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Ricorso per cassazione: i limiti del riesame

Il Pubblico Ministero ha impugnato la revoca di un sequestro preventivo per reati ambientali. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile, chiarendo che i motivi di appello sono strettamente limitati alla violazione di legge e non possono includere nuove valutazioni dei fatti o la manifesta illogicità della motivazione.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione: i Motivi Ammessi contro il Sequestro Preventivo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 36778/2024, offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di riesame di un sequestro preventivo. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: in questa sede è possibile denunciare unicamente la ‘violazione di legge’, un concetto che non include la ‘manifesta illogicità’ della motivazione come motivo autonomo di impugnazione. Analizziamo insieme la vicenda per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.

I Fatti: Dal Sequestro Ambientale alla Revoca del Riesame

La vicenda ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari nei confronti di un complesso industriale. Agli amministratori della società che lo gestiva venivano contestati diversi reati ambientali, tra cui l’accumulo illecito di rifiuti, la gestione incontrollata di scarti e le emissioni in atmosfera senza autorizzazione.

Successivamente, il Tribunale del Riesame, accogliendo le istanze difensive, revocava il sequestro. La motivazione principale si basava sul presupposto che fosse venuto meno il cosiddetto periculum in mora, ovvero il pericolo che la libera disponibilità del bene potesse aggravare le conseguenze del reato. Secondo il Tribunale, il complesso industriale era stato nel frattempo aggiudicato in una vendita fallimentare a una nuova società, ritenuta estranea ai soggetti indagati. Questa nuova proprietà, secondo i giudici del riesame, avrebbe avuto l’onere di bonificare il sito e ottenere tutte le autorizzazioni necessarie, interrompendo così il legame tra la cosa e il reato.

Il Ricorso per Cassazione del Pubblico Ministero

Il Pubblico Ministero, non condividendo la decisione del Tribunale del Riesame, proponeva ricorso per cassazione. Le argomentazioni della Procura si fondavano su due punti principali:

1. Continuità soggettiva: Contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, non vi era una reale discontinuità tra la vecchia e la nuova gestione. La Procura evidenziava stretti legami societari tra le due compagini, con la presenza di uno degli indagati nella proprietà della nuova società acquirente.
2. Persistenza del pericolo: A sostegno della propria tesi, il PM richiamava atti successivi alla decisione del Riesame, tra cui un sopralluogo delle forze dell’ordine che aveva accertato la presenza di operai della vecchia società intenti a lavorare, macchinari accesi e la presenza di uno degli indagati all’interno degli uffici. Elementi che, secondo l’accusa, dimostravano la persistenza e l’attualità del pericolo di prosecuzione delle attività illecite.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso del PM inammissibile, basando la propria decisione su argomentazioni di carattere squisitamente processuale.

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che le censure del PM si traducevano in una richiesta di rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. Il ricorso per cassazione non è una terza istanza di merito, ma serve a controllare la corretta applicazione del diritto.

In secondo luogo, e in modo decisivo, la Corte ha evidenziato che le prove portate dal PM (la nota informativa e il sopralluogo) erano successive alla data dell’ordinanza impugnata. La legittimità di un provvedimento giudiziario deve essere valutata sulla base degli elementi disponibili al giudice nel momento in cui ha deciso, non alla luce di eventi posteriori.

Infine, il punto cruciale della sentenza riguarda i motivi di ricorso. L’art. 325 del codice di procedura penale stabilisce che, contro le ordinanze in materia di sequestro, il ricorso è ammesso solo per violazione di legge. La Corte ha chiarito, richiamando consolidata giurisprudenza, che in tale nozione rientrano gli errori di interpretazione o applicazione della legge e i vizi di motivazione talmente radicali da renderla inesistente o meramente apparente. Tuttavia, non vi rientra la ‘manifesta illogicità’ della motivazione, che è un motivo di ricorso autonomo previsto dall’art. 606 c.p.p. per le sentenze, ma non per le ordinanze cautelari.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio procedurale di grande importanza: il perimetro del ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è molto stretto. Non è sufficiente sostenere che la motivazione del giudice del riesame sia illogica o contraddittoria; è necessario dimostrare una vera e propria violazione di una norma di legge o un’assenza totale di motivazione. Questa pronuncia serve da monito per le parti processuali, ricordando che il giudizio di legittimità non può essere utilizzato per introdurre nuove prove o per sollecitare una riconsiderazione dei fatti già valutati nei gradi di merito.

È possibile contestare la valutazione dei fatti del Tribunale del Riesame in un ricorso per cassazione contro un sequestro preventivo?
No, il ricorso per cassazione è un giudizio di legittimità e non di merito. Pertanto, non consente di riesaminare le valutazioni di fatto compiute dal giudice precedente, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge.

Si possono utilizzare prove o fatti emersi dopo la decisione impugnata per dimostrarne l’erroneità in Cassazione?
No, la legittimità di un provvedimento deve essere valutata con riferimento alla situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione. Elementi successivi non possono essere utilizzati per contestare la decisione in sede di legittimità.

Quali sono i motivi ammessi per un ricorso per cassazione contro un’ordinanza in materia di sequestro preventivo?
L’art. 325 del codice di procedura penale ammette il ricorso solo per ‘violazione di legge’. Secondo l’interpretazione della Corte, questa nozione include errori nell’applicazione delle norme e vizi di motivazione così gravi da renderla inesistente o puramente apparente, ma esclude il vizio di ‘manifesta illogicità’ come motivo autonomo di ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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