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Ricorso patteggiamento: quando è inammissibile?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso patteggiamento presentato da due imputati, condannati per tentato furto aggravato, poiché i motivi addotti non rientravano tra quelli tassativamente previsti dalla legge. L’ordinanza sottolinea i rigidi limiti all’impugnazione delle sentenze emesse con questo rito speciale. Un terzo imputato, che aveva rinunciato al ricorso, ha ricevuto una sanzione pecuniaria ridotta.

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Pubblicato il 14 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Patteggiamento: La Cassazione Traccia i Confini dell’Inammissibilità

Il ricorso patteggiamento rappresenta uno strumento processuale fondamentale, ma le sue vie di impugnazione sono strette e ben definite. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito i limiti invalicabili per chi intende contestare una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, offrendo un chiaro monito sulla necessità di fondare il ricorso su motivi tassativamente previsti dalla legge.

Il caso in esame riguarda tre individui condannati per tentato furto pluriaggravato di un’autovettura, i quali avevano concordato la pena tramite patteggiamento. Nonostante l’accordo, hanno presentato ricorso alla Suprema Corte, che si è trovata a dover valutare l’ammissibilità delle loro doglianze.

I Fatti del Caso e la Sentenza Impugnata

Tre persone sono state condannate con una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale per il reato di concorso in tentato furto pluriaggravato. A uno degli imputati è stata applicata la pena di un anno di reclusione e 200 euro di multa, mentre agli altri due coimputati è stata applicata una pena di otto mesi di reclusione e 120 euro di multa.

Successivamente, i tre hanno proposto ricorso per cassazione per mezzo del loro difensore, sollevando un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione sui presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., che prevede il proscioglimento per cause di non punibilità evidenti. In pendenza del giudizio, uno dei tre ricorrenti ha formalmente rinunciato al proprio ricorso.

I Limiti al Ricorso Patteggiamento secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato tutti i ricorsi inammissibili, sebbene con conseguenze diverse per i ricorrenti. La decisione si fonda sull’applicazione rigorosa dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma, introdotta nel 2017, ha limitato drasticamente i motivi per cui è possibile impugnare una sentenza di patteggiamento.

I giudici hanno chiarito che il ricorso è consentito esclusivamente per motivi attinenti a:
1. La corretta espressione della volontà dell’imputato.
2. Il difetto di correlazione tra la richiesta delle parti e la sentenza del giudice.
3. L’erronea qualificazione giuridica del fatto.
4. L’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Le Motivazioni

La Corte ha osservato che il motivo sollevato dai ricorrenti – la mancata motivazione sulla possibile applicazione dell’art. 129 c.p.p. – non rientra in nessuna delle categorie consentite. Di conseguenza, il ricorso patteggiamento è stato giudicato inammissibile per vizio genetico, in quanto basato su una doglianza non prevista dalla legge.

Per quanto riguarda l’imputato che aveva rinunciato all’impugnazione, la Corte ha dichiarato il suo ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 590 c.p.p., condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria di 500 euro. Per gli altri due, che hanno insistito nel ricorso, la condanna è stata più severa: oltre alle spese processuali, sono stati obbligati a versare una somma di 4.000 euro ciascuno alla Cassa delle ammende.

La Corte ha inoltre specificato che la decisione è stata presa “de plano”, cioè senza udienza pubblica, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, c.p.p. per la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi avverso le sentenze di patteggiamento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma l’orientamento consolidato della giurisprudenza nel considerare il patteggiamento un accordo processuale che limita fortemente le successive possibilità di contestazione. L’impugnazione non può diventare un pretesto per rimettere in discussione il merito della vicenda o per sollevare questioni procedurali non contemplate dalla normativa specifica. Gli operatori del diritto devono quindi prestare la massima attenzione nella formulazione dei motivi di ricorso, pena una dichiarazione di inammissibilità e la condanna a sanzioni pecuniarie significative. La differenza di trattamento tra chi rinuncia e chi insiste in un ricorso infondato evidenzia, inoltre, un principio di economia processuale e di responsabilità della parte che sceglie di proseguire un’azione giudiziaria priva dei presupposti di legge.

È sempre possibile fare appello contro una sentenza di patteggiamento?
No, non è sempre possibile. L’impugnazione è consentita solo per i motivi specificamente ed esclusivamente elencati dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.

Quali sono i motivi validi per un ricorso patteggiamento?
I motivi validi riguardano esclusivamente l’espressione della volontà dell’imputato, il difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, oppure l’illegalità della pena o della misura di sicurezza applicata.

Cosa accade se si rinuncia al ricorso prima della decisione della Corte?
Se la rinuncia viene presentata correttamente, il ricorso è dichiarato inammissibile. Il ricorrente è comunque condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, ma quest’ultima, come nel caso di specie, può essere di importo notevolmente inferiore rispetto a quella comminata a chi prosegue con un ricorso giudicato inammissibile nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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