Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 36778 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 36778 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone, nel procedimento penale a carico di: COGNOME NOME, nato a Roccasecca il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Frosinone il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza del 23-02-2024 del Tribunale di Frosinone; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata; lette le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO, difensore degli indagati, il quale ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 23 febbraio 2024, con cui il Tribunale del Riesame di Frosinone ha revocato il decreto di sequestro preventivo emesso il 25 gennaio 2024 dal G.I.P. del Tribunale di Frosinone, avente ad oggetto lo stabilimento industriale nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE, società amministrata da NOME COGNOME e NOME COGNOME, indagati dei reati di cui agli art. 137, comma 9 (capo 1), 256, comma 2 (capo 2) e 279, comma 1 (capo 3), del d. Igs. n. 152 del 2006, essendo contestata la violazione della normativa ambientale concernente l’accumulo di rifiuti sul piazzale della società, con conseguente dilavamento delle acque meteoriche, la gestione incontrollata di rifiuti sotto alcune tettoie site nel piazzale, nonché le immissioni in atmosfera da parte di alcuni macchinari senza autorizzazione.
Il Tribunale del Riesame disponeva dunque la restituzione del capannone industriale al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Il ricorso è affidato a un unico motivo, con il quale sono state dedotte l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione rispetto al giudizi sul periculum in mora, evidenziandosi che, a differenza di quanto erroneamente sostenuto dal Tribunale, nel caso di specie sussiste la continuità soggettiva e imprenditoriale tra il precedente gestore e la nuova proprietaria dell’impianto.
Come si rileva dalla nota trasmessa dal NOME del 28 febbraio 2024, la società aggiudicataria RAGIONE_SOCIALE risulta proprietaria per il 95% delle quote della RAGIONE_SOCIALE e la proprietà della RAGIONE_SOCIALE risulta per il 50% della quote in all’indagato NOME COGNOME, a ciò aggiungendosi che, in adempimento dell’invito del Tribunale di vigilare sul rispetto delle prescrizioni impartite, i C.C. del Nip hanno accertato che il pericolo di prosecuzione delle attività illecite era gi divenuto attuale, atteso che al momento del sopralluogo eseguito il 5 marzo 2024 presso lo stabilimento, erano presenti operai della COGNOME intenti a lavorare che, colti di sorpresa, hanno immediatamente interrotto le loro attività; inoltre alcun macchinari erano ancora accessi e negli uffici era presente NOME COGNOME.
Di qui l’erroneità del giudizio sul venir meno del periculum in mora, non essendovi alcuna alterità soggettiva tra gli indagati e titolari della nuova aggiudicataria.
Con memoria trasmessa il 29 giugno 2024, l’AVV_NOTAIO, difensore degli indagati, ha chiesto la conferma del provvedimento impugnato, osservando che, nel caso di specie, il nesso tra la cosa e il reato, come ben evidenziato dal Tribunale del Riesame, si è interrotto già con l’esecuzione dell’ordinanza di sequestro preventivo, che ha disposto l’interdizione di ogni
attività industriale dell’intero impianto, interrompendo appunto la connessione tra la cosa (impianto industriale) e il reato (mancanza delle autorizzazioni). A ciò si aggiunge che l’azienda destinataria del sequestro ha nel frattempo subito una radicale trasformazione, in ragione del fatto che entrambi gli indagati non hanno alcun ruolo gestionale nell’ambito della società aggiudicataria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. In via preliminare, occorre premettere che, con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame, senza mettere in discussione la sussistenza del fumus commisi delicti, ha tuttavia ritenuto, in conformità con quanto espresso dal P.M. di udienza, che non fosse più ravvisabile il periculum in mora, in quanto il complesso industriale in esame è stato aggiudicato in sede di vendita fallimentare per essere destinato a pervenire nella disponibilità di società estranea a quella gestita dagli indagati, essendo questa nuova società (la RAGIONE_SOCIALE) tenuta evidentemente a dover eseguire la bonifica del sito già ordinata dall’Autorità amministrativa e a dovere farsi carico di conseguire le autorizzazioni necessarie, nel caso in cui intenda impiegare nel sito i macchinari da cui provengono le immissioni. In tal senso, il Tribunale del Riesame, nell’escludere un ruolo degli indagati nella nuova compagine, ha ribadito che compete alla P.G. il compito di vigilare sul rispetto delle prescrizioni già impartite o che saranno impartite all nuova proprietà, ciò al fine di pervenire a una soluzione favorevole dei problemi ambientali che avevano portato al sequestro del complesso industriale.
2. Ciò posto, il Procuratore ricorrente contesta l’affermazione dell’ordinanza impugnata circa l’asserita estraneità degli indagati alla società aggiudicataria, sollecitando in tal senso, a fronte di un apparato argomentativo scevro da profili di irrazionalità, valutazioni di fatto che esulano dal perimetro del giudizio legittimità, dovendosi peraltro considerare al riguardo che, nel sostenere il pieno coinvolgimento nella nuova compagine dell’indagato NOME COGNOME, il P.M. ha richiamato la nota del NOME del 28 febbraio 2024 e il sopralluogo eseguito dai C.C. presso lo stabilimento il 5 marzo 2024, ossia attività che si collocano in un’epoca successiva rispetto alla decisione impugnata, resa il 23 febbraio 2024. Né può sottacersi, e il rilievo è di per sé assorbente, che nell’odierna impugnazione risultano eccepite, sia nella intestazione del motivo (pag. 3) che nella sua illustrazione (pag. 5) la manifesta illogicità e l’incoerenza/illogicità d motivazione, vizi questi non deducibili in questa sede, avendo questa Corte più volte chiarito (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656) che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o
probatorio, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Non può invece essere dedotta l’illogicità manifesta della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di cui all lett. E) dell’art. 606 cod. proc. pen. (in tal senso, cfr. Sez. 2, n. 37100 07/07/2023, Rv. 285189 e Sez. Un. n. 5876 del 28/01/2004, Rv. 226710).
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso del P.M. deve essere ritenuto pertanto inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 10.07.2024