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Ricorso per cassazione e concordato: limiti e principi

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9096/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione proposto da alcuni imputati che avevano concordato la pena in appello, ribadendo che tale accordo preclude la contestazione sulla misura della sanzione. Per un altro imputato, la Corte ha parzialmente annullato la sentenza con rinvio, ravvisando un difetto di motivazione sull’assorbimento di un tentativo di estorsione in un reato consumato. Sono stati inoltre confermati i principi sull’aggravante del metodo mafioso.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per cassazione: i limiti dell’impugnazione dopo il concordato in appello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 9096 del 2025, offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per cassazione quando la sentenza d’appello è frutto di un ‘concordato’ tra le parti. La decisione analizza anche la distinzione tra un unico reato di estorsione e una pluralità di episodi legati dal vincolo della continuazione. Il caso vedeva quattro imputati ricorrere contro una pronuncia della Corte di Appello di Napoli, ma con esiti diversi a seconda delle specifiche posizioni processuali.

I fatti di causa

La vicenda trae origine dalla sentenza della Corte di Appello di Napoli che, in parziale riforma di una precedente decisione, aveva rideterminato la pena per tre imputati a seguito di una richiesta congiunta delle parti (c.d. concordato in appello o patteggiamento in appello, ex art. 599-bis c.p.p.). Per un quarto imputato, invece, la Corte aveva confermato il giudizio di responsabilità per gravi reati, tra cui estorsione consumata e tentata con l’aggravante del metodo mafioso, riducendo solo parzialmente la pena inflitta.

Tutti e quattro gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, sollevando diverse questioni di legittimità.

Analisi dei motivi di ricorso per cassazione

I motivi di ricorso presentati erano eterogenei.
I tre imputati che avevano beneficiato del concordato in appello lamentavano vizi relativi alla determinazione della pena, come la presunta sproporzione tra l’aumento della sanzione pecuniaria e quella detentiva, o il mancato riconoscimento di attenuanti.

Il quarto imputato, la cui posizione non era coperta da accordo, articolava tre distinti motivi:
1. La violazione di legge in merito alla qualificazione giuridica dei fatti di estorsione, sostenendo che si trattasse di un unico episodio estorsivo e non di più reati distinti, e che un’ipotesi di tentata estorsione dovesse essere assorbita in quella consumata.
2. L’erronea applicazione dell’aggravante del metodo mafioso, non essendo egli un soggetto affiliato a un’organizzazione criminale.
3. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, a fronte di dichiarazioni confessorie e dello stato di incensuratezza.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato separatamente le posizioni, giungendo a conclusioni differenti.

L’inammissibilità dei ricorsi post-concordato

Per i primi tre ricorrenti, la Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili. Ha ribadito un principio consolidato: la scelta di accedere al concordato in appello implica una rinuncia a contestare nel merito la quantificazione della pena. Il ricorso per cassazione avverso una sentenza di questo tipo è consentito solo per vizi specifici (come quelli relativi alla formazione della volontà di concordare) o se la pena applicata risulta ‘illegale’, ovvero non prevista dalla legge o fuori dai limiti edittali. Nel caso di specie, le doglianze relative alla proporzionalità o alla valutazione delle circostanze non rientravano in queste categorie, trattandosi di questioni rimesse alla libera determinazione delle parti nell’accordo, poi recepito dal giudice.

La valutazione del ricorso del quarto imputato

Diversa è stata la valutazione per il quarto imputato. La Corte ha ritenuto il suo ricorso parzialmente fondato.
* Assorbimento del reato: Sul primo motivo, la Corte ha rilevato che la sentenza d’appello non aveva fornito alcuna motivazione sulla richiesta difensiva di ‘assorbire’ il reato di tentata estorsione (capo B) in quello di estorsione consumata (capo A). Questo ‘silenzio’ costituisce un vizio di motivazione che impone l’annullamento della sentenza sul punto, con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello per un nuovo giudizio.
* Metodo mafioso: Il motivo relativo all’aggravante del metodo mafioso è stato invece rigettato. La Cassazione ha confermato che, per la configurazione di tale aggravante, non è necessaria l’appartenenza formale a un clan. È sufficiente che le modalità della condotta (in questo caso, richieste di denaro per ‘le mesate alle mogli dei carcerati’) evochino la forza intimidatrice tipica di un’associazione criminale, ingenerando nella vittima una condizione di particolare soggezione.
* Attenuanti generiche: Anche il terzo motivo è stato dichiarato inammissibile, poiché la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato il diniego delle attenuanti, sottolineando l’assenza di elementi positivi e la scarsa rilevanza delle ammissioni rese.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza due principi fondamentali. Il primo riguarda la procedura: l’accordo sulla pena in appello è un atto dispositivo che limita drasticamente le successive possibilità di impugnazione, circoscrivendole a vizi di legalità sostanziale e non a valutazioni di merito sulla congruità della pena. Il secondo attiene al diritto penale sostanziale: viene confermata un’interpretazione estensiva dell’aggravante del metodo mafioso, slegata dal vincolo associativo formale, e si precisa l’importanza per il giudice di motivare puntualmente su ogni richiesta difensiva, pena l’annullamento della sentenza per vizio di motivazione. La decisione finale ha quindi reso irrevocabile la condanna per tre imputati e per parte delle accuse del quarto, demandando un nuovo esame ad un altro giudice solo per la specifica questione non motivata.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa con un concordato in appello?
No, la Corte ha stabilito che il ricorso è inammissibile per motivi che riguardano la determinazione della pena concordata tra le parti. L’impugnazione è possibile solo se la pena applicata è illegale (cioè non prevista dalla legge o fuori dai limiti) o per vizi relativi alla formazione della volontà di accordarsi.

Quando più atti di estorsione costituiscono reati distinti in continuazione?
Costituiscono reati distinti, unificabili con la continuazione, quando le diverse condotte, pur inserite in un unico disegno criminoso, hanno una propria autonomia e individualità, come nel caso di richieste di denaro diverse, crescenti nel tempo e accompagnate da specifiche e rinnovate intimidazioni.

Per applicare l’aggravante del metodo mafioso è necessario essere un membro di un clan?
No, non è necessario. La Corte ha ribadito che è sufficiente che la condotta del reo evochi la forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso, creando nella vittima uno stato di soggezione particolare, a prescindere dalla formale appartenenza dell’agente a un’associazione criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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