Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47047 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47047 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato a Cosenza il 27/6/2002
avverso l’ordinanza del 4/6/2024 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di annullare con rinvio il provvedimento impugnato con riguardo alle esigenze cautelari.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 4 giugno 2024 il Tribunale di Catanzaro ha annullato il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, limitatamente al reato di partecipazione al sodalizio dedito al narcotraffico di cui al capo 1) della provvisoria imputazione, e ha sostituito la misura cautelare in atto
con quella congiunta dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza e dell’obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.
Nei confronti di NOME COGNOME sono stati ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza in relazione a due condotte di cessione di sostanza stupefacente (capo 162).
Avverso l’ordinanza del Tribunale ha presentato ricorso il difensore dell’indagato, che ha dedotto i motivi di seguito indicati.
3.1. Con il primo motivo si deduce vizio della motivazione, per non essersi il Tribunale pronunciato sulla doglianza relativa alla violazione dell’art. 275, commi 4-bis e 4-ter, cod. proc. pen. L’indagato era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, nonostante le sue condizioni di salute risultassero incompatibili con lo stato di detenzione e, comunque, tali da non consentire adeguate cure in caso di restrizione in carcere. Il Tribunale, quindi, non avrebbe potuto ritenere assorbita dall’accoglimento di un altro motivo di riesame la dedotta incompatibilità delle condizioni di salute del ricorrente con il regime carcerario.
3.2. Con il secondo motivo ha dedotto vizio di motivazione, per avere il Tribunale rigettato l’eccezione relativa al difetto di autonoma valutazione da parte del Giudice per le indagini preliminari rispetto alla richiesta del Pubblico ministero riguardante il delitto associativo. Il ricorrente ha evidenziato, inoltre, che sarebbe viziata anche la risposta del Tribunale in ordine alla doglianza concernente la motivazione fornita dal Giudice per le indagini preliminari circa le esigenze di cautela, ritenute sussistenti esaminando cumulativamente e non singolarmente le posizioni degli indagati.
3.3. Con il terzo motivo ha dedotto vizio di motivazione, in ragione dell’identità contenutistica dell’ordinanza cautelare (da pagina 120 a pagina 124) e della richiesta di applicazione della misura cautelare (da pagina 2171 a pagina 219:3) nonché dell’ordinanza del Tribunale del riesame, che si sarebbe limitato a richiamare quanto contenuto nei provvedimenti emessi precedentemente nell’ambito del procedimento penale di cui trattasi. Inoltre, sarebbero stati ritenuti sussistenti gravi indizi di colpevolezza sulla base del compendio intercettivo e delle videoregistrazioni, nonostante l’evidenza delle discrasie elencate nell’odierno ricorso e la mancanza di dati rilevanti sia per quanto concerne l’appartenenza al sodalizio che le condotte di cessione di sostanza stupefacente contestate. Per di più, i Giudici della cautela, in ragione dei mezzi adoperati, delle modalità o delle circostanze dell’azione ovvero per la qualità o quantità delle sostanze, avrebbero potuto derubricare il reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90.
3.4. Con il quarto motivo ha dedotto vizi della motivazione in ordine alle esigenze cautelari, ritenute sussistenti senza considerare il tempo decorso dai fatti, risalenti al 12 e 19 febbraio 2021.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo, con cui il ricorrente ha dedotto che il Tribunale non si sarebbe pronunciato sulla doglianza relativa alla violazione dell’art. 275, commi 4bis e 4-ter, cod. proc. pen., è manifestamente infondato.
Il Collegio del riesame ha affermato che la disposta sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con una misura non detentiva determinava «l’assorbimento della doglianza difensiva volta a prospettare l’incompatibilità delle condizioni di salute del ricorrente con il regime carcerario».
Tale conclusione è corretta, non ravvisandosi alcun interesse del ricorrente ad avere risposta sulla prospettata incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario, atteso che non doveva essere più sottoposto a una misura detentiva.
Non è superfluo ricordare in proposito che l’interesse ad impugnare, previsto in via generale dall’art. 568, comma quattro, cod. proc. pen., non può risolversi in una pretesa, meramente teorica e formale, all’esattezza giuridica della decisione, senza riflessi in punto di utilità concreta, dovendo l’impugnazione essere sempre diretta al conseguimento di un risultato favorevole, che sia anche indirettamente utile al proponente (Sez. 3, n. 30547 del 6/03/2019, PMT c/Chiocchio, Rv. 276274 – 01; Sez. 7, n. 21809 del 18/12/2014, dep. 2015, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 263538 – 01).
