RAGIONE_SOCIALE di Catanzaro, LiC’iIC,c ( 4 , successivamente affrancatesi, e divenuto iun esponente di spicco, come NOME COGNOME, 40( un’associazione mafiosa dotata di autonomo potere di sopraffazione.
Il provvedimento impugnato ha quindi delineato la figura del ricorrente come soggetto apicale a partire dalle dichiarazioni, convergenti e riscontrate, dei collaboratori di giustizia (COGNOME, COGNOME e COGNOME), di cui è stata accertata la credibilità, soggettiva ed oggettiva, tutti intranei da tempo nella compagine ndranghetista.
Dette dichiarazioni, a loro volta, erano state supportate dall’analitica disamina del compendio indiziario, su cui non è stato dedotto sostanzialmente nulla nel ricorso, e costituito da: conversazioni intercettate, tutte puntualmente riportate; servizi di appostamento videoregistrati compiuti in INDIRIZZO Isonzo a decorrere dal 15 ottobre 2018; dichiarazioni di alcuni imprenditori presi di mira dal gruppo RAGIONE_SOCIALE
che da questo avevano subito intimidazioni; sequestri di stupefacente; arresti in flagranza; plurime dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE assuntori di droga che hanno riconosciuto i fornitori.
2.3. Tutto ciò premesso i motivi di ricorso si limitano, da un lato, a criticar genericamente il puntuale racconto del collaboratore COGNOME e la mancata menzione del ricorrente da parte dei collaboratori COGNOME e COGNOME a fronte di un ricchissimo apparato intercettivo che, invece, conferma il contributo dichiarativo; dall’altro lato, a reiterare la questione dell’epoca delle ripre eseguite nel quartiere AVV_NOTAIO del clan, in INDIRIZZO, priva di valenza proprio in ragione della continuativa ed autonoma attività criminale della RAGIONE_SOCIALE.
Altre censure riguardano il contenuto delle intercettazioni rispetto al COGNOME il Tribunale ha, invece, fornito una motivazione che non può definirsi manifestamente illogica o contraddittoria e, pertanto, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
Il ruolo apicale del ricorrente nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE risulta, pertanto, d numerosi e convergenti elementi, tutti puntualmente richiamati dal Tribunale, tra i quali l’ intercettazione del 13 agosto 2019 (progr. 4830), mai richiamata nel ricorso, in cui il ricorrente assume accordi spartitori sulle estorsioni, stretti NOME COGNOME COGNOME rappresentante delle cosche isolitane; mentre le altre conversazioni, a prescindere dal ruolo assunto specificamente dal ricorrente nei singoli episodi, sono servite al Tribunale per delineare gli assetti tra clan, modalità di gestione delle estorsioni, le ragioni RAGIONE_SOCIALE atti intimidatori, la ripartizi dei proventi, i ruoli assunti da ciascuno, ecc.
Il ricorrente, a fronte di decine di intercettazioni, si limita a richiamar specificamente due (del 24 marzo 2019, progr. 1416 e del 1 agosto 2019, progr. 4535) all’unico fine di scaricare sul fratello NOME l’esclusiva responsabilità direttiva del clan e per operare una lettura minimalista e parcellizzata logicamente esclusa dal provvedimento impugnato.
I motivi di ricorso relativi ai reati-fine, eccetto il capo 34 non impugnato sono aspecifici.
Premessa l’irrilevanza della distinzione temporale tra condotte commesse prima e dopo maggio 2019 in quanto il provvedimento impugnato, con argomenti puntuali e fondati su precisi atti compiutamente indicati, colloca la nascita dell’autonomo RAGIONE_SOCIALE di appartenenza del ricorrente al 2017; sono proposte censure alle estorsioni di cui ai capi 2 e 39 non esaminate dal provvedimento impugnato in quanto non contestategli.
In relazione alla detenzione di armi da parte dell’associazione, il ricorso si limita a richiamare il contenuto della richiesta di misura cautelare ed i decreti di
sequestro operati negli anni, senza mai menzionare il provvedimento impugnato, cosicchè non è dato comprendere l’oggetto della censura.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e i ricorrente va condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
La AVV_NOTAIO estensora Così deciso il 30 novembre 2023 Il Presidente