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Ricorso patteggiamento: recidiva non impugnabile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso patteggiamento basato sulla presunta erronea qualificazione della recidiva. Si stabilisce che tale motivo di ricorso non rientra tra quelli previsti dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., e che la prevalenza delle attenuanti sulla recidiva stessa rende di fatto irrilevante la questione.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: Limiti all’Impugnazione sulla Recidiva

Quando si accede al rito del patteggiamento, si accettano specifici limiti alle possibilità di impugnazione della sentenza. Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione chiarisce i confini del ricorso patteggiamento, specificando perché la contestazione sulla qualificazione della recidiva non possa essere motivo di appello. Questa ordinanza offre importanti spunti sulla natura e sui limiti di questo rito alternativo.

Il Caso: Una Condanna per Rapina e il Ricorso in Cassazione

Un individuo, a seguito di un accordo con la pubblica accusa, veniva condannato dal GIP del Tribunale di Monza per una serie di rapine (unite dal vincolo della continuazione) alla pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione e 2.000 euro di multa. Nella determinazione della pena, il giudice aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche come prevalenti sulle aggravanti e sulla recidiva contestata.

Tuttavia, la difesa dell’imputato presentava ricorso per cassazione, lamentando un’erronea qualificazione giuridica non del reato, ma di una circostanza aggravante: la recidiva, che a suo dire era stata erroneamente considerata infraquinquennale.

La Decisione della Corte: il Ricorso Patteggiamento Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su tre argomentazioni principali, che delineano chiaramente i confini dell’impugnazione nelle sentenze di patteggiamento.

I Limiti Tassativi dell’Art. 448, comma 2-bis c.p.p.

Il primo e fondamentale punto è di natura procedurale. L’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale elenca tassativamente i motivi per cui è possibile presentare ricorso contro una sentenza di patteggiamento. La Corte ha ribadito che l’erronea applicazione della recidiva non rientra tra questi motivi. La norma consente di contestare la corretta qualificazione giuridica del ‘fatto’ principale, ma la recidiva è una condizione personale dell’imputato e non un elemento costitutivo del reato. Pertanto, un errore sulla sua qualificazione non può essere dedotto con questo tipo di ricorso.

L’Irrilevanza della Questione sulla Recidiva

In secondo luogo, la Suprema Corte ha sottolineato come la questione sollevata fosse, nel caso di specie, del tutto irrilevante. Il giudice di merito aveva già stabilito la prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva. Questo giudizio di bilanciamento neutralizza di fatto gli effetti della recidiva sulla pena finale. Di conseguenza, anche se la qualificazione della recidiva fosse stata errata, ciò non avrebbe avuto alcun impatto concreto sulla pena applicata, rendendo la doglianza priva di interesse pratico.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione rigorosa della legge e sulla logica del rito del patteggiamento. L’istituto del patteggiamento è basato su un accordo tra le parti che implica una parziale rinuncia al diritto di impugnazione, in cambio di una riduzione della pena. Ammettere ricorsi su aspetti marginali come la qualificazione di una circostanza, soprattutto quando questa è stata ‘sterilizzata’ dal giudizio di prevalenza delle attenuanti, snaturerebbe la finalità deflattiva del rito.

La Corte ha inoltre specificato che la pena finale inflitta non presentava alcun profilo di ‘illegalità’. Una pena è illegale quando non rispetta i minimi o i massimi edittali previsti dalla legge o quando è il risultato di un errore di calcolo manifesto. Nessuna di queste condizioni era presente nel caso in esame, chiudendo così ogni possibile spiraglio per un intervento correttivo.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione consolida un principio fondamentale: il ricorso patteggiamento è uno strumento con confini ben precisi. Non può essere utilizzato per contestare ogni aspetto della sentenza, ma solo per i vizi espressamente previsti dalla legge. La qualificazione della recidiva, non attenendo alla definizione giuridica del fatto-reato, è esclusa da tale perimetro. La decisione evidenzia l’importanza, per la difesa, di valutare attentamente tutti gli elementi dell’accordo prima di accedere al patteggiamento, poiché le successive vie di impugnazione sono significativamente limitate. Infine, si conferma che il giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti può rendere irrilevanti questioni che, altrimenti, potrebbero essere oggetto di discussione.

È possibile impugnare una sentenza di patteggiamento per un errore nella qualificazione della recidiva?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’erronea applicazione della recidiva non è un motivo valido di ricorso ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, c.p.p., in quanto non riguarda la qualificazione giuridica del fatto di reato.

Cosa succede se le circostanze attenuanti vengono dichiarate prevalenti sulla recidiva?
Se le attenuanti sono giudicate prevalenti, l’effetto aggravante della recidiva sulla pena viene neutralizzato. Di conseguenza, qualsiasi eventuale errore nella qualificazione della recidiva diventa irrilevante ai fini della determinazione della pena finale.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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