Ricorso Pena Concordata: Quando è Possibile Impugnare in Cassazione?
L’istituto della pena concordata in appello, previsto dall’art. 599-bis del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento per velocizzare la definizione dei processi. Tuttavia, quali sono i limiti all’impugnazione di una sentenza che ratifica tale accordo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso pena concordata, stabilendo che non è possibile contestare la misura della pena se non in un caso specifico: la sua illegalità. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti del Caso: Dalla Contraffazione all’Appello
Il caso trae origine da una condanna per il reato di contraffazione e alterazione di marchi e segni distintivi. In secondo grado, davanti alla Corte di Appello, le parti raggiungevano un accordo sulla pena. In riforma della sentenza di primo grado, e con il riconoscimento delle attenuanti generiche come prevalenti, veniva applicata una pena di sei mesi di reclusione e 5.000 euro di multa. Nonostante l’accordo, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di violazione di legge nella determinazione della sanzione.
La Decisione della Cassazione e il Funzionamento del Ricorso Pena Concordata
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una procedura semplificata. La decisione si fonda su un principio cardine: un ricorso pena concordata non può rimettere in discussione la quantificazione della pena che le stesse parti hanno liberamente pattuito, a meno che non vi sia una palese illegalità.
L’Analogia con il Patteggiamento
La Corte richiama un principio già consolidato dalle Sezioni Unite in materia di patteggiamento (l’applicazione della pena su richiesta delle parti in primo grado). Anche in quel contesto, la possibilità di impugnare la sentenza per motivi legati alla pena è estremamente limitata. L’accordo tra accusa e difesa sulla sanzione preclude, di fatto, una successiva contestazione sulla sua congruità, poiché si presume che le parti abbiano valutato e accettato quella specifica quantificazione.
La Verifica della Pena: il Limite del “Contra Legem”
L’unico varco per un’impugnazione efficace è dimostrare che la pena concordata sia contra legem, ovvero illegale. Ciò si verifica, ad esempio, quando la sanzione applicata è inferiore al minimo edittale previsto dalla legge per quel reato, o superiore al massimo, o di specie diversa. Nel caso esaminato, il reato di contraffazione (art. 473 c.p.) prevede una pena detentiva minima di sei mesi. Poiché la pena concordata era esattamente di sei mesi di reclusione, essa corrispondeva al minimo legale e, pertanto, non poteva in alcun modo essere considerata contra legem.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte sono chiare e lineari. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato meramente assertivo e privo della necessaria specificità. L’imputato non ha fornito argomentazioni valide per spiegare perché la pena, pur essendo stata concordata e corrispondente al minimo di legge, avrebbe dovuto essere determinata in misura ancora più favorevole (in mitius). In secondo luogo, e in via dirimente, la natura stessa dell’accordo processuale ex art. 599-bis c.p.p. esclude la possibilità per le parti di ‘ripensarci’ sulla congruità della pena. La scelta sanzionatoria è stata condivisa e fatta propria dal giudice d’appello, cristallizzando così un punto che non può essere oggetto di un riesame nel giudizio di legittimità, se non per i profili di palese illegalità.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chi si approccia agli istituti premiali del processo penale. L’accordo sulla pena, sia in primo grado con il patteggiamento sia in appello con la procedura ex art. 599-bis c.p.p., comporta una sostanziale rinuncia a contestare nel merito la quantificazione della sanzione. La possibilità di un ricorso pena concordata in Cassazione è un’ipotesi eccezionale, limitata alla sola censura di una pena applicata in violazione dei limiti edittali o delle norme che ne disciplinano la specie. Pertanto, la scelta di aderire a un accordo sulla pena deve essere ponderata attentamente, con la consapevolezza dei suoi effetti preclusivi sulle successive impugnazioni.
È sempre possibile impugnare in Cassazione una sentenza d’appello con pena concordata?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è limitata e non può riguardare la misura della pena che è stata oggetto di accordo tra le parti, a meno che tale pena non sia stata determinata in violazione di legge (
contra legem).
Cosa significa che una pena è determinata ‘contra legem’?
Significa che la pena applicata è illegale perché non rispetta i limiti stabiliti dalla legge per quel reato (ad esempio, è inferiore al minimo o superiore al massimo) oppure è di una specie diversa da quella prevista. Nel caso di specie, la pena corrispondeva al minimo edittale, quindi non era contra legem.
Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso specifico?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi principali: primo, perché contestava la misura di una pena liberamente concordata e non illegale; secondo, perché era generico e non specificava le ragioni per cui la pena avrebbe dovuto essere più mite, mancando dei requisiti di specificità richiesti dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45153 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45153 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CASERTA il 19/08/1965
avverso la sentenza del 29/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la re azione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-,—- -1-dato avvi GLYPH alle parti; ,
NOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, che in riforma della pronuncia di primo grado, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti, applicava, su accordo delle parti ai sensi dell’art. 599bis cod. proc. pen., la pena di mesi sei di reclusione ed euro 5000 di multa per il delitto di contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con procedura semplificata e senza formalità, perché proposto per motivi non consentiti. Il proposto ricorso, che peraltro evoca in termini meramente assertivi vizio di violazione di legge, esula dalle impugnazioni sperimentabili avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. dal momento che, in sede di pena concordata, le parti hanno precisamente indicato al giudice, che ha condiviso la scelta sanzionatoria, la pena da applicare.
Analogamente alle conclusioni raggiunte in tema di patteggiamento (Sez. U, n. 5838 del 28/11/2013, dep. 2014, Citarella, Rv. 257824), deve ritenersi che la censura relativa alla determinazione della pena concordata – e stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi d determinazione contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso di specie poiché il reato di cui all’art. 473 cod. pen. è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e quella inflitta all’imputato corrisponde al minimo edittale. La censura risulta, inoltre, priva della richiesta specificità, non indicando il ricorrente le ragioni per cui, p in presenza della mancata rinuncia ai motivi di appello attinenti alla pena, la sua commisurazione avrebbe dovuto nondimeno essere determinata in mitius;
che, pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende. Così-eciso il 13 novembre 2024.