Ricorso Pena Concordata: Quando è Davvero Possibile Impugnare?
Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale cruciale nel nostro ordinamento. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo, quali sono i limiti per contestarlo? Un recente ricorso pena concordata esaminato dalla Corte di Cassazione offre chiarimenti fondamentali, sottolineando come non tutte le doglianze siano ammesse. L’ordinanza in esame stabilisce che la congruità della pena, ovvero la sua adeguatezza, non può essere oggetto di impugnazione.
Il Caso in Analisi: un’Impugnazione Oltre i Limiti
Un imputato, a seguito di una sentenza di patteggiamento per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua contestazione non riguardava errori procedurali o vizi di volontà, ma verteva esclusivamente sull’adeguatezza della pena applicata: un anno e sei mesi di reclusione e 2.000,00 euro di multa. L’imputato riteneva la sanzione non congrua, chiedendo di fatto alla Suprema Corte una nuova valutazione di merito su un accordo che egli stesso aveva precedentemente accettato.
I Motivi del Ricorso Pena Concordata e la Legge
Il punto centrale della questione risiede nei limiti imposti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Si tratta di un catalogo chiuso, che include, ad esempio, l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena, ma non contempla un generico riesame della congruità della sanzione. L’imputato, lamentando la sproporzione della pena, ha sollevato una doglianza estranea a quelle consentite dalla legge, ponendosi al di fuori del perimetro di ammissibilità del ricorso.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che le lamentele dell’imputato erano palesemente al di fuori dei motivi previsti dalla normativa specifica per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Di conseguenza, il ricorso non poteva essere esaminato nel merito. Oltre a respingere la richiesta, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, ravvisando una colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità.
Le Motivazioni: La Tassatività dei Motivi di Ricorso
Le motivazioni della Corte si fondano sul principio della tassatività dei motivi di impugnazione per la sentenza di patteggiamento. Il legislatore ha volutamente ristretto le possibilità di ricorso per preservare la natura stessa del rito: un accordo tra accusa e difesa che, una volta ratificato dal giudice, acquista stabilità. Ammettere un ricorso basato sulla congruità della pena significherebbe snaturare il patteggiamento, trasformandolo in una semplice tappa intermedia in attesa di un’ulteriore valutazione, anziché in un meccanismo di definizione rapida del processo. La scelta di patteggiare implica una rinuncia a contestare il merito della pena concordata, che è il risultato di una negoziazione tra le parti.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la pratica legale: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente l’accordo sulla pena, poiché, una volta concluso, gli spazi per un ripensamento sono estremamente limitati. La decisione della Cassazione serve da monito: un ricorso pena concordata deve basarsi su solidi motivi di diritto, espressamente previsti dalla legge, e non su un generico pentimento riguardo all’entità della pena accettata. In assenza di tali motivi, l’impugnazione non solo sarà inefficace, ma comporterà anche ulteriori oneri economici per l’imputato.
È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento perché si ritiene la pena ingiusta o sproporzionata?
No. Secondo l’ordinanza, la congruità (cioè l’adeguatezza o giustizia) della pena concordata non rientra tra i motivi per cui è possibile presentare ricorso, come specificato dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3000 euro) in favore della Cassa delle Ammende, se ravvisa profili di colpa.
Perché la legge limita i motivi per cui si può fare ricorso contro un patteggiamento?
La Corte chiarisce che i motivi di ricorso sono tassativamente previsti dalla legge per evitare che l’accordo tra le parti, accettato dall’imputato, possa essere rimesso in discussione su aspetti, come la congruità della pena, che sono stati oggetto della negoziazione e dell’accordo stesso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9000 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a ACQUAVIVA DELLE FONTI il 04/05/1989
avverso la sentenza del 20/09/2024 del TRIBUNALE di BARI
dato avv o alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME11
Rilevato che NOMECOGNOME al quale è stata applicata la pena concordata ex art. 444 cod. proc. pen., di un anno e sei mesi di reclusione e di euro 2.000,00 di multa, per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, articolando un unico motivo di ricorso, deduce violazione di legge con riguardo alla congruità della pena concordata;
Considerato che il motivo espone doglianze non consentite, perché estranee al catalogo di quelle previste dall’art. 448, comma 2 -bis, cod. proc. pen., siccome riferite alla congruità della pena concordata ed applicata;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità;
PQ.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2025 Il Consigliere estensore
Il Presidente