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Ricorso pena concordata: limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che, dopo aver accettato una pena concordata (patteggiamento) per un reato legato agli stupefacenti, ne contestava la congruità. La Suprema Corte ha ribadito che i motivi per un ricorso contro una pena concordata sono tassativamente previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., e tra questi non figura la valutazione sull’adeguatezza della sanzione, che è frutto di un accordo tra le parti.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Pena Concordata: Quando è Davvero Possibile Impugnare?

Il patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, è uno strumento processuale cruciale nel nostro ordinamento. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo, quali sono i limiti per contestarlo? Un recente ricorso pena concordata esaminato dalla Corte di Cassazione offre chiarimenti fondamentali, sottolineando come non tutte le doglianze siano ammesse. L’ordinanza in esame stabilisce che la congruità della pena, ovvero la sua adeguatezza, non può essere oggetto di impugnazione.

Il Caso in Analisi: un’Impugnazione Oltre i Limiti

Un imputato, a seguito di una sentenza di patteggiamento per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990), decideva di presentare ricorso per Cassazione. La sua contestazione non riguardava errori procedurali o vizi di volontà, ma verteva esclusivamente sull’adeguatezza della pena applicata: un anno e sei mesi di reclusione e 2.000,00 euro di multa. L’imputato riteneva la sanzione non congrua, chiedendo di fatto alla Suprema Corte una nuova valutazione di merito su un accordo che egli stesso aveva precedentemente accettato.

I Motivi del Ricorso Pena Concordata e la Legge

Il punto centrale della questione risiede nei limiti imposti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca in modo tassativo i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. Si tratta di un catalogo chiuso, che include, ad esempio, l’errata qualificazione giuridica del fatto o l’illegalità della pena, ma non contempla un generico riesame della congruità della sanzione. L’imputato, lamentando la sproporzione della pena, ha sollevato una doglianza estranea a quelle consentite dalla legge, ponendosi al di fuori del perimetro di ammissibilità del ricorso.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato che le lamentele dell’imputato erano palesemente al di fuori dei motivi previsti dalla normativa specifica per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. Di conseguenza, il ricorso non poteva essere esaminato nel merito. Oltre a respingere la richiesta, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle Ammende, ravvisando una colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità.

Le Motivazioni: La Tassatività dei Motivi di Ricorso

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio della tassatività dei motivi di impugnazione per la sentenza di patteggiamento. Il legislatore ha volutamente ristretto le possibilità di ricorso per preservare la natura stessa del rito: un accordo tra accusa e difesa che, una volta ratificato dal giudice, acquista stabilità. Ammettere un ricorso basato sulla congruità della pena significherebbe snaturare il patteggiamento, trasformandolo in una semplice tappa intermedia in attesa di un’ulteriore valutazione, anziché in un meccanismo di definizione rapida del processo. La scelta di patteggiare implica una rinuncia a contestare il merito della pena concordata, che è il risultato di una negoziazione tra le parti.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la pratica legale: la scelta del patteggiamento è una decisione strategica con conseguenze definitive. L’imputato e il suo difensore devono ponderare attentamente l’accordo sulla pena, poiché, una volta concluso, gli spazi per un ripensamento sono estremamente limitati. La decisione della Cassazione serve da monito: un ricorso pena concordata deve basarsi su solidi motivi di diritto, espressamente previsti dalla legge, e non su un generico pentimento riguardo all’entità della pena accettata. In assenza di tali motivi, l’impugnazione non solo sarà inefficace, ma comporterà anche ulteriori oneri economici per l’imputato.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento perché si ritiene la pena ingiusta o sproporzionata?
No. Secondo l’ordinanza, la congruità (cioè l’adeguatezza o giustizia) della pena concordata non rientra tra i motivi per cui è possibile presentare ricorso, come specificato dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso inammissibile contro una sentenza di patteggiamento?
La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3000 euro) in favore della Cassa delle Ammende, se ravvisa profili di colpa.

Perché la legge limita i motivi per cui si può fare ricorso contro un patteggiamento?
La Corte chiarisce che i motivi di ricorso sono tassativamente previsti dalla legge per evitare che l’accordo tra le parti, accettato dall’imputato, possa essere rimesso in discussione su aspetti, come la congruità della pena, che sono stati oggetto della negoziazione e dell’accordo stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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