Ricorso per calunnia: quando la Cassazione lo dichiara inammissibile
L’ordinanza della Corte di Cassazione analizzata oggi offre uno spunto fondamentale sui limiti del giudizio di legittimità, in particolare quando si discute di un ricorso per calunnia. La decisione sottolinea un principio cardine del nostro sistema processuale: la Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma un organo che vigila sulla corretta applicazione della legge. Vediamo nel dettaglio il caso e le ragioni della decisione.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una vicenda familiare complessa. Un uomo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di calunnia. In sostanza, era stato ritenuto colpevole di aver presentato una denuncia contro la sua ex moglie, accusandola di fatti che sapeva non essere veri. La prova decisiva, secondo i giudici di merito, era rappresentata dalle dichiarazioni della figlia della coppia, le quali avevano dimostrato l’infondatezza delle accuse mosse dal padre.
Insoddisfatto della sentenza della Corte d’Appello, l’uomo decideva di presentare ricorso in Cassazione, contestando la valutazione della prova sulla sua colpevolezza e, in particolare, la ricostruzione dell’elemento materiale e psicologico (il dolo) del reato.
La Decisione della Corte sul ricorso per calunnia
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla validità stessa del ricorso presentato.
La Corte ha ritenuto che i motivi addotti dal ricorrente fossero ‘generici’ e ‘riproduttivi’ di censure già sollevate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. Invece di evidenziare vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge da parte dei giudici d’appello), il ricorso mirava a ottenere una ‘alternativa valutazione della prova’.
Le motivazioni
Le motivazioni della Suprema Corte sono chiare e si fondano su un principio consolidato. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un’occasione per riesaminare le prove e i fatti, come le testimonianze. Questo compito spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado.
La Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva già esaminato in modo ‘adeguato’ e ‘logicamente argomentato’ tutti gli aspetti contestati, in particolare la sussistenza del dolo. La decisione dei giudici di merito si basava solidamente sulle dichiarazioni della figlia, che avevano svelato l’infondatezza della denuncia. Pertanto, i motivi del ricorso non erano altro che un tentativo, non consentito, di sostituire la valutazione del giudice di merito con quella della parte.
Di conseguenza, data l’inammissibilità dell’impugnazione, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un concetto cruciale per chiunque intenda adire la Corte di Cassazione: il ricorso deve concentrarsi su questioni di diritto e non di fatto. Non è sufficiente essere in disaccordo con la valutazione delle prove fatta dal giudice d’appello. È necessario dimostrare che il giudice abbia commesso un errore nell’interpretare o applicare la legge, oppure che la sua motivazione sia manifestamente illogica o contraddittoria. In assenza di tali vizi, un ricorso che si limiti a proporre una lettura alternativa dei fatti, come nel caso del ricorso per calunnia esaminato, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con ulteriori conseguenze economiche per il ricorrente.
Perché il ricorso per il reato di calunnia è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano generici e si limitavano a riproporre critiche già esaminate, chiedendo una nuova valutazione delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
Su quale prova si basava la condanna per calunnia confermata dalla Corte d’Appello?
La condanna si basava principalmente sulle dichiarazioni rese dalla figlia comune del ricorrente e della persona offesa. Tali dichiarazioni sono state ritenute decisive per dimostrare che la denuncia presentata dall’uomo contro la sua ex moglie era infondata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10754 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10754 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PAGAZZANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME; sentite le parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso in merito alla prova di colpevolezz del reato di calunnia, sono generici perché riproduttivi di censure volte alternativa valutazione della prova anche ai fini della ricostruzione dell’elem materiale e di quello psicologico del reato, aspetti già adeguatamente esaminat logicamente argomentati dalla Corte di appello sul punto del dolo, in forza quale ne è dimostrata, alla stregua delle dichiarazioni rese dalla comune figli proposizione di un denuncia nei confronti della ex moglie, rivelatasi infondata;
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore dell cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come i dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore dell cassa delle ammende.
Così deciso il 5 febbraio 2024
Pres’clente