Nel caso in esame, la sostituzione della misura cautelare con una non detentiva, disposta dal Collegio del riesame, aveva già determinato il risultato cui era tesa la doglianza del ricorrente in ordine all’incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario.
Con riguardo al secondo motivo deve rilevarsi che il ricorrente ha posto a confronto brani tratti dalla richiesta del Pubblico Ministero e dall’ordinanza genetica concernenti il delitto associativo, trascurando, però, che in relazione a tale reato il titolo cautelare è stato annullato e non deducendo alcun interesse idoneo a coltivare la doglianza.
Peraltro, la censura è priva di specificità.
Questa Corte ha già avuto modo di precisare (ex multis: Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Firozpoor, Rv. 277496 – 01; Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, COGNOME, Rv. 274760 – 01) che, in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti “de libertate”, il ricorrente per cessazione, che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari, ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario, di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate.
Nel caso in esame, siffatto onere non è stato assolto dal ricorrente, che si è limitato a dedurre che il Giudice per le indagini preliminari aveva operato un mero rinvio alla richiesta di misura cautelare.
Il ricorrente, poi, nel lamentare che il Tribunale non avrebbe operato una valutazione autonoma e dato risposta alla doglianza sulla disamina complessiva degli indagati, che, al fine dell’applicazione della misura cautelare, sarebbe stata effettuata dal Giudice per le indagini preliminari, non si è confrontato con il provvedimento impugnato, che nei confronti del medesimo ricorrente ha modificato la misura cautelare applicatagli con l’ordinanza genetica, sostituendola con una meno gravosa.
4. Anche il terzo motivo non coglie nel segno.
Richiamate le argomentazioni innanzi svolte (cfr. § 3) in ordine alle censure relative al difetto di autonoma valutazione da parte dei Giudici del merito e precisato che l’invocata diversa qualificazione dei fatti è stata prospettata del tutto genericamente, con riguardo alle residue doglianze, formulate nel terzo motivo, deve premettersi che il Tribunale ha affermato che le intercettazioni del 12 e :1.9 febbraio 2021 comprovavano univocamente il contributo concorsuale dell’indagato alle cessioni di narcotici, realizzate per conto del coindagato NOME COGNOME in favore di plurimi assuntori della zona. La lettura complessiva dei dialoghi intercettati non lasciava spazio a dubbi in merito all’attività affidata all’indagato da questi completamente eseguita, ovvero quella di sostituire il coindagato nella conduzione delle sessioni giornaliere, fruendo della collaborazione di NOME COGNOME che avrebbe segnalato ai consumatori la presenza di NOME.
In particolare, il Collegio del riesame ha valorizzato dati emergenti dalle intercettazioni, quali il chiaro riferimento agli ovuli e al prezzo di vendita del sostanza, risultante dalle istruzioni impartite all’odierno indagato da NOME COGNOME le raccomandazioni di monitorare l’intervento dei Carabinieri e di non allontanarsi, le risposte dell’indagato e il puntuale resoconto delle diverse cessioni
con l’indicazione degli acquirenti, dei prezzi ricevuti e delle giacenze (p. 4 – 6 dell’ordinanza del Tribunale).
Al cospetto della motivazione del provvedimento impugnato le censure del ricorrente sono tese a sollecitare una diversa valutazione delle emergenze indiziarie ma ciò è incompatibile con la natura del giudizio di legittimità.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti o si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbi dato adeguatamente conto delle ragioni della decisione e di controllare la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
5. Anche il quarto motivo è privo di specificità.
Premesso che il fattore temporale costituisce solo uno degli elementi al quale ancorare la prognosi di recidiva, Il Tribunale ha affermato che le circostanze e le modalità di perpetrazione delle condotte consentivano di connotare il fatto in termini di non modesta gravità, evidenziando la disponibilità del ricorrente, seppur temporanea ed inesperta, ad operare proficuamente in un contesto strutturato di traffico di stupefacenti. L’indagato con la propria condotta aveva consentito la prosecuzione delle attività di una piazza di spaccio in assenza del legittimo responsabile e, a fronte di tali rilievi, il decorso del tempo è stato ritenu recessivo.
Trattasi di argomentazioni che, in quanto logiche e corrette, sfuggono al sindacato di questa Corte.
6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso il 30 ottobre 2024.