Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38478 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38478 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SCAFATI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/02/2024 del TRIB. LIBERTA di SALERNO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME la quale ha chiesto pronunciarsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Salerno, in funzione di giudice del riesame cautelare, ha rigettato la richiesta di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Salerno-Ufficio Gip che aveva disposto la misura della custodia in carcere in relazione a fattispecie di concorso nella detenzione di sostanza stupefacente, unitamente tra l’altro a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME (contestata al capo 31 della contestazione provvisoria) e di partecipazione all’associazione per delinquere volta al traffico di sostanze stupefacenti, diretto e organizzato da COGNOME NOME e da COGNOME NOME, consistita nella messa a disposizione della propria abitazione sita in Scafati in INDIRIZZO, per la preparazione e il confezionamento dello stupefacente che successivamente veniva posto in vendita.
Confermava la gravità indiziaria in relazione alla prospettazione accusatoria sulla base di intercettazioni ambientali e telematiche disposte nei confronti di COGNOME NOME, da cui risultavano registrate le attività di preparazione e di confezionamento dello stupefacente, cui partecipava anche lo NOME, in cui venivano fatti espressi riferimenti al luogo in cui gli indagati si trovavano, alle modalità di accesso, alla scala e al citofono, così da potersi risalire all’abitazione del ricorrente; indicava altresì ulteriori riferimenti alla suddetta abitazione, rinvenuti nella rubrica telefonica del COGNOME, sulla cui utenza era stato inoculato un intercettatore Trojan.
Le esigenze cautelari erano ravvisate nella stabilità dell’apporto offerto all’associazione dallo RAGIONE_SOCIALE, avvalorato dalla messa a disposizione di un luogo dedicato alla preparazione dello stupefacente e dai contatti intrattenuti con molti degli associati, senza che fossero emersi elementi di recisione del vincolo associativo ovvero di accertata resipiscenza nel corso delle indagini, così da ostacolare la operatività della doppia presunzione relativa di cui all’ad:275 comma 4 cod.proc.pen.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione la difesa di COGNOME NOME il quale ha avanzato un unico motivo di censura con il quale denuncia difetto motivazionale, per manifesta illogicità e contraddittorietà, assumendo la equivocità del contenuto delle intercettazioni riportate nella ordinanza impugnata, le quali, sebbene contenessero alcuni riferimenti alla persona dell’indagato, non erano in grado di evidenziare, con la gravità indiziaria richiesta per la fase, che
effettivamente all’interno dell’abitazione dello COGNOME venisse svolta l’attività di preparazione dello stupefacente che traspariva dalle registrazioni, risultando le interlocuzioni ambigue e non decisive, così come le indicazioni della ubicazione dell’abitazione dell’indagato che trasparivano da un riferimento fatto dal COGNOME nella registrazione progressiva 2283 del 6 COGNOME 2022.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 motivi di ricorso risultano manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.
Va ricordato, in proposito, che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito. In questa prospettiva, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Tale controllo di logicità, comunque, deve rimanere “interno” al provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere ad una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o ad un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate (sez.2, n.27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv.276976; sez.4, n.26992 del 29/05/2013, PM in proc.Tiana, Rv.255460).
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e privi di analisi censoria degli argomenti posti a fondamento del giudizio di responsabilità del ricorrente.
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale, con riferimento alla riconosciuta gravità indiziaria, risulta coerente con le risultanze investigative e in particolare alla stregua del materiale captativo, riconducibile alle intercettazioni telematiche sulle utenze del co-indagato COGNOME, da cui emerge, in termini univoci che il ricorrente COGNOME aveva posto a disposizione la propria abitazione, quale luogo di stoccaggio e di preparazione dello stupefacente di cui l’associazione aveva la disponibilità, attività di preparazione e di confezionamento dello stupefacente cui partecipava lo stesso COGNOME unitamente ad altri sodali, alla stregua delle interlocuzioni intervenute con gli altri indagati. Il giudice del riesame ha indicato numerose interlocuzioni intercettate dalle quali emerge non solo la partecipazione di NOME COGNOME alla preparazione dello stupefacente (il quale veniva interpellato dagli altri indagati con un linguaggio esplicito che faceva riferimento ai vari strumenti di pesatura, taglio e confezionamento dello stupefacente, fino alla indicazione del numero di dosi singole preparate e alla loro destinazione), ma che individuava nell’abitazione dello NOME il luogo in cui tali attività venivano realizzate, in plurime occasioni, tra i mesi di Marzo e COGNOME 2022.
In merito al significato attribuito alle intercettazioni il giudice di legittimità ha poi affermato che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez.U, n.22471 del 26.2.2015,Sebbar, rv 263715) se non per ragioni di manifesta irragionevolezza ed illogicità (Sez.2, n.50701 del 4/10/2016, COGNOME e altri, Rv 268389; Sez.3, n.44938 del 5/10/2021 , COGNOME, Rv.282337), anche in ragione del valore indiziante delle intercettazioni telefoniche, in presenza di sistematiche e continuative attività di cessione di sostanze stupefacenti monitorate tramite lo strumento captativo (Sez.5, n.14853 del 21/12/2022, COGNOME, Rv.281138). Il giudice distrettuale non è incorso in tale vizio e comunque i motivi di ricorso omettono di evidenziare profili di manifesta illogicità e di travisamento, anche in relazione ai riferimenti tratti dal contenuto delle conversazioni intercettate al luogo in cui l’attività di preparazione dello stupefacente si stava compiendo (abitazione dello COGNOME sito in Scafati in INDIRIZZO), sulla base di richiami individualizzanti e riferimenti al citofono, alla scala e al piano di detto appartamento e alle indicazioni presenti sulla rubrica telefonica del DI COGNOME.
Sotto diverso profilo il giudice del riesame ha riconosciuto con motivazione priva di illogicità evidente la gravità indiziaria della partecipazione dello COGNOME al sodalizio criminoso, in ragione della continuativa e assidua partecipazione alla essenziale attività di custodia, preparazione e confezionamento dello stupefacente nella disponibilità del sodalizio, realizzata in concorso con numerosi altri sodali (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e lo stesso capo dell’organizzatore COGNOME NOME), nonché della messa a disposizione della propria abitazione per tali attività, nella consapevolezza di contribuire alle finalità dell’ente e, in particolare, alla destinazione dello stupefacente confezionato ad una fiorente attività di spaccio che sarebbe stata realizzata dagli altri sodali, in tale modo agevolando lo svolgimento della intera attività criminale e assicurando la concreta realizzazione del programma criminoso, in ragione della volontaria e consapevole realizzazione di concrete attività funzionali, apprezzabili come effettivo e operativo contributo all’esistenza e al rafforzamento dell’associazione (Sez. 6, Sentenza n. 34563 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 276692; sez.3, n.20003 del 10/01/2020, Rv.279505, COGNOME NOME).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero di responsabilità, al pagamento di somma alla cassa delle ammende, che si indica in dispositivo.
4.1. Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, disp. att./coord./trans. cod. proc. pen. – che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q. M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 25 giugno 2024
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