Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22567 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 22567 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/07/2023 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché la memoria trasmessa nell’interesse del ricorrente, con la quale si insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato l’ordinanza con la quale, il 20 giugno 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per una serie di delitti e, in particolare, per la partecipazione ad un’associazione dedita al narcotraffico (capo 35) e per reati inerenti le sostanze stupefacenti (capi 52 e 53).
Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, a mezzo del difensore, articolando i motivi di seguito enunciati negli stretti limiti di cui all’art. 17 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al giudizio di gravità indiziaria relativo al reato associativo provvisoriamente ascritto e, comunque, con riferimento alla circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Quanto al primo aspetto, la collaborazione del COGNOME nel traffico di stupefacenti avrebbe avuto carattere occasionale e limitato nel tempo; mancherebbe comunque la prova del previo accordo criminoso, come pure quella della sussistenza di debiti del COGNOME nei confronti del COGNOME per vicende relative allo spaccio. Mai il COGNOME sarebbe stato intercettato insieme ai correi COGNOME e COGNOME all’uscita dalla casa che, secondo l’accusa, egli aveva messo a disposizione del sodalizio, quale laboratorio e deposito della droga, a Cosenza, né mai sarebbe stato coinvolto in riunioni operative; negativa era stata inoltre la perquisizione domiciliare con riferimento al possesso di somme di denaro. Mancherebbe la prova di un contributo finalizzato a favorire un’organizzazione di tipo mafioso, non ritraibile con sicurezza da intercettazioni dal contenuto incerto, e, del resto, il possesso di un bilancino non può spiegare alcun contributo fattivo all’attività dell’associazione.
2.2. Il secondo motivo attiene al vizio di motivazione ed alla violazione dell’art. 274 cod. proc. pen., con riferimento alle esigenze cautelari.
La motivazione sarebbe generica e stereotipata e non avrebbe tenuto conto del periodo di detenzione sofferto dal COGNOME per un precedente delitto inerente gli stupefacenti né della detenzione dei correi COGNOME e COGNOME, elementi che riscontrano la tesi della recisione dei rapporti tra loro, con conseguenze che il Tribunale ha rifiutato di trarre in ordine alla sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari e della adeguatezza di misure meno restrittive di quella massima concretamente applicata.
3. Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha concluso per iscritto ed ha chiesto il rigetto del ricorso. È stata trasmessa memoria nell’interesse del ricorrente, nella quale si insiste per l’accoglimento dell’impugnazione, sottolineando come dalla mole di conversazioni in atti emerga l’interruzione dei rapporti affaristici tra il COGNOME e l’COGNOME. Si ribadisce che le condotte per le quali è intervenuta la condanna del ricorrente sono risalenti e che, dopo i fatti per i quali si procede, non è stata posta in essere alcuna condotta illecita.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile, tenuto conto del rilievo che la Corte di cassazione non può rivalutare la ricostruzione del quadro indiziario alla base del provvedimento cautelare (genetico e del riesame), poiché in tale ambito il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canori della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178), spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell’adeguatezza della motivazione sugli elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di cassazione (per tutte Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828).
Il ricorrente, anche attraverso le considerazioni sviluppate nella memoria, deduce sostanzialmente l’insufficienza del quadro indiziario e censura la lettura degli elementi di prova operata dal Tribunale del riesame, inducendo inammissibilmente la Corte di cassazione ad una valutazione diversa.
La lettura degli indizi che il ricorrente propone è, in ogni caso, parcellizzata, oltre che affidata a brani frammentari di conversazione (e tanto vale anche per la memoria) mentre la motivazione resa dal Tribunale del riesame non appare viziata da manifesta illogicità.
Quanto al reato associativo, la motivazione resa dal Tribunale del riesame si appalesa logicamente attendibile nel momento in cui trae il giudizio di gravità indiziaria dalla realizzazione del reato-fine, dalla messa a disposizione di un’abitazione quale laboratorio e deposito; dalla pronta disponibilità manifestata alla figura centrale del sodalizio, COGNOME, in un’occasione nella quale questi
aveva bisogno dei suoi servigi, senza preventive intese (cfr. pag. 10 dell’ordinanza); dal confluire dei proventi di spaccio in una cassa comune.
Non si può certo affermare, quindi, che il giudizio di gravità indiziaria per il reato associativo sia stato fondato sull’accertato possesso di un bilancino di precisione.
Va dunque ricordato che «ai fini della configurabilità del delitto di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti è sufficiente l’esistenza tra i singoli partecipi di una durevole comunanza di scopo, costituito dall’interesse ad immettere sostanza stupefacente sul mercato del consumo, non essendo di ostacolo alla costituzione del rapporto associativo la diversità degli scopi personali e degli utili che i singoli partecipi, fornitori ed acquirenti s propongono di ottenere dallo svolgimento della complessiva attività criminale» (Sez. 4, n. 4497 del 16/12/2015, dep. 2016, Addio, Rv. 265945).
Quanto al profilo inerente la circostanza aggravante provvisoriamente contestata (art. 416-bis.1 cod. pen.), la motivazione dell’ordinanza si appalesa non manifestamente illogica nel momento in cui dà atto che l’attività organizzata di spaccio della quale COGNOME è accusato di essere stato partecipe veniva posta in essere – come risulta dalle intercettazioni – nel territorio di riferimento della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, facendo capo al COGNOME per conto degli COGNOME (pag. 10 dell’ordinanza impugnata); e nel momento in cui, come si è visto, rispetto ai referenti della RAGIONE_SOCIALE il ricorrente si metteva a disposizione, conoscendo dunque e facendo propria la finalità di agevolare l’associazione (Sez. 2, n. 53142 del 18/10/2018, Inzillo, Rv. 274685).
2. Inammissibile è anche la doglianza relativa alle esigenze cautelari.
Il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. riguarda l’erronea interpretazione della legge penale sostanziale (ossia, la sua inosservanza) ovvero l’erronea applicazione della stessa al caso concreto (e, dunque, l’erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto la fattispecie astratta). Non si versa nella denuncia di tale vizio in presenza dell’allegazione di un’erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, ipotesi, questa, mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa denunciabile sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, Altoè, Rv. 268404).
Laddove il ricorrente denuncia apoditticamente la violazione dell’art. 274 cod. proc pen., in realtà censura genericamente la motivazione sulle esigenze cautelari.
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Quanto a queste ultime, il Tribunale del riesame ha correttamente motivato, in positivo e senza avvalersi di presunzioni, in ordine alla sussistenza di un pericolo attuale e concreto di reiterazione di reati della stessa indole, tratto dall’allarmante modus operandi dell’attività di approvvigionamento e confezionamento della sostanza stupefacente mediante la predisposizione e messa a disposizione di un vero e proprio laboratorio; dal contributo operativo offerto dal ricorrente; dall’occupazione, insieme ai correi, di una piazza di spaccio (cfr. pag. 15 dell’ordinanza impugnata).
Elementi che sono stati valutati dal Tribunale come sintomatici di una capacità ancora attuale del ricorrente di riprendere l’attività illecita, se chiamato “alla messa a disposizione” sul territorio, e dunque dell’insufficienza di misure meno gravose rispetto alle esigenze di cautela da soddisfare.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/03/2024