Ricorso per cassazione: i limiti del riesame del fatto e della prova decisiva
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito alcuni principi fondamentali che governano il ricorso per cassazione nel processo penale. La decisione sottolinea una netta linea di demarcazione tra il giudizio di merito, dove i fatti vengono accertati, e il giudizio di legittimità, dove si controlla solo la corretta applicazione della legge. Analizziamo questa pronuncia per comprendere i limiti imposti a chi intende contestare una sentenza di condanna davanti alla Suprema Corte.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di rapina aggravata. L’imputato, non accettando la decisione della Corte d’Appello, ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali: un presunto vizio di motivazione e la mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva, e un’errata qualificazione giuridica del reato.
I motivi del ricorso: una nuova lettura dei fatti
L’imputato ha contestato la sentenza d’appello sostenendo che la sua responsabilità fosse stata affermata sulla base di una motivazione errata. In particolare, ha lamentato la mancata acquisizione di alcune conversazioni che, a suo dire, avrebbero potuto scagionarlo. Questo, secondo la difesa, configurava la mancata assunzione di una ‘prova decisiva’.
In secondo luogo, il ricorrente ha sostenuto che, anche ammettendo una sua responsabilità, i fatti avrebbero dovuto essere qualificati come ricettazione (art. 648 c.p.) e non come rapina (art. 628 c.p.), un reato punito molto più severamente.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione: il divieto di un terzo grado di merito
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti essenziali sui limiti del proprio potere di revisione. La decisione si articola sulla base dei due motivi di ricorso presentati.
Limiti del ricorso per cassazione sulla motivazione
Sul primo punto, la Corte ha spiegato che le censure del ricorrente non erano ammissibili perché si risolvevano in una richiesta di rilettura delle prove e di una nuova ricostruzione dei fatti. Il ricorrente, in sostanza, non contestava un vizio logico o giuridico della sentenza, ma proponeva una propria versione dei fatti, già esaminata e respinta dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ribadito che il suo ruolo non è quello di un ‘terzo grado di merito’ e non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno esaminato le prove direttamente. Il giudizio di legittimità si limita a verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia completa, non contraddittoria e non manifestamente illogica.
In merito alla presunta ‘prova decisiva’, la Corte ha richiamato un principio consolidato: una prova è decisiva solo quando, se fosse stata ammessa, avrebbe certamente portato a una decisione diversa. Nel caso di specie, i giudici d’appello avevano già ritenuto il quadro probatorio a carico dell’imputato ‘sufficiente, completo e costituito da elementi già idonei’ a fondare la condanna, rendendo irrilevante l’acquisizione di ulteriori elementi.
La corretta qualificazione giuridica del fatto
Anche il secondo motivo è stato respinto come ‘manifestamente infondato’. La Suprema Corte ha rilevato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e giuridicamente corretta per qualificare il fatto come rapina, basandosi sugli elementi emersi durante il processo. Non sussisteva quindi alcuna erronea applicazione della legge penale che potesse giustificare un annullamento della sentenza.
Conclusioni: L’Insegnamento della Suprema Corte
Questa ordinanza è un’importante conferma dei paletti procedurali del ricorso per cassazione. Insegna che non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dai giudici di merito per ottenere una revisione dalla Suprema Corte. Il ricorso deve individuare vizi specifici, come la violazione di legge o una manifesta illogicità del ragionamento, senza mai sconfinare in una richiesta di nuova valutazione dei fatti. La nozione di ‘prova decisiva’ viene interpretata in modo estremamente restrittivo, a conferma che il processo di formazione della prova si conclude nei gradi di merito.
Perché la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti di un processo?
Il suo ruolo è quello di ‘giudice di legittimità’, il che significa che il suo compito è verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente le leggi e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio. Non può sostituire la propria valutazione delle prove a quella fatta nei primi due gradi di giudizio.
Cosa si intende per ‘prova decisiva’ nel contesto di un ricorso per cassazione?
Una prova è considerata ‘decisiva’ solo se, qualora fosse stata ammessa nel processo, avrebbe avuto la certezza di condurre a una sentenza diversa. Non è sufficiente che la prova sia semplicemente utile o rilevante; deve essere così impattante da invalidare la struttura portante della motivazione della sentenza impugnata.
Per quale motivo il tentativo di riqualificare il reato da rapina a ricettazione è fallito?
La Corte ha ritenuto il motivo ‘manifestamente infondato’ perché la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione adeguata e corretta, sia dal punto di vista logico che giuridico, per sostenere l’accusa di rapina. Non è stato riscontrato alcun errore nell’applicazione della legge penale da parte dei giudici di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23271 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23271 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 19/06/1998
avverso la sentenza del 06/11/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso – che contesta la correttezza dell motivazione posta a base dell’affermazione di responsabilità per il delitto di ra aggravata e la mancata assunzione di una prova decisiva – non è consentit poiché, da un lato, risulta fondato su profili di censura che si risolvono reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Cor merito, dall’altro, è articolato esclusivamente in fatto e sulla base di una d lettura dei dati processuali e di una differente ricostruzione storica dei f pertanto, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando e ai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi prob posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e divers parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti;
considerato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, hanno indicato i plurimi elementi idonei a dimostrare penale responsabilità del ricorrente in ordine al reato ascritto (si vedano l 6-8 della sentenza impugnata) e che tale ricostruzione, in nessun mod censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fonda apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
che, inoltre, con particolare riferimento alla doglianza relativa alla manca acquisizione delle conversazioni intercorse tra l’odierno ricorrente e la COGNOME ribadito il principio affermato dalla consolidata giurisprudenza di legitti secondo cui «in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi “decisiva”, secon la previsione dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., la prov confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale c ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la strut portante» (Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670 – 01); nel caso specie, invece, il giudice di appello ha correttamente considerato il qua probatorio sufficiente, completo e costituito da elementi già idonei a condu all’affermazione di responsabilità;
osservato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta l’erronea qualificazione giuridica del fatto sussunto nel delitto di cui all’art. 628 co anziché in quello di cui all’art. 648 cod. pen., è manifestamente infondato a fr di una motivazione (cfr. pag. 8) che, mediante corretti argomenti logici e giurid dà conto adeguatamente della sussistenza del delitto ascritto, sia richiamand singoli elementi a sostegno del giudizio di responsabilità in tal senso
affermando la mancata produzione, da parte dell’imputato, di elementi in grado d supportare la sua versione alternativa;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso, il 23 maggio 2025.