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Ricorso per Calunnia: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per calunnia di un imputato, confermando la decisione dei giudici di merito. L’ordinanza sottolinea che la riproposizione di censure già esaminate e l’assenza di vizi logici nella sentenza impugnata rendono il ricorso non meritevole di accoglimento. Viene inoltre esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) a causa dell’intensità del dolo e della gravità della condotta.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Calunnia: La Cassazione e i Limiti dell’Inammissibilità

L’ordinanza n. 5550/2024 della Corte di Cassazione offre un importante spunto di riflessione sui criteri di ammissibilità del ricorso per calunnia. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha delineato i confini entro cui un’impugnazione può essere esaminata, ribadendo principi consolidati in materia di specificità dei motivi e valutazione del merito. Il caso in esame riguarda un ricorso presentato contro una sentenza di condanna per il reato di calunnia, dichiarato inammissibile per ragioni procedurali e sostanziali.

I Fatti alla Base della Decisione

Un individuo, condannato in Corte d’Appello per il reato di calunnia, ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza. Le sue argomentazioni difensive miravano a contestare la configurabilità del reato e a richiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

La difesa sosteneva che le conclusioni dei giudici di merito fossero errate, tentando di riproporre una valutazione dei fatti già ampiamente discussa e rigettata nei precedenti gradi di giudizio.

La Valutazione sul Ricorso per Calunnia della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. I giudici hanno evidenziato come l’atto di impugnazione non presentasse nuovi profili di censura, ma si limitasse a replicare argomentazioni già adeguatamente vagliate e disattese dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, secondo la Cassazione, aveva fornito motivazioni giuridicamente corrette, puntuali e logicamente coerenti per giustificare la condanna.

L’Irrilevanza dell’Archiviazione del Procedimento Calunniato

Un punto cruciale sottolineato dalla Corte è l’indifferenza, ai fini della configurabilità del reato di calunnia, dell’esito del procedimento instaurato a seguito della falsa accusa. Anche se il procedimento contro la persona ingiustamente accusata viene archiviato, ciò non esclude la responsabilità penale del calunniatore. Il reato si consuma nel momento in cui si muove una falsa accusa, a prescindere dalle sue conseguenze procedurali.

L’Esclusione della Causa di Non Punibilità

La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p. La motivazione risiede nell’analisi dell’intensità del dolo e della gravità complessiva della condotta. I giudici hanno ritenuto che la consapevolezza e la volontà di accusare falsamente un innocente, unite alla gravità del comportamento, fossero elementi ostativi al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, rendendo la condotta non meritevole del beneficio.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un principio cardine del processo di legittimità: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. La Suprema Corte ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, non di riesaminare le prove. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato una mera riproposizione di doglianze già respinte, senza evidenziare vizi di legittimità. La decisione dei giudici di merito è stata considerata immune da manifeste incongruenze logiche e fondata su argomenti giuridicamente corretti, rendendo il giudizio non censurabile in sede di legittimità. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma che un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere critiche specifiche e pertinenti a vizi di legge o a palesi illogicità della motivazione, non potendosi limitare a contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito. In particolare, nel contesto del reato di calunnia, la decisione ribadisce che l’intensità dell’elemento soggettivo (dolo) e la gravità oggettiva della condotta sono parametri fondamentali per escludere benefici come la non punibilità per tenuità del fatto. La sentenza rappresenta un monito per chi intende impugnare una condanna: è necessario argomentare con precisione e su basi giuridiche solide, evitando di trasformare il ricorso in un’inutile ripetizione di difese già valutate.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non solleva vizi di legittimità (errori di diritto o vizi logici della motivazione), ma si limita a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, chiedendo di fatto una nuova valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Se la persona falsamente accusata viene prosciolta, il reato di calunnia sussiste comunque?
Sì. Secondo l’ordinanza, l’esito del procedimento avviato contro la persona calunniata (ad esempio, un’archiviazione) è irrilevante per la configurabilità del reato di calunnia. Il reato si perfeziona nel momento in cui si accusa falsamente qualcuno, sapendolo innocente, all’autorità giudiziaria.

Quando non si applica la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) nel reato di calunnia?
Non si applica quando, come nel caso di specie, i giudici ritengono che vi sia una notevole intensità del dolo (cioè una forte volontà e consapevolezza di commettere il reato) e una particolare gravità della condotta. Questi elementi sono considerati ostativi al riconoscimento della tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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