Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37201 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 37201 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/04/2025 della CORTE di APPELLO di BRESCIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; rilevato che il presente procedimento è stato trattato con il rito “de plano”;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza resa in data 23 aprile 2025 la Corte d’Appello di Brescia confermava la sentenza emessa il 2 febbraio 2024 dal Tribunale di Mantova, con la quale l’imputata NOME era stata dichiarata colpevole del reato di tentata truffa e condannata alle pene di legge.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione personalmente l’imputata, chiedendone l’annullamento e lamentando inosservanza dell’art. 129 cod. proc. pen.
Il ricorso, presentato personalmente dall’imputata, è inammissibile in applicazione del principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, comprese le sentenze di applicazione di pena su richiesta, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e
613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, dev’essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, essendo anche irrilevante, per la natura personale dell’atto impugnatorio, l’eventuale autenticazione, ad opera di un legale, della sottoscrizione del ricorso, che, ai sensi dell’art. 39 disp. att. cod. proc. pen. attesta unicamente la genuinità di tale sottoscrizione e la sua riconducibilità alla parte privata (Sez. U., n.8914 del 21/12/2017, COGNOME, Rv. 272010-01; Sez. 5, n. 36161 del 16/03/2018, S., Rv.273765; Sez. 6, n. 54681 del 03/12/2018, COGNOME, Rv. 274636; Sez.4, n. 31662 del 04/04/2018, P., Rv. 273177; Sez.6, n. 18010 del 09/04/2018, COGNOME, Rv. 272885; Sez. 5, n. 18315 del 25/03/2019, COGNOME, Rv. 276039).
4. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile; la ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 09/09/2025