Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 513 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 513 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOMECOGNOME nato a San Severo il 31/01/1952
avverso la sentenza del 02/11/2023 della Corte d’appello di Bari
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 02/11/2023 la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza del Tribunale di Foggia in data 07/10/2021, nel dichiarare la prescrizione dei reati urbanistici ascritti a NOME COGNOME e revocare l’ordine di demolizione disposto in primo grado, confermava nel resto la prima sentenza (risarcimento del danno in favore della parte civile da liquidarsi in separata sede).
Avverso tale sentenza l’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
Si duole della valorizzazione della deposizione del teste COGNOME parte civile, utilizzata per disattendere la tesi difensiva dell’epoca di realizzazione delle opere abusive, la quale sarebbe smentita dalle risultanze istruttorie, come emerge dalla visione delle foto presenti in atti e dalla relazione del c.t. Inglese.
In data 06/11/2024 l’Avv. NOME COGNOME per l’imputato, depositava memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso Ł inammissibile.
Il ricorrente sollecita a questa Corte una rivalutazione del compendio probatorio, evidentemente preclusa in sede di legittimità, e propone in ogni caso censure motivazionali che parimenti non possono trovare ingresso in questa sede, consistendo gli stessi nella differente comparazione delle risultanze istruttorie effettuate concordemente dai due giudici del merito.
Ed infatti, la natura «manifesta» della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto (v., ex multis , Sez. 3, n. 35121 del 2024 30/05/2024, Fonga). In altre parole, la motivazione del provvedimento deve risultare sostanzialmente «priva di logica»: non può infatti opporsi alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, rimanendo irrilevante la diversa lettura o interpretazione degli atti di causa (Sez. 3, n. 26527 del 11/04/2024, COGNOME, Rv. 286792 – 03; Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Rv.250362 – 01; Sez. 1, n. 7252 del 17/03/1999, COGNOME, Rv. 213705 – 0).
Pertanto, sono inammissibili tutte le doglianze che «attaccano» la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. (Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 – dep. 31/03/2015, 0., Rv. 26296501).
Nel caso in esame, in tutta evidenza tale ipotesi di ‘manifesta’ infondatezza non sussiste, avendo la Corte territoriale argomentato – con percorso logico che non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità – che dalla deposizione della persona offesa si evinceva uno stabile livellamento del terreno, operato in quei giorni del 2016, in grado di consentire un deflusso di acque piovane sul suo fondo (la Corte di appello rammenta inoltre che in presenza di cause estintive il giudice civile deve interamente rivalutare il fatto in contestazione, in quanto la sentenza di proscioglimento non ha valore di giudicato extrapenale).
5. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